Pretty Piece of Flesh

V. OKINAWA

Kamui rivolse finalmente un'irritata attenzione al muoversi convulso di Subaru attraverso la stanza. Afferrava una camicia, la scaraventava nell'armadio e si dirigeva verso il borsone, infilando dentro un altro povero indumento piegato alla meglio. Poi, tornava alla sua disperata rassegna di quel miserrimo assortimento del guardaroba.
« Subaru...» scattò il compagno di stanza, a denti stretti « ... fra poco m'attacchi la nevrosi! Ti calmi o no? Sakurazukamori-san ti preferirà il meno vestito possibile!»
« Ma... Uff, non posso mica...» ma l'amico si alzò in segno di sommo disinteresse, lasciando l'altro in compagnia di una camicia di lino che doveva aver visto tempi migliori.
Ininterrottamente, continuava a darsi dello stupido e a chiedersi, invano, quanti fossero i motivi per sentirsi davvero così... felice?
Hokuto non sarebbe tornata.
Non stava tornando a casa.
Ma negli occhi... negli occhi, Subaru aveva già il mare.

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« Cheeee?» diede fiato ai polmoni « Ma... davvero?»
« Perché fai queste domande retoriche? Sì, davvero.» sibilò Fuuma in tono acido, aspettando che Seishiro fosse giù per le scale.
« Questo perché, chiaramente, ti fidi di Subaru e credi che una vacanza non possa fargli che bene.» dedusse il più giovane con fare ferocemente caustico, divertendosi (o forse fingendosi tale) alla vista del diciottenne palesemente esacerbato
« Mettila come vuoi.» sbottò questi « Ma il portafogli di Sakurazukamori mi attira più delle tue proteste.».
Non una parola.
« Quante volte che ho detto che ognuno si protegge da solo, qui? Che non devi essere tu a proteggere gli altri?» aveva sospirato poi, bloccandolo contro l'angolo della finestra.
Le mani sottili di Kamui scivolarono a cingergli il collo. Fuuma, stanco, fece lo stesso.
« Non muoverti.» gli fu intimato.
« Sei un idiota.»
« Lo so.»
« Mpf.»
« FERMO.»
« Ma... ma perché!»
« Perché non ti interessa se sono capace di proteggermi da solo.»
« Però io detto le regole. E ti ordino di farti gli affaracci tuoi.»
« ... Questo significa che mi proteggi con le tue regole?»
« No, affatto.»
« Non preoccuparti, me l'aspettavo.»
« E poi» l'altro alzò stizzosamente un sopracciglio « anche se io non mi fidassi di Sumeragi, non sta a me decidere se... dargli fiducia. Sakurazukamori-san lo conosce molto, molto meglio di me.» aggiunse, ghignando con malizia. « ... O magari stai cercando di dirmi che conosci il pupo abbastanza da sconsigliarmi di-»
« Ma fai silenzio!» latrò il sedicenne, stufo di tutta quella pseudo-gelosia che non gli era concessa nei confronti dell'altro « È semplicemente un'idea del cazzo!»
« Tu lavori troppo, ragazzo mio.» ridacchiò Fuuma, lasciandolo andare. Kamui sbuffò, per nulla divertito dalla battuta, per poi dileguarsi con un gran sbattere di porte.
« Cretino, ha gli occhi nel sedere! Possibile che non si sia accorto di un tubo? Non porta a niente di buono, farti vedere con un solo cliente, stupido di un Subaru-kun! Vedrai Fuuma, quando si accorgerà di quello che forse non hai capito neppure tu, scemo!»


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I possedimenti della sua famiglia erano notevoli, impossibile non riconoscerlo, ma quella li batteva tutti quanti, non c'erano davvero mezzi termini.
La villa era lontana da Okinawa ed era praticamente in riva al mare, bastava far scorrere qualcuno degli enormi pannelli in vetro, per trovarsi coi piedi sulla sabbia.
Seishiro si lasciò sfuggire un mezzo sorriso al cospetto dell'educata sorpresa di Subaru, dalla quale il ragazzo si riscosse in un attimo. Fece per prendere la sua unica borsa nel bagagliaio dell'auto, ma il suo compagno di viaggio lo fermò
« Lascia stare. Non ti servono.» poi lo condusse dentro casa, mentre le parole di Kamui tornavano a galla nei pensieri del giovane... facendogli assumere la brillante tonalità di un pomodoro esposto al sole.
