[Fullmetal Alchemist] The sweetest thing

Titolo: The sweetest thing
Fandom: Fullmetal Alchemist
Personaggi: Roy Mustang, Riza Hawkeye
Parte: 1/1
Rating: G
Conteggio Parole: 2698 (LibreOffice)
Note: a rileggerla dieci anni dopo, questa fanfic non ha un senso o un perché.

The sweetest thing

Non voleva assolutamente dire che odiava il suo lavoro.
Perché non odiava il suo lavoro. Altrimenti, quale altro motivo avrebbe avuto per proteggere un uomo svogliato, irritante, leale e sfrontato come quello?
Beh, un altro motivo c’era, ma Riza finse di non voler indagare, non in quel frangente, almeno: al momento, la sua priorità sarebbe stata recuperare tutta la Combriccola Mustang – eccezione fatta per il Colonnello stesso – e spedirla pezzo per pezzo col fondoschiena sulle sedie, a pistolate.
Sospirò, ancora incapace di dire altro, a parte il buongiorno, signore di poco prima. L’unico, timido rumore era quello stranamente solerte della penna del Colonnello che scivolava sui fogli. Per il resto, tutto era dannatamente silenzioso. Non che Riza avesse avuto intenzione di disertare, quella mattina, ma diamine. Quanti anni erano che continuava a ripetere che quelli erano degli sciagurati, lavativi, scommettitori e con una ben povera cognizione di bon ton, ma scattanti, obbedienti, affezionati gli uni agli altri e ligi al dovere? Il Colonnello poteva ricordarsele tutte, e se c’era una cosa che lei non sopportava era doversi rimangiare le parole. Accidentaccio, a meno che non si fossero tutti nascosti nell’armadietto, lei era l’unica che si fosse presa la briga di alzarsi.
Beh, almeno il Colonnello sembrava deciso a mettersi in pari con le scartoffie arretrate, sebbene ci fosse poco di cui sorprendersi: un’altra pila di documenti da stipare nell’archivio e lei non avrebbe più risposto delle proprie azioni. L’avrebbe portato in ufficio con una pistola puntata dietro la nuca, anche nella remota ipotesi di doverlo andare a prendere a Drachma a piedi.
Questo il Colonnello Mustang lo sapeva benissimo, per quanto Hawkeye fosse sempre polare e cortese nel richiamarlo ai suoi doveri. Quella donna era una donna armata, cosa da non dimenticarsi.
Nah, stupidaggini, era la donna capace di fargli pesare una negligenza senza dover ricorrere all’uso delle armi. Non l’aveva certo scelta per niente… insomma, guardare le spalle a uno come se stesso non era esattamente una passeggiata, e lo riconosceva per primo. Hawkeye doveva spesso fare i conti con il bambino decenne dentro di lui, quello testardo e incosciente che metteva tutti nei guai.
Roy continuava ancora a chiedersi per quale motivo non l’avesse ancora preso a pedate.
«Cosa è successo, signore? Le divise dei suoi sogni sono arrivate in dotazione per i soldati sbagliati e adesso i nostri si vergognano di sottoporsi a tale umiliazione?»
Roy ridacchiò forte da dietro la pesante colonna di carta. Come diavolo faceva a parlare così e a rimanere seria?
«Temo di doverla deludere, Tenente. Le assicuro che nemmeno io in minigonna sarei un bello spettacolo.»
«Non posso che concordare.» sorrise lei, stavolta con calore.
Roy sbadigliò, minacciando di cadere addormentato sulla mostruosa mole di documenti.
