Walls & Trampolines

Capitolo II
Back to you?

Decise che no, non era neanche il caso di accertarsi che Lantis fosse davvero Lantis, che quel sorriso gentile e luminoso fosse disegnato sul suo viso malinconico, o che quelle fossero le sue braccia e le pieghe del suo mantello o—
«Hikaru.».
Non gli rispose. Non perché non volesse, ma perché stava disperatamente tentando di respirare il suo profumo, di assaporare il solido calore del suo abbraccio, di godersi fino all’ultimo istante lo slancio con cui l’aveva afferrata, il medaglione che premeva forte sul petto di entrambi.
«Lantis… Lantis… io…».
«Shh.» mormorò lui, facendo scorrere una mano lungo la sua treccia scarlatta in un tocco timido. Hikaru rise una risata tremolante, simile a un singhiozzo, mentre asciugava le ultime lacrime strofinandole sulla spalla di lui.
Non avrebbe potuto darle risposta più pregnante per provarle che era davvero lui.
«Sei stata tu?» domandò lui, quando Hikaru si fu alzata per riprendersi da quella formidabile sorpresa. Un dito di Lantis puntò il ciondolo attorno al suo collo sottile con sincera perplessità.
Hikaru abbassò gli occhi su di esso.
«Suppongo di sì.» riuscì a dire, ancora troppo incredula per ricostruire con precisione la dinamica di quell’elettrizzante bizzarria.
«Bene, questo è un problema.» considerò lui, inarcando un sopracciglio.
«Davvero?» balbettò Hikaru, sentendosi improvvisamente stupida e fuori luogo.
«No, non guadarmi così, ti prego – è Clef il problema e… sì, in poche parole credo sia meglio che tu mi nasconda.».
Hikaru strabuzzò gli occhi: e dire che credeva che, già di suo, tutta quella faccenda avesse dell’incredibile.
«Nasconderti io? Da Clef? Temo che la sua magia sia troppo potente in confronto ai metodi terrestri, e poi… potresti spiegarti meglio?».
«Basterà il medaglione che ti ho regalato: se sei riuscita ad aprirci un portale non dovrei avere difficoltà a schermarmici da Clef: l’abolizione del Pilastro ha rafforzato la volontà di tutti, a Cephiro, e ha accresciuto anche il raggio d’azione dei nostri poteri.».
Frastornata, la ragazzina si affrettò ad obbedire, allacciandogli il pendente attorno al collo, incapace di trattenere la felice tenerezza che sprizzava da ogni suo gesto. Fatto ciò, Hikaru si tuffò sul futon e invitò Lantis a sedersi al suo fianco. Quando lui le fu accanto, mormorò uno ‘splendido’ a mezza voce.
«Cosa?».
«No, nulla, riflettevo: il medaglione è sempre stato un semplice amuleto, ma tu l’hai caricato di un concentrato di sentimenti tale che adesso è capace di creare una barriera di una potenza inestimabile! Clef non potrebbe trovarmi neanche se venisse a sbattermi contro.».
Lei arrossì al cospetto dell’incredulità con cui Lantis l’aveva fissata, e trasalì quando la mano di lui le accarezzò il collo ed i capelli. Era grande e avvolgente, carica di una dolcezza e di un’attenzione che non facevano pensare affatto a un maestro di spada.
«Mi spiace. Deve essere stata dura, per tutto questo tempo.».
La ragazza scosse la testa con energia… o meglio, provò a dare mostra di una certa disinvoltura, senza successo.
«Temevo solo che fosse troppo facile dimenticare una ragazza che ti fa una confessione e poi, beh… torna a… all’altro mondo, e… quando ho capito che volevo vederti, e che non riuscivo più a sorriderne, io…».
Lantis rise come Hikaru non l’aveva mai sentito ridere: una risata calda, complice, piena di morbida allegria.
«Non preoccuparti.» bisbigliò, attirandola contro la sua spalla. Poco ci mancò che Hikaru si mettesse a fare le fusa. Era stupendo come Lantis riuscisse a dire tutto il necessario senza aver bisogno di troppe parole. Si accoccolò per bene contro il sostegno che le era stato offerto e fissò con aria assorta il portale che non ancora aveva il coraggio di sondare a dovere. Era certa che Lantis avesse una spiegazione.
«Forse è meglio chiamare Umi-chan e Fuu-chan.».