« Aspettami qua.» e Seishiro si dileguò, lasciandolo solo sul divano di camoscio bordeaux, da cui poteva godere di una ottimale panoramica del grandissimo salotto illuminato come se fosse all'aperto, merito delle immense vetrate scorrevoli. Alcune di queste gli fecero scoprire l'esistenza di un meraviglioso giardino interno, non ne aveva mai visti di simili. Al centro di questo troneggiava un ciliegio nel pieno della fioritura. Il tronco era scuro e imponente. Non molto alto, anzi: il fusto massiccio si accartocciava in una larga rientranza e si raddrizzava poco prima delle grosse radici che sporgevano in gran numero dal terreno.
Il fatto che entrambi fossero a piedi nudi sul parquet di legno chiaro rese silenziosa la presenza di Seishiro che, con una bassa risata, fece trasalire il giovane ospite.
« Ahah, quella è l'unica cosa su cui Setsuka ed io siamo d'accordo.»
« Il... il ciliegio?»
« Mh.» annuì il padrone di casa. Solo allora Subaru notò che l'uomo aveva indosso un semplice ma elegante yukata nero, il cui obi risplendeva invece di un vivo rosso fuoco. Fra le mani reggeva un involto di sottile carta di riso, nel quale il ragazzino poté scorgere la morbida iridescenza di una stoffa che gli pareva azzurra.
« Aprilo,» gli suggerì Seishiro con un'eccitazione quasi infantile nella voce « è per te.»
Subaru non seppe cosa rispondere, ma si fece strada fra i lembi crepitanti dell'involucro, con dita sottili, per poi sfiorarne il contenuto e lanciare un'occhiata sorpresa al trentaquattrenne che, delicatamente, tolse di mezzo il fragile rivestimento e mostrò all'adolescente lo splendente yukata azzurro. Semplice, eccezione fatta per i fitti ricami sull'obi - opera di artigiani esperti, c'era da scommetterci - e per quelli alla base dell'abito, raffiguranti piccoli fiori di ciliegio.
« È...» annaspò, cercando di trovare qualche parola per ringraziarlo o, magari, per dirgli che era pazzo. In ogni caso, si sentì sollevato dal fatto che non era sua intenzione lasciarlo... il meno vestito possibile.
Si voltò di nuovo verso l'albero.
« Vuoi che ti aiuti a metterlo, per vedere come ti sta?» gli fu chiesto, con quella onnipresente, bambinesca, fievole contentezza. Era chiaro che per nessuna ragione Seishiro avrebbe accettato un 'no' in risposta. Sumeragi annuì con aria distratta, guardando i fiori che, lì, fuori dalla vetrata, si muovevano fra macilenti soffi di vento tiepido.
Slacciò i bottoni della camicia lentamente, assorto. Le mani dell'altro, dietro di lui, fecero scivolare il cotone giù dalle spalle ancora più bianche, in modo che la schiena magra e avvenente si rivelasse mano a mano.
Sbirciò oltre il collo sottile per poi tornare a fissargli la spina dorsale. Vi depose un bacio, giusto nel centro, sotto le scapole, ridendo appena al brivido del ragazzo, ormai privo di altro che non fosse la sola biancheria intima.
Con un fruscio appena percettibile, sollevò il kimono estivo dalla rudimentale confezione - l'aveva appoggiato per un momento a terra - ed aiutò il giovane a scivolarvi dentro. Questi si voltò verso il padrone di casa e, con un gesto maldestro, recuperò al volo l'obi che minacciava di cadere sul pavimento. Seishiro glielo sfilò dalle dita e si inginocchiò per legarglielo attorno alla vita, con un semplice nodo sul davanti. Poi, gli indirizzò un sorrisino malizioso che infiammò le guance candide dell'altro.
Po... potrà scioglierlo prima... ogni volta che vuole.
Nel rialzarsi, quasi a voler cancellare la pudica ritrosia nell'espressione di Subaru, l'uomo trattenne le labbra di lui nelle sue per un momento.
« Sarai stanco, abbiamo fatto un bel viaggetto.» sussurrò « Dovresti andare a riposare.».

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Il sonno già leggero di Subaru, disteso sul letto di una delle innumerevoli camere della casa, si dissipò del tutto nel momento in cui il peso di Seishiro compresse il materasso e un suo braccio gli cinse le spalle.
Le iridi del ragazzo rimasero vigili nella penombra.
Di nuovo quell'uomo stravolgeva la sua sordida quotidianità. Era un contatto diverso da tutti gli altri, anche da quello che condividevano spesso insieme, tuttavia... non lo sentiva meno forte di tutto il resto.
Ancora immerso nel dormiveglia, gli venne in mente il giorno in cui Kamui si era preso la sua verginità.