«Si sieda… si sie—YAWN. NO. NON SI SIEDA.»
«Prego?»
«Caffé. La preeeego, non voglio morire in preda a un attacco di narcolessia.»
«Ma cosa ha studiato prima di entrare in Accademia? Arte Drammatica?» si lasciò sfuggire, avviandosi verso la porta.
«Huh-huh, divertente…»
«Ohh, per favore, non si addormenti, su… Tenga duro, arrivo subito.»
«E mi dica anche che ha qualche cenz da prestarmi, perché ho lasciato il portafogli…»
«Sappia però che con questo siamo a settantacinque cenz…»
«Avanti, non sia così fiscale…» la supplicò lui.
Baby Roy: Il Ritorno.
«Fa parte del mio lavoro anche quello.» rispose lei, implacabile
Roy alzò un sopracciglio.
«Ah, davvero?»
«Suppongo di sì. Veda, credo che qualcuno ordinato e preciso ci debba essere, qui. Altrimenti, potrei già vedere cinque uomini che navigano alla deriva in un mare di documenti non firmati. E poi, qualcuno ordinato dovrebbe depistare chi gradirebbe tanto sorprenderla a pulire le finestre con il fiato.»
«Mai pensato di fare l’avvocato?» le domandò lui, con aria genuinamente sorpresa. Riza spostò una ciocca di capelli ribelli dietro l’orecchio.
«Onestamente no. Proteggere le persone a parole non è mai stato il mio forte, l’avrà capito anche lei.»
«Forse.» meditò Roy, il mento appoggiato su una mano e i documenti dimenticati nell’angolo ovest del suo cervello.
«Forse.» ripeté Riza, a bassa voce, smorzando l’allegria di poco prima «Proteggere un iperattivo come lei con una pistola è di gran lunga più facile, per me.» continuò, tentando poi di recuperarlo.
«Probabilmente ha ragione. Eppure, con me le parole funzionano.» mormorò lui, spingendosi contro lo schienale. Riza non disse niente.
«Sarà perché mi basta guardarla negli occhi per dirle qualcosa.»
Riza arrossì.
Questa era una frase da cioccolatini trita e ritrita e ritrita. Ciò non toglieva che fosse abbastanza per avvolgerle la testa in una pellicola di imbarazzo e di… di…
A volte quell’uomo sapeva come fare la cosa sbagliata non al momento, ma alla persona sbagliata.
Senza nemmeno mentire, fra l’altro.
Sarebbe stato sciocco non riconoscerlo, peraltro. Non parlavano granché, sebbene Riza lo sentisse riversarsi nel suo cervello ogni minuto, in quell’ufficio. Era tutta una questione di espressioni. Lui non era una persona granché trattabile. Che fosse irascibile, non aveva dubbi. O strafottente come pochi. E l’aveva già detto, testardo? Intavolare una conversazione con Roy al lavoro significava, il più delle volte, offrirsi volontari come cherosene. O magari, di tanto in tanto, si poteva vedere qualche temerario che lo faceva mangiare a lui, il cherosene.
Giusto per dire, Edward. Forse quello non era un… pasto completo, ma l’impegno c’era.
Non serviva parlare con il Colonnello. Lui non parlava. Sfuggiva ai tuoi occhi o sosteneva il tuo sguardo, sorrideva appena o arricciava le labbra come un bulletto, ma non diceva mai mi sento in colpa, o grazie, o Io Sono Il Flame Alchemist E Alla Larga Prima Che Ti Carbonizzi Il Culo Tenente Mi Fermi Prima Che Lo Faccia Sul Serio.
Fra le tante cose che diceva durante il giorno, non ce n’era una che Riza potesse vedere riflessa nel suo viso.
Le era capitato una volta sola, di poterlo constatare.