***

Clef si mordicchiò il labbro in una chiara manifestazione di nervosismo, ancora spiazzato dal modo in cui Lantis era praticamente riuscito a gabbarlo. Con la nuova organizzazione di Cephiro, i suoi poteri potevano valicare i confini dimensionali e localizzare Lantis senza troppa difficoltà, o almeno così sarebbe stato se qualcosa non gli avesse bloccato la visuale. Percepiva, infatti, l’influenza di una barriera molto resistente: Lantis doveva essersene procurata una a prova di intruso.
Malgrado questo, il suo recupero non aveva la priorità. Piuttosto, al mago premeva sapere come quel portale si fosse aperto, e chi, soprattutto, avesse avuto una forza di volontà tale da aprirne uno che avesse addirittura una forma.
Era flebile, ma Clef avvertiva lo scudo di Lantis. Le vibrazioni che emanava erano più o meno uguali a quelle che avevano aperto quello squarcio dimensionale.
Proprio come pensava.
Fra tutte le persone che avevano raggiunto Cephiro, solo tre erano state capaci di giungervi di propria iniziativa.
E una di quelle, dalla quale Lantis si era indubbiamente precipitato, era stato l’ultimo Pilastro. A quanto pareva, era ancora l’unica autorità in grado di azioni di una portata simile.
Accidenti!

***

Sentirsi dire a telefono ‘Lantis deve dirci una cosa importante’ non sembrò sortire un buon effetto sulla calma di Umi. Anzi, a dire il vero, anche Fuu sembrò perdere la propria. Mentre si muovevano nell’intrico di treni e metropolitane che le avrebbero portate a casa Shidou, non potevano fare a meno di figurarsi gli scenari più tragici: forse Hikaru era impazzita, forse aveva avuto una visione, forse aveva battuto la testa! In ogni caso, era sicuramente in pericolo. Su questo punto Umi non voleva sentire discussioni!
Inutile precisare che, una volta a destinazione, si mossero come un terremoto per andare a soccorrere l’amica dai suoi stessi deliri.
Contravvenendo a un buon numero di regole di buona educazione, si fiondarono dentro casa e…
Inutile descrivere il loro stato di shock quando i fatti diedero ragione alla padrona di casa.
Quella si che era una visuale che superava le loro congetture più fantascientifiche.
«La-LANTIS!» boccheggiò Umi, nel vederlo seduto al tavolo, e pensò bene di fare un formidabile balzo all’indietro per sottolineare l’assurdità della cosa. Fuu si limitò a richiamare le proprie mascelle alla mobilità, per poi salutare il vecchio amico con un profondo, entusiastico inchino.
Nessuno nascose la contentezza per il suo arrivo, ma la confusione e lo scompiglio che seguirono la scoperta si dimostrarono altrettanto incontenibili e, in mezzo a tutto quell’esagitato parapiglia di perché e percome, Hikaru trovò appena il tempo di annunciare che sarebbe andata a mettere su l’acqua per il the. Decisa a non perdersi una sola parola di quel che Lantis avrebbe spiegato loro, si scottò un paio di dita per la fretta, e volò al tavolo col rischio di travolgere una sedia.
«Sembra proprio che questa non sia ordinaria amministrazione, mh?» considerò Umi. Hikaru annuì concitatamente, mentre Lantis optò per un pacato cenno del capo. Tutti i presenti si scambiarono occhiate silenziose, finché la padrona di casa non le guidò verso la propria stanza.
Fu lì che le due ragazze realizzarono che - con ogni probabilità – non ci sarebbe stato più nulla capace di conquistarsi la palma d’oro per la stranezza della giornata.
«È un portale.» le informò Lantis, anticipando di poco l’inarrestabile flusso di domande che l’avrebbe travolto se avesse agito altrimenti.
«Sì,» si affrettò a fargli eco Hikaru «e pare proprio che Clef ne abbia combinata una grossa.».
Si pentì quasi all’istante di essersi lasciata sfuggire quelle ultime parole; il tempo di adocchiare l’espressione di Umi e rendersi conto che, qualunque fosse stata la delucidazione fornita da Lantis, non avrebbe potuto trattenerla più di tanto.
A dire il vero, rimase paralizzata nel momento in cui – e fortuna che l’aveva previsto! – la vide lanciarsi in direzione di quello squarcio dimensionale strombazzando che ‘adesso quel tappo di un mago mi sentirà!’.
«Umi-san!» esclamò Fuu con evidente disappunto, prendendo a rincorrerla nel tentativo di riportarla verso i lidi della ragione. Il suo sforzo fu infruttuoso alquanto, visto che, quando la raggiunse, Umi era già immersa fino alla vita, lei, invece, fino al collo.
Lantis e Hikaru rimasero a fare da sbigottiti spettatori.
Impiegarono qualche secondo a metabolizzare il tutto.
«Dobbiamo andare a ripescarle, se vogliamo risolvere la tua questione!» fu la prima cosa che attraversò la mente di Hikaru.
Lantis ricambiò il suo sguardo e, dall’alto della sua impenetrabilità, non poté impedire a un’ingente dose di perplessità di trasparire dai suoi occhi.
Seguì una smorfia moderatamente seccata.
«Vorrà dire che toccherà a Clef l’incombenza di spiegarle tutto,» sospirò «io non ho alcuna intenzione di mettere bocca in merito, mi ha già dato troppe cose di cui occuparmi.» e incrociò le braccia con aria torva.
La ragazzina lo scrutò con i grandi occhi da cerbiatta.
«Non sembri andare molto d’accordo con lui, ultimamente…».
«Non ce n’è mai stata molta necessità, da quando me ne sono andato a cercare una soluzione per evitare una brutta fine a mio fratello, francamente.» rettificò lui, con una punta di amareggiato sarcasmo.
La sola menzione di Zagato bastò a rendere l’aria spessa come un mattone. Hikaru si morse il labbro e si accarezzò i capelli della nuca con contrita agitazione.
Lantis le lanciò un’occhiata talmente rattristata che il blu del suo sguardo sembrò scurirsi.
«Hikaru, scusami.» le sussurrò, asciutto, con sincera dolcezza. Lei lo ricambiò con un sorriso un po’ malinconico, ma sicuramente genuino.
«Scusami tu.» mormorò «Non ho mai tatto con le ferite altrui.».
Lantis sentì un’ondata di tenerezza guidargli le braccia attorno alle sue spalle minuscole, e Hikaru, così schiacciata contro di lui, pensò che Umi e Fuu avessero il diritto di assaporare la stessa vaporosa gioia che l’aveva avviluppata.