« Bah,» l'aveva sentito sbottare, mentre lo guardava con il solito (poco) tatto, « non è che la prima volta sia così importante. Beh, pensaci, e fai un bilancio: al momento, sei flessibile come un pezzo di legno fossile, mentre quello che t'ha preso e sdraiato su un letto è attraente come un'anguilla con la sinusite (aah, non fare quella faccia, lo so che lo pensi!)... l'ultima sarà meglio. Lui ti piacerà di più, tu saprai come muoverti e starai bell'accaldato. Beato te, perché a me il menu dà sempre il solito stronzo... Cazzo, che sonno!» aveva aggiunto, girandosi dall'altro lato.
Così facendo, aveva lasciato un povero ex-verginello in un breve stato di attonito trance, ma la risata era scaturita subito, spontanea:
« "Come svalutare la tua verginità in un minuto o meno secondo Kamui Shirou"... sarebbe un best-seller!»
Eppure... non aveva affatto torto, ammise il Subaru disteso su lenzuola di Okinawa, osservando le nervature della mano di Seishiro. Non era più un ragazzino... rigido. E la sua compagnia era proprio... tutt'altra cosa.
Sorrise. Come se non lo avesse mai fatto in quei mesi.
Il calore - poteva desumerlo con certezza matematica - non sarebbe mancato affatto.
Era l'unica cosa a cui voleva pensare. Incredibile ma vero, era anche l'unica che, al momento, lo rendesse felice.

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Non era pratico della nuova dimora, eppure il padrone di casa lo trovò seduto al tavolo della cucina, a sorseggiare mugicha da un bicchiere di vetro. Il kimono era discretamente spiegazzato (le caviglie nude nella luce del pomeriggio inoltrato), un lieve dividersi della stoffa lasciava il suo occhio libero di indugiare sulla tenue linea d'ombra disegnata dal sole su una piccola porzione di pelle nuda e chiara delle gambe.
Investito dal riverbero abbacinante e afoso di quell'ora, Subaru sembrava rimpicciolirsi e risplendere, in tutto l'adorabile biancore del suo corpo, simile a ceramica intiepidita da una giornata particolarmente calda. Le braccia sporgevano dalle larghe, seriche maniche. Sottilissime, ma assolutamente... graziose.
Tuttavia, era sempre più innegabile il fatto che l'eterea magrezza che tanto lo attraeva non era sintomo di buona salute. Di sicuro, i pasti che consumava erano saltuari e fugaci.
Seishiro si servì allora della bevanda che scintillava placidamente nella caraffa al centro del tavolo e prese posto sulla sedia di fronte all'adolescente.
« Cosa mangi di solito?»
« Uhm...». Aveva quasi l'aria di vergognarsi. Ma d'altronde, le guance sprizzate di quel rosso schivo erano una sua deliziosa costante. « ... un panino la sera tardi, se posso.».
L'uomo disapprovò, si alzò e prese ad armeggiare con qualche elettrodomestico sul lindo ripiano. Curioso ed imbarazzato dell'interesse di lui nei confronti della sua alimentazione, Subaru captò il rumore di uova rotte in una terrina, seguito dall'evidente sbattere di fruste del frullatore. Infine, Seishiro aggiunse un ultimo tocco e assaggiò il risultato, leccando il cucchiaio con soddisfazione.
« Zabaione!» annunciò, raggiante, nel rivolgere nuovamente il viso nella sua direzione. In bella vista sulle morbide labbra, due striature di crema dorata. La risatina del giovane si spense subito, mentre, a passi lenti, si avvicinava all'altro.
Seishiro si sentiva stupidamente col fiato mozzo, ma in nessun modo poté arrestare il cuore che tamburellava nel petto con furia nel vedere gli occhi del ragazzino chiudersi nel momento in cui la piccola lingua rosseggiò appena, dalle labbra più invitanti che mai.
Con erotica, esaperante flemma, lecco gli zuccherosi rimasugli sulla sua bocca, in un contatto esplosivo.
Le labbra di Sakurazukamori si schiusero per avvolgere le sue, cercando disperatamente di affondarvi, nel tentativo di coinvolgere Subaru nel bacio. Con un respiro più profondo, il suo giovane 'lui' lasciò che la carezza della lingua di Seishiro si incrociasse con la sua, votata allo stesso, ardito intento. In un attimo, il ragazzino fu avvinto nella stretta di quelle braccia e un ansito sorpreso sfuggì al suo controllo quando il pavimento venne improvvisamente a mancargli sotto ai piedi. Realizzò che era solamente opera dell'uomo: l'aveva preso in braccio come se niente fosse. Nulla di strano, pesava quanto un fuscello, fu il primo pensiero di questi, ritovatosi a reggere il più voluttuoso e leggero dei pesi, pressandosi contro i sinuosi contorni della sua bocca e aggrappandosi alle spalle esili, nude data la poca tempra del nodo con cui lui stesso aveva fermato l'obi dello yukata.