Seguimi.

Le aveva detto.
E quella volta aveva deciso di impararlo a memoria, quell’uomo.
«Per esempio…» bisbigliò Roy, avvicinandosi con il viso, mentre lei cercava disperatamente di far svanire il rossore
«Lei ha mal di testa.»
La giovane donna giurò di sentire la propria mascella piombare sul pavimento.
«L’avevo… stamattina… presto. Sì, stamattina presto.»
«Mh.»
«F-fantastico! Davvero lei…»
«No.»
«Cosa?» sibilò lei
«Le aspirine. La scatola esce dalla tasca.»
«A… ah?» fece lei, guardandosi di lato.
«Ah-ah.»
«Ah.» Riza boccheggiò per un attimo, ma la risata di Roy coprì una sua mezza risposta.
«Scusi, era un colpo basso, questo.»
Sottoterra.
«E così vuole perdere la mia stima, eh?» rispose lei fingendosi – ma fino a quanto? – indignata
«Per carità!» esclamò Roy «Lei sarebbe il miglior nemico che potrebbe capitarmi.» continuò, improvvisamente serio, quasi dolce.
«Mpff…» rise lei. Quei complimenti innovativi erano una peculiarità della loro relazione, qualunque relazione fosse al momento. Prese di nuovo a giocherellare con i capelli, lisciando una ciocca fra le dita sottili. Nessuno parlava, né Riza aveva intenzione di guardare il Colonnello negli occhi, preferiva starsene a fissare la spillatrice sulla scrivania – vuota – del Tenente Havoc.
Roy guardava lei.
Perché per la prima volta in tutti quegli anni Riza aveva una faccia da scolaretta. Non sapeva come spiegarselo.
«È bello sentirla ridere senza correre il rischio di beccarsi una pallottola in mezzo agli occhi, sa?»
«Non sapevo di essere una donna così violenta!» rispose lei, fissandolo con un po’ di meraviglia.
«Beh… violenta no, ma magari il fatto che maneggia una pistola con la facilità di un frullino spinge la gente ad andarci piano…»
«Mettendo da parte che tutto il fatto delle pallottole serve a salvare il suo prezioso fondoschiena, lei è una sorta di… lanciafiamme umano! Intendo dire… volendo, potrebbe schioccare le dita e far diventare la pistola una sorta di marmellata e… lei ci va piano perché pensa che al minimo accenno di scherzo potrei sforacchiarla?!»
«Ma no, è il concetto della pistola che trasmette questa cosa autoritaria, sa com’è…» le scoccò uno sguardo buffo
«Mi faccia capire, io la seguo ovunque per accertarmi che non si vada a cacciare nei guai e lei ha… paura di me?»
«Potrei mai?»
«Spero per lei di no… mi dispiacerebbe, ecco. Non voglio che sia… così.»
«Siamo chiari. Non ho paura di lei, diciamo che mi ispira un sacro timore: ogni tanto mi sveglio la mattina e penso oddio, i documenti! Se non li finisco in blocco entro le dieci e mezzo il Tenente mi farà passare un brutto quarto d’ora!. Capito, adesso?»
Riza sbatté le palpebre.
«T… tutto cristallino, signore.»
Seguì un momento di silenzio prima che la voce di Riza esplodesse limpida e divertita
«Oddio, dev’essere dura!» non poté trattenersi dall’esclamare «Essere tormentati dalla minacciosa ombra del Tenente che avanza verso di lei formato zombie con una tonnellata di fogli in mano, ululando compiiiiiiiili, Colonnello, compiiiiiiiiiili!»
A bocca aperta per un istante, Roy la osservò tuffarsi su una sedia e ridere di gusto immaginandosi la scena.
Poi, gli sembro di vederla, la versione zombie del Tenente, qualcosa tipo un tronco verde con una parrucca.
«Oh mio…» e non riuscì a terminare la frase, intrecciando la propria incontenibile allegria con quella di lei.
«Ebbene sì,» tentò di rispondere, ancora scosso da una risata convulsa «la sua versione horror mi perseguita giorno e notte… wwwwhhaaaaaaaargh, firmi i documeeeeeenti prima di mezzanoooooootte o verro a preeeeeeeeeeeenderlaaaaaaaaaaaaahh, wahhhh!…»
Riza cominciò a dare i primi segnali di soffocamento, e Roy decise di desistere prima di perdere il suo soldato migliore. Erano anni, anni che non sentiva Riza ridere così.
«Ahhh…» sospirò lei, per riprendersi, appoggiando un gomito sulla scrivania per sorreggere la testa, i capelli scompigliati «Sono davvero spiacente di occupare i suoi pensieri così a lungo, signore!»
Bugia, pensò nel frattempo.
«Nessun problema, Tenente» sorrise Roy «Ho imparato a tenerli a bada.»
Riza si pietrificò all’istante nell’atto di guardarlo negli occhi, presa alla sprovvista dall’improvviso cambio di tono, intriso di una complice, malinconica dolcezza.
«Il caffè.» disse, alzandosi di scatto, diretta verso la porta «Arrivo subito.» aggiunse pacatamente.
«Hawkeye?» chiamò Roy, rivolto alla schiena fasciata di blu che già era proiettata fuori dalla porta. Non poteva vedere che si tormentava le mani.
«Ed è dura anche tenerli a bada?» la sentì domandare, imperturbabile.
Roy ebbe la netta sensazione di aver fatto il passo più lungo della gamba.
E farlo davanti a Riza Hawkeye significava essersi immersi in un pantano con tutto il resto del corpo.
«Ecco…»
«Immagino possa non essere piacevole… Il Grande Roy Mustang braccato da…»