***

«CLEF!».
In quel preciso istante, ne ebbe la conferma.
Non aver pensato a una possibile mossa da parte di Umi era stato un monumentale omaggio alla propria stupidità. Era troppo tardi anche per piangersi addosso, dato che lei gli era non solo di fronte, ma anche – legittimamente, gli sussurrò una malevola porzione di coscienza interiore – furiosa oltre l’umanamente sostenibile.
«Umi?» tossicchiò lui. Era una cosa fondamentalmente idiota da dire a una persona che sembrava avere tutta l’intenzione di volerlo mangiare al sangue.
«Oh, sì!» esplose lei «Dopo che non ti sei degnato di aprire quello stramaledetto portale nemmeno per uno straccio di scampagnata! Ed è qui per avere minimo il tuo scalpo, massimo per ridurti a cibo per topi, tu, razza di mago dei miei stivali!».
Che non avrebbe mai pensato di rivederla era assodato. Che l’avrebbe rivista con le narici dilatate e il viso paonazzo di rabbia lo era molto meno.
Liberò un sospiro dispiaciuto.
«Mi dispiace.» proferì, desolato.
Scese dal seggio e si avvicinò alla ragazza, che era tutto un fremito di collera e che tormentava una ciocca di capelli per non avventarsi su di lui.
«Non avrei mai voluto che tu ti preoccupassi, io volevo solo—».
Si arrestò, sospirando di nuovo: gli occhi di lei mandavano lampi, e il solo avanzare un tentativo di scusa sarebbe stato vano e controproducente.
«Claire?» chiamò stancamente.
Un lieve fruscio di vesti riempì il risentito silenzio che era caduto sulla sala.
Umi si voltò e si lasciò cogliere da uno scatto di sorpresa.
Una bambina, avvolta in un pesante abito di velluto marrone, si stava avvicinando al mago che l’aveva chiamata.
Lunghi e voluminosi capelli biondi facevano da cornice a un viso pallido e affilato, da cui un paio di occhi color ametista guardavano in direzione di Clef con malcelata soggezione.
Durante quegli istanti, l’attenzione di Umi rimbalzò da un vertice all’altro della ragazzina con la frenesia di una palla da bowling.
Nella piega serrata delle sue labbra esangui, nella posizione sottomessa delle mani incrociate in grembo, nella timidezza nel suo sguardo enorme e nel biondo dei suoi capelli non poté non vedere la principessa Emeraude.
Non era, tuttavia, altrettanto stupenda: quei tratti così somiglianti non conservavano la fragile e splendente magnificenza di quella ragazzina che sembrava fatta di luce. Al contrario, la nuova arrivata le parve frastornata e, soprattutto, malaticcia, di un pallore anemico che quasi la opacizzava, e di una magrezza più spigolosa che fiabesca. Sembrava traballare ad ogni passo, mentre la sua figurina smilza e slavata era inevitabilmente inghiottita dal vestito scuro e spesso con cui i suoi piedi stavano battagliando.
La osservò fermarsi davanti all’imboccatura del portale. Clef, da dietro, le appoggiò le mani sulle spalle, per poi guardare Umi con inaspettata gravità.
«Ti spiegherò.» tagliò corto.
E Umi lo sentì ancora più stanco di prima.
In attonito silenzio, rimase ad osservarlo mentre spingeva la ragazzina nel vuoto lattiginoso del portale.