Barcollando, attraversò il corridoio e la finestra scorrevole spalancata sullo spettacolo dell'arzigogolato ciliegio in boccio. Fu qui che, a fatica, distaccò Subaru da sé per schiacciarlo contro la scagliosa, nera corteccia del tronco, il respiro greve di tutti i baci che gli aveva lasciato. Il sedicenne si puntellò con i piedi scalzi sulle radici sporgenti, un brivido quando le dita di lui si insinuarono sotto la fascia ricamata dell'indumento per slegarla completamente dai suoi fianchi. Il kimono si arrese, abbandonandosi sul fusto scuro.
La sua mente galleggiò lontano per un paio di secondi, prima dell'abbraccio inebriante di Seishiro.
L'uomo lo osservò inarcato nel contrasto quasi doloroso fra i bianchi lattescenti della sua pelle e le sfumature violente del tronco. Si abbassò sulle piccole labbra ancora schiuse per lasciarvi un bacio morbido. Subaru non osò muoversi mentre l'altro scendeva fino al suo ventre strofinando le labbra aride e calde contro la pelle madreperlacea ed esalò un gemito quasi inudibile quando Seishiro, oramai sopra all'ombelico, lo morse giocosamente, premendovi poi la lingua nel centro
« Seishiro-san...» respirò allora il ragazzino. Una mano di Sakurazukamori vagava dietro la sua nuca, all'attaccatura dei capelli, l'altra... con un fremito, la sentì indugiare sul cotone leggero della biancheria intima. Ogni suo muscolo si contrasse al tacito, massaggiante invito di quelle dita, le guance solleticate dal respiro corto dell'uomo, il quale, gli occhi semichiusi mentre accarezzava la sensuale tensione negatagli da un esiguo strato di tessuto, sospingeva la testa di Subaru contro la sua, nell'ennesimo inseguirsi di labbra.
I sensi vergognosamente escoriati nella follia accarezzante di Seishiro, che lasciava scivolare i polpastrelli sul corpo niveo - sembrava quasi che volesse riplasmarlo -, così pericolosamente vicino all'elastico dei suoi boxer... così dannatamente minuzioso in ognuna delle sue attenzioni da fargli confondere il calore del suo corpo con quello del sole battente su di loro.
Si riscosse in un attimo, gli occhi grandi e infantili velati di desiderio. Le iridi di liquida ambra lo fissavano con attenzione.
« M-ma... Seishiro-san... io dovrei...» mormorò, in una blanda supplica per uno scambio di ruoli
« Shh.» Seishiro gli impose il silenzio, sepolto nella sua spalla, contro la curva adorata del collo di bambola, che Subaru distese per godere meglio delle sue carezze, carezze che, a poco a poco, si insinuavano sempre più verso il basso, circuivano i lombi fragili e scivolavano contro la durezza del suo desiderio.
Incurante dello scatto del sedicenne per un contatto così diretto, Seishiro lo liberò dell'ultima, sottile barriera. Il respirare del piccolo amante si frantumò d'improvviso, quando il trentaquattrenne depose un bacio sulla punta della sua intimità congestionata, per poi rialzarsi e investire la sua nudità con le seriche pieghe della sua veste. Insinuò un ginocchio fra le gambe soffici.
Perduto fra i gorghi neri della stoffa, Subaru si protese con le piccole dita per allentare l'obi che Sakurazukamori aveva attorno alla vita, ma questi lo precedette, lasciando che, subito dopo, la seta scura scivolasse giù, pigramente, dalle spalle, mentre le labbra del ragazzino, curiose, si addentravano nelle sue quasi con timore di infastidirlo e prendevano ad assaggiarlo con una certa riverenza. Seishiro lo guidava con pazienza, cercando di annullare il sacro timore di Subaru, rendendo il tocco della propria lingua sempre più determinato, fino a che l'altro non si ritrovò ad imitarlo, per scendere poi sulla clavicola e, con piccoli baci, sulle dita che gli accarezzavano la guancia, con una dedizione che sorprese l'uomo: labbra che si appoggiavano sul suo indice con la leggerezza di una piuma, gli occhi chiusi, mentre gli lasciava baciare il suo labbro superiore, facendo spogliare definitivamente dello yukata un Seishiro arreso che, da solo, con impazienza, si disfaceva di ogni altro miserrimo indumento, per poi adagiarsi sulla forma morbida di Subaru, completamente, in un caldo, afrodisiaco incastro.
Il ragazzino boccheggiò per respirare l'odore assolato della sua pelle, foglie, polvere, acqua di colonia, premuto contro il suo bollore così avvolgente, infuocato. Un piccolo pigolio sfuggì alle sue labbra.
Nella testa annebbiata, per la prima volta si affacciò il pensiero che il suo piacere nel ricevere quelle effusioni fosse lo stesso che Seishiro provava nel concedergliele. Ed era tanto.
Fra loro, sarebbe sempre rimasta la barriera di un coinvolgimento diverso, uno sempre lucido nello sperimentare nuovi, soffici giochi e l'altro sommerso dai flussi prepotenti del proprio desiderio?
E il suo corpo era in loro totale balia, reso leggero leggero dalla malia di quell'incantesimo, eccolo che avvinceva le anche di Seishiro con le gambe e si lasciava pervadere da lui, che prese a muoversi lentamente, come a chiedergli il permesso stampato a grandi lettere sulle guance trasparenti, accese da un rosso violento e rigonfie di sospiri che sbocciavano in gemiti ad ogni affondo di lui.
Si aggrappò con forza al suo collo, sembrava quasi avesse paura di dissolversi contro le ondate brucianti dei loro movimenti, così irruenti, eppure così...
Serrò ancora di più le ginocchia contro il bacino, fino a farsi male, un ansito di lui esplose nel suo orecchio, Subaru fremette e si contorse contro la nudità che lo circondava, un dondolio ipnotizzante che trasmise a Seishiro ogni eccitante vibrazione del suo corpo.
Continuarono così, in un disordinato accostarsi l'uno contro l'altro, con una potenza che sovrastava ogni pensiero, avidi di brividi e singulti, ubriacati dall'odore dolciastro dei fiori sospesi su di loro.
Ad un tratto, Seishiro si ferì le labbra con i denti mentre il corpo di Subaru si faceva pieno di lui, in un ascendere di sensazioni che lo colpirono come un pugno - atteso, gradevole, caldo - nella mente.
Scivolarono a terra, l'aria tornò immobile mentre Seishiro si abbandonava su di lui, ansimava contro la sua guancia, le dita strette in quelle di cristallo del sedicenne.
Guardava il tappeto di petali macchiati delle ultime tracce del loro amplesso, guardava il kimono turchese, afflosciato, un po' più in alto, sull'intreccio di radici secolari.
Tornava a guardare Subaru.
« Il kimono...» sorrise debolmente « Credo dovremmo lavarlo.».
Il ragazzo piegava la testa in assenso, riappropriandosi dei vestiti e seguendo Seishiro dentro casa.

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Per troppi mesi era stato costretto nell''Angel', un'accozzaglia di stanze grandi, stantie, letti vistosi incorniciati da un mobilio quanto più essenziale, pesanti, polverose tende scure ad alterare la percezione fra giorno e notte.
All'improvviso, ecco l'eros e i colori, odore di salsedine sole fiori, spiegarsi davanti ai suoi occhi come un gabbiano in picchiata su un mare.
Era tutto così vero da non sembrargli nemmeno palpabile.
« Qualche problema?» s'informò la voce di Seishiro, apparso alle sue spalle. Incredibile, quell'uomo entrava in punta di piedi come un sogno e faceva trasalire come un risveglio.
« No, no, va tutto benissimo!»
« Uhm... sì, credo sia davvero troppo largo...» mormorò, chinandosi ad esaminare il serico kimono blu di Prussia che aveva prestato a Subaru
« Va benissimo.» mormorò il ragazzo, con sommessa gratitudine. La sua educazione era sempre stata severa, in famiglia, ragion per cui, con l'aggiunta delle privazioni degli ultmi mesi, la sua poca propensione all'interesse altrui si era sensibilmente acuita. Quella cura che Seishiro gli riservava era qualcosa che solo sua sorella aveva orgogliosamente ostentato, che non mancava di lasciarlo basito.
Piacevolmente basito.
« Non merito i tuoi occhi fissi sul pavimento.»
« ...uh...?» si sorprese il ragazzino, sollevando lo sguardo per incontrare il suo
« Intendo... non sono un granché come marito, come uomo e non sono certo campione di magnanimità... puoi guardarmi negli occhi senza alcun tipo di soggezione.»
« M... ma... Seishiro-san, non devi commiserarti! Tu... sei un uomo brillante che cerca di mantenere la sua posizione di prestigio, ma la vita ti ha fatto pagare molto caro tutto questo. Hai ancora la tua dignità, hai... e... beh, insomma, noi... siamo qui... no?» e, dopo l'ultimo, bisbigliato monosillabo, ebbe la tentazione di tapparsi la bocca.
Seishiro gli mise una mano sulla spalla, rivolgendogli un sorriso malinconico, sebbene nelle iridi d'ambra risplendesse la solita carismatica vitalità.
« Caffè?» gli propose, incamminandosi verso la cucina.
Subaru annuì con un senso incredibile di sollievo interiore.

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Si rilassò completamente nel respiro di quella sera salmastra. Erano anni che non vedeva il mare così da vicino. Gelida sabbia d'argento sotto le piante dei piedi nudi, il baluginio netto della sigaretta di Seishiro al suo fianco.
In realtà non gli era proprio possibile distinguere le acque dal cielo, anch'esso nero come petrolio, ma la loro presenza era indubbia, vivida nei sensi di Subaru.
Indossava ancora il kimono. Al contrario, Seishiro, palesemente a disagio con lo yukata, aveva recuperato una camicia bianca e un paio di pantaloni scuri.
C'erano momenti, aveva imparato, in cui vedeva una ruga sottile formarsi in mezzo a quelle sopracciglia, quasi come se l'uomo volesse apporre un sigillo sui suoi pensieri. Subaru assisteva in religioso silenzio quella sua tacita concentrazione.
Si era scoperto un osservatore attento e discreto, che doveva a Seishiro il merito della sua perizia: non era certamente un uomo che parlava di sé, non di buon grado, almeno. Comunicava disperatamente attraverso gesti misurati, eleganti, incredibilmente quotidiani. Il suo prediligere impeccabili completi bianchi e neri, il modo in cui si sfilava o indossava la giacca, la sua maniera di stringere il nodo della cravatta, di spingere spesso gli occhiali da sole (gli piaceva portarli, e molto, anche) sul naso, di trarre lunghe boccate dalla sigaretta immancabilmente crepitante fra le labbra, per poi rilasciarne la caligine chiacchierando con quella voce fluida, nitida, cortese. Un minimo rallentamento, la più piccola rilassatezza in questa routine di... mani iperattive, strette sugli occhiali, sul pacchetto di Mild Seven, segnalava una preoccupazione di lui.
Eccolo che scuoteva la cenere con aria distratta e soffiava via il fumo in silenzio, gli occhi immobili verso il cielo.
« Seishiro-san?»
« ... Mh?»
« L'ultima volta che ho visto il mare ero un bambino.»
« ... Questo è sicuramente un male. Il mare rende più resistenti alle malattie, eh! Anticorpi come Caterpillar, eccetera eccetera... sai, cose del genere!» considerò, con fare gioviale. « È un toccasana anche per gli industriali incalliti come me!» e qui il sorriso divenne agrodolce. Subaru gli lanciò un'occhiata interrogativa.
« È solo che le cose non vanno bene come dovrebbero. Ci sono scioperi l'uno dietro l'altro e la produzione è in calo, senza contare che questo non ha fatto che allentare la fiducia degli altri nei confronti delle nostre azioni e dei nostri contratti...»
« Beh, la soluzione non può essere che una, dare ai dipendenti quello che vogliono. È comunque un modo per ammortizzare le spese, che verranno facilmente coperte quando i lavoratori accontentati saranno efficienti.»
Nella sua forse eccessiva fiducia, quello era un ragionamento logico e impeccabile. Sakurazukamori riconobbe a pieno titolo la famiglia d'appartenenza del ragazzo, i cui occhi lucenti e inconfondibili non erano l'unica avvisaglia, a quanto pareva.
Rise.
« Ma... ma chi sei tu, e da dove salti fuori!»
« Beh, ecco...» arrossì il ragazzino « ... io... sono Subaru Sumeragi.»
Calò il silenzio, privo di qualsivoglia meraviglia.
Era un silenzio calmo, di cui Subaru non fu stupito. Non avrebbe mai visto Seishiro perdere il suo galante, radicato autocontrollo, era la cosa di cui poteva essere assolutamente certo, non c'era notizia che avesse il potere di sconvolgere l'equilibrio e il sangue freddo di quell'uomo. Avrebbe sempre avuto la soluzione, il rimedio, l'idea, per qualunque cosa gli sarebbe stata proposta.
« ... mi hanno venduto, è stata mia nonna. Non sopporta il fatto che qualcuno potrebbe prendere le orme del... modernismo di papà. Mia sorella ed io eravamo l'ostacolo più grande. Lei, non so dove sia finita.» fece una pausa, lo sguardo dell'uomo era focalizzato su di lui.
« Era... venuta a Tokyo con me e aveva promesso di tirarmi fuori dall'Angels'... e... puff. Altrimenti, l'avrebbero spedita in un okiya, credo. E se solo potessi saperla al sicuro in qualche posto io...»
« Se avessi avuto una sorella, molto probabilmente non avrei sposato Setsuka, sai.».
Gli occhi esotici e limpidi del sedicenne lo scrutarono con mestizia.
« Questa villa è il mio regalo di nozze per lei. Da allora, non siamo più tornati qui insieme. Non mi è mai particolarmente piaciuto questo posto, ragion per cui non vengo spesso.»
Una fitta di invidia assalì il cuore di Subaru. Vide i lunghi capelli di Setsuka luccicare sparsi sul bianco del cuscino, un suo braccio, sicuramente armonioso e niveo, sonnacchiosamente abbandonato sul letto.
D'improvviso, toccò la spalla di Seishiro e salì su di lui, abbracciandogli il collo. Lui lo osservò con un curioso, lieve sbigottimento, lasciando che le gambe puerili gli trattenessero il bacino.
« Facciamo l'amore...» gli chiesero le labbra sottili, muovendosi come ultraterrene, mentre gli occhi luminosi, disperatamente verdi, non smettevano di guardarlo, seri, adulti.
Non rispose, ma gli appoggiò le mani sulle spalle mentre lo sentiva flettersi e appoggiare la bocca morbida sulla sua, nel fruscio impalpabile della seta dello yukata, da cui scivolavano granelli freddi, mentre il calore delle labbra di Subaru tremava nelle sue. Da qualche parte, borbottò un tuono sordo, l'obi cadde soffice e silenzioso accanto a loro, quel suo amante-bambino si spingeva con un fremito contro di lui e si ritraeva e avanzava, ancora, ad accarezzare la sua lingua con la tenerezza di un gioco.
Seishiro si sdraiò sulla sabbia ghiacciata, l'altro, invece, su di lui, gli toccava i capelli con le manine bianche come luna e non si staccava, in quell'ostinazione così calda e piacevole.
La spiaggia bevve le prime, grosse gocce di pioggia, che si infittirono a dismisura, senza che i baci diminuissero. Seishiro, lentamente, si trascinò all'indietro, avvolgendo le anche sottili di lui nel suo braccio. Con uno scatto, aprì il pannello di vetro, e i due rotolarono sul parquet, una chiazza avvenente e bagnata.
Il vento ruggiva, ghiacciato, fuori.
Subaru, seduto sui talloni, guardò Seishiro, come se non lo avesse mai fatto prima.
Le dita delicate percorrevano le sue guance in un tocco più sottile e più fresco dell'acqua di prima, le labbra gocciolanti sussurravano qualcosa, poi tornavano sulle sue, o fra i capelli madidi, o sul collo. Poi, l'uomo si distese.
Le dita dell'altro gli sbottonarono la camicia ormai trasparente sul petto, i palmi la dividevano a metà e la bocca si poggiava sulla pelle infreddolita, lasciando il cotone zuppo ad annegare sul pavimento.
Seishiro gli accarezzò la testa con una mano. Lo riuscì a distinguere nell'oscurità d'inchiostro, mentre si risiedeva sulle sue gambe aperte, allora sollevò la schiena da terra, sfiorò i lembi del kimono slacciato che precipitarono giù dalle spalle. La schiena di Subaru, eburnea, lucente, bagnata, la colonna vertebrale sporgente nella sua magrezza sensuale. Aveva la bocca più rossa del solito, forse per via del freddo. La sfiorò lentamente in un bacio che sembrava un brivido, poi si spostò a leccare via una goccia d'acqua che, sul retro del collo, rotolava giù e la bocca si chiuse, così, affamata, appena sotto la nuca. Il ragazzo rabbrividì: non lo aveva mai desiderato tanto, prima di allora.
Di nuovo, fece pressione sull'altro per riportarlo completamente sul parquet, gli scostò i capelli della frangia in una piccola, quasi esitante carezza e lo baciò ancora, meticoloso, assorto, dolcissimo, gli occhi smeraldo come luci liquide nella notte, meravigliosi.
Seishiro si rialzò, il peso di Subaru sempre su di lui. Due dita pizzicarono il lobo dell'orecchio senza fare male, mentre lasciava che il ragazzino lo svestisse e che, poi, lo abbracciasse un'altra volta. Nonostante stillasse ancora rimasugli di pioggia e tremasse come un fiore, Seishiro avvertì il tepore familiare di quando aderiva contro di lui, fiducioso. Trattenne il respiro, stringendo le braccia attorno alla schiena di porcellana.