«… amene visioni…» bofonchiò lui, gli occhi sulle sue scapole
«… del suo Tenente demonizzato che gli tende fogli su fogli, nei momenti più inopportuni, fino a minare la sua fama di grande amatore!»
Roy restò zitto.
Riza tacque nel realizzare che la lingua se n’era quasi andata per fatti suoi. La presenza di Roy era ancora tangibile e perforante, su quella sedia verso cui, adesso, non osava voltarsi.
Si morse il labbro.
Il fermaglio stava rovinosamente rotolando lungo i capelli, ormai dovevano essere un disastro.
«Riza.»
Lei sganciò la clip, facendoli scivolare dietro le spalle in una sinuosa, lucente onda d’oro.
Raccolse il coraggio e si voltò.
«Erano quasi… quindici anni… che lei non mi chiamava… che tu non mi chiamavi per nome.» notò, con tutta calma, nonostante stringesse il fermaglio con crescente agitazione, pungendosi le dita, battendole contro la plastica.
Roy le fece un sorriso.
«Ho sempre avuto degli ottimi motivi per chiamarti per no— ferma, al diavolo la caffeina.»
E lei, effettivamente, si fermò, chiedendosi per quale motivo il Creatore le avesse dato una bocca. Non per distruggere in maniera così disastrosa anni e anni di copertura, sperava.
Trattenne il fiato quando sentì la sedia cigolare, e non fu capace di muoversi nemmeno quando sentì Roy alle spalle, o il suo pollice che delicatamente, le accarezzava l’interno del polso e sprizzava scintille dentro di lei. Con l’altra mano, prese con attenzione una sottile ciocca di capelli.
«Wow.»
«C-cosa?»
«Sono cresciuti sul serio, accidenti.»
«Eh sì…» mormorò lei. Era incredibile il modo in cui quell’uomo riusciva a demolire il pathos.
«Wow, ripeto.»
«Li odio. Sono troppo sottili.» sbottò lei, senza nemmeno pensarci su «La mattina è una tragedia, trovi un prato nella spazzola, e il mio parrucchiere mica aiuta quando gli chiedo di fare qualcosa, mi risponde che lui non ha alcuna intenzione di lavorarci troppo, perché rischio la calvizie, altrimenti…»
«Riza…?» fece Roy, ancora frastornato da tanto impeto femminile
«E… eh?» fece lei
«Non azzardarti a toccarli, mi piacciono, invece! Di’ a quel genio del tuo parrucchiere che è già un uomo flambè!» ridacchiò, avvolgendo le spalle di lei e affondando nei suoi capelli.
Per la prima volta, Riza seppe cosa significava respirare il suo odore a pieni polmoni, l’amido della sua camicia scricchiolante e la sua acqua di colonia, e l’odore acre del tessuto infiammabile dei suoi guanti.
Ne sentì il tipico fruscio non appena Roy cominciò a sfregare insieme il pollice e l’indice della mano che la avviluppava. Lei fece una risatina nel vedere le scintille che crepitavano nell’aria.
«Ancora con quest’abitudine? Era da un po’ che non te lo vedevo fare…»
«Fare – cosa?» brontolò Roy.
«Le scintille con le dita. Lo fai sempre, quando sei agitato, Flame Alchemist.»
«Uhm…» bofonchiò lui. Quello non era un rimprovero, ma Roy si sentiva in imbarazzo ugualmente, quando qualcuno gli faceva notare le sue piccole manie. Non pensava che Riza lo osservasse con tale scrupolo, visto che cercava sempre di non farsi scoprire, quando strofinava le dita come un piromane psicopatico. Adesso si spiegavano molte cose: come, per esempio, Riza fosse la prima a scongiurare ogni rischio di incendio della sua scrivania.
«Tu quando sei nervosa metti la mano sulla fondina della pistola. E giochi coi capelli, soprattutto con quel fermaglio, quando cominci non la smetti più. Ma il bello è quando ti arrabbi con me, mi tocca ammetterlo. Quando mi guardi con quegli occhi a fessura e mi dici attento, Colonnello, fra poco dovrai guardarti le spalle da me. E lo dici senza una parola. È incredibile. Non so come tu faccia. Sono serio. Mi parli e non mi parli, ogni volta che fai qualcosa.»
Il pensiero che nel bluff dell’aspirina ci fosse molto di vero contribuì – se possibile – ad aumentare la contentezza di quella Riza così gaia e rilassata nell’abbraccio di Roy.
«Dicono che un uomo senta l’adrenalina nelle vene quando impugna una pistola. Io non voglio assolutamente sapere cosa vorresti dirmi mentre me la guardi pulire.».
Roy si vide preclusa ogni fantasticheria romantica. Lanciò uno sguardo disilluso a Riza.
«Ecco perché non mi è mai passato per la testa di trattarti come le altre donne.»
«Uh?» mormorò lei, alzando di poco la testa
«Tu non sei diversa dalle altre donne, sei completamente un altro mondo!»
Riza si limitò a una lunga occhiata esaminatrice sul suo viso, e notò il labbro contratto come un boccolo, giusto all’angolo. Era la stessa espressione che Edward riusciva a provocare così bene con una delle sue uscite migliori.
«Roy?» si decise ad azzardare
«Mh?»
«Sai che quando fai lo scettico…»
Oh, no, non di nuovo!
Roy la assecondò comunque, incoraggiandola a proseguire.
Oh, sì.
Ne avrebbero avuto per molto, immaginò, mentre Riza prendeva posto su una sedia.