***

Non avrebbe voluto nemmeno andare a togliere il the dal fuoco, considerato che Lantis se ne stava sdraiato sul futon, gli occhi socchiusi e le labbra strette, in balia di qualcosa che doveva preoccuparlo parecchio.
Decise di servirlo in vassoio, e sgattaiolò in cucina, vagamente infastidita dal portale, fin troppo simile a un occhio cieco che tentava di fissarla.
Il the non prometteva molto, ma Hikaru non se ne curò granché nel portarlo nell’altra stanza. Andò a posarlo a terra, accanto al materasso, e si stese con le gambe sul pavimento e la testa sul grembo di lui.
Lantis le arruffò giocosamente i capelli e tossì.
Silenzio sonnolento come un gatto.
«Non capisco perché mai una persona finisca inevitabilmente per far del male a quella per cui farebbe di tutto.» esordì lui all’improvviso.
Hikaru esitò un momento prima di rispondere.
«Lo fanno per il meglio. Lo sappiamo bene. Spesso è proprio questo che ci fa star male.».
Lantis annuì con convinzione, e con quella che Hikaru vide come un’incontenibile malinconia.
Rotolò prona, sbattendo il naso contro la sua anca, e scivolò sul suo petto, abbracciandolo con tutta la comprensione che poté: un uomo taciturno è un uomo che trova le parole di ben poca utilità, si disse.
Non avrebbe mai potuto elaborare massima più adatta alla circostanza: un attimo dopo, qualcosa piantato nell’osso sacro le fece vedere le stelle.
Nessuno di loro riuscì a trovare nemmeno una sillaba quando si accorsero che quella era una bambina.
In realtà, da Lantis – scattato prontamente a sedere causa intrusa - provenne un suono strozzato al solo guardarne la veste e il groviglio di capelli.
Hikaru replicò quel preciso rantolo quando, tirandosi in ginocchio sul materasso, vide Satoru che, rincasando, era corso in camera sua attirato dal tonfo.
«Beh? Che succede qui?».

***

A/N 17 ottobre 2007, ore 0:26. Dovrei essere a dormire, ma come può una solerte (O_ò) autrice (O___O!?) dormire col peso di un capitolo sulla coscienza? Vabbe’ che lo pubblicherò comunque nel primo pomeriggio, dato che non ce la faccio neanche a riguardarlo. Ora come ora, potrei tipo stravaccarmi sulla tastiera e far chiudere gli occhi, incurante dei problemi del mondo X°D. Per il resto, il classico capitolo di transizione di media simpatia, uno di quei capitoli difficili da districare dalla scaletta (che comunque c’è tutta, eh è_é), ma che, perdiana, ho scritto O_ò. Dopo il secondo, solitamente, tendo ad allentare il ritmo fino a giungere al lassismo più osceno, ma XD, essendo io con la testa già alla quinta parte almeno, lasciare troppo la presa comporterebbe una profonda autopunizione XD. Ergo, pregate con me che tale eventualità non si verifichi XD. Grazie a chi è stato così gentile da recensire la prima parte, lasciamo quindi spazio alla risposta sulla questione UmiClef. Uhm. Vedete. Io sono UmiAscot. Ma questa è un’animeverse!fic in cui l’UmiClef (che nella versione anime gradisco) si inserisce bene, quindi sì, ci sarà è-é. Spero che la cosa non vi renda dimentichi del fatto che siamo principalmente in una LantisHikaru, però ;___;! Ad ogni modo, non temete: vi sarete accorti che ce n’è, di shippamento, e che l’avevo già in programma. E no, non mi sono persa Fuu per strada: è un personaggio, il suo, con FerioFuu annesso, su cui non riesco a tirar fuori molto. Ma non l’ho dimenticata. Ù__u”

E ora nanna è_é!

Juuhachi Go