« Nh...!»
« Ti ho fatto male?» respirò. Subaru, nascosto nella sua spalla, sembrò scuotere la testa, poi emise un piccolo gemito e gli si serrò attorno. A sua volta, l'uomo chiuse gli occhi e si spinse di nuovo in lui, ottenendo un altro sussulto.
« Scusa...!»
« Non mi hai fatto ma... mh...» bisbigliò, palpebre calate e labbra strette nell'approccio sempre più intimo e ritmico, fino a che Seishiro non si adagiò nuovamente sul pavimento di punto in bianco, senza fiato, Subaru con lui, su di lui.
« Scusami.» sussurrò nuovamente, contemplando un punto impreciso della stanza, la testa di lato.
Subaru non capì cosa intendesse dirgli, esattamente. Ma in quel calore come di lanugine, fece un respiro e chiuse gli occhi, uno splendido vuoto dentro di sé.

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La grande finestra della camera da letto lasciava splendere un sole caldo e dorato in ogni angolo della stanza. Subaru si mise a pancia in giù, puntellandosi sui gomiti. Al suo fianco, Seishiro dormiva ancora, il capo che si andava inconsciamente inclinando dall'altra parte in una pigra fuga dalla luce diurna battente. L'adolescente gli baciò la fronte facendosi spazio fra i capelli che gli ricadevano sulle palpebre, poi, nudo, scese dal materasso, la testa indolenzita per il troppo dormire.
Riconobbe di non aver mai fatto tanto sesso in vita sua, aveva smesso di contare le volte in cui avevano fatto l'amore per tutto quel tempo, ma erano sicuramente molte più di quelle che credeva. Gettò un'occhiata noncurante all'orologio e sobbalzò: era l'una passata da un pezzo. Si godette la sensazione di non avere alcuna fretta o pressione da parte di nessuno e, con una punta di tristezza, realizzò che non avrebbe più avuto l'occasione di una simile calma per molto tempo.
Uno sbadiglio lo distolse da quel pensiero insopportabile. Il suo amante si raddrizzò fra i cuscini e reclamò le sue labbra per il buongiorno.
« Mhhh... ciao.» biascicò, gli occhi socchiusi in un'espressione di soddisfazione quasi felina « Accidenti, è tardissimo!» scattò poi, quando il suo sguardo cadde sull'orologio affisso alla parete « Hai fame?» gli domandò, scendendo dal letto mentre, vestito solo del suo ineffabile carisma, si dirigeva in salotto.
« Sì!» affermò il ragazzo, da dietro le sue spalle, annuendo energicamente. Praticamente, non toccava cibo dalla sera prima e nessuno di loro due si era concesso di fare colazione. Infilò il kimono spiegazzato e raggiunse l'uomo in cucina, tutto immerso nella sua performance culinaria, coperto dalla camicia e dai boxer.
Stiracchiandosi, il ragazzo prese posto a sedere, fino a che Seishiro non gli porse un toast al prosciutto ancora caldo.
« Dormito?» gli chiese, con palese ironia
« No.» negò lui, scoppiando in una risata squillante. Ci fu un attimo di disteso silenzio.
« Credo...» rifletté il padrone di casa, di spalle perché impegnato a lessare il riso « ... che potremmo partire fra poco, ti va bene?».
Di fronte a tanta rilassatezza, Subaru non poté che ostentare un tono neutro, tentando di non far notare l'effettiva riluttanza a tornare a Tokyo.

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Temporali o no, a Tokyo il cielo di sera gli sembrava monocolore. L''Angels' spiccava malizioso nel vicolo, il lampeggiare dell'insegna stanco come le movenze di una vecchia prostituta.
Seishiro parcheggiò la Toyota in prossimità dell'ingresso. Teso, Subaru era rincantuicciato nel sedile.
« Vediamo... ti devo...?» chiese, aprendo il portafogli.
« N.. no.» rifiutò con decisione « Non ce n'è bisogno.»
« Ti metterai nei guai.»
« Non preoccuparti.»
« Ciao.» fece Seishiro, guardando Subaru scendere e chiudere la portiera
« Seishiro-san?»
L'uomo, già pronto a rimettere in moto il veicolo, si voltò verso di lui
« Dimmi.»
Subaru si sporse verso di lui, verso l'apertura del finestrino.
Le labbra toccarono le sue, un tocco breve e di velluto.
« Grazie.»
Entrambi si avviarono, chi a casa, chi al locale.

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« Ehi.»
Kamui spostò le dita dal vetro, continuando a fissare la macchina di Sakurazukamori mentre