*

«Ehi, ragazzi!» sibilò il Tenente Havoc, sbirciando attraverso la porta socchiusa. Dietro di lui, il resto della squadra attendeva con sguardo trepido.
«Dite che dovremmo ricordare a quei due che oggi avevamo tutta la mattinata libera?»
«No, dai,» mormorò il Sergente Fuery «sembrano così tranquilli…»
Havoc masticò nervosamente la sigaretta che gli ciondolava dalle labbra, poi sbuffò. Inutile, quell’uomo non aveva proprio idea di cosa volesse dire aggiungi un po’ di sale e pepe alla tua routine militaresca.
Breda si fece avanti con aria losca «Non ha torto, Havoc. Pensa, da quel che possiamo sentire, avremo di che ricattare il Colonnello per almeno quindici millenni! Niente più pavimenti da lavare, niente più incendi da spegner—» ma uno scappellotto di Falman pose fine ai suoi sogni di gloria. Breda si massaggiò la testa su cui spuntavano radi ciuffi rossicci. Non c’era bisogno di colpire così, tutti sapevano che la fiducia che Roy Mustang riponeva in loro era più che reciproca!
«Questo non ci impedisce di farli saltare un po’!» sogghignò il Tenente, guadagnandosi uno sguardo allarmato da parte di tutti.
«E uno, e due, e…»

~

A/N 3 agosto 2006, ore 1:09. Poche storie, frutto di un’overdose di Ame No Hi Wa No Thank You e di altre canzoni (fra cui – sacrilegio! – The Sweetest Thing non c’è!) – di cui una assolutamente indignitosa X3 – nonché di un’ispirazione notturna e semi-ininterrotta in due giorni. Beh, è una briosa RoyAi quasi tutta dialogo *-*, io… io… io AMO <3! Cercate di capirmi, io l'angst con questi due amori non riesco a scriverlo. Non ancora, intendo. Beh, concludo dicendo che mi piace, un sacco. Non so fino a che punto siano IC, spero abbastanza. E la dedico a lisachan. Sì, anche se è fuori fandom, seh è_é. Ma so che l'ama ù___ù" E un bacio ad Harriet e Michiru! ^*^ Juuhachi Go.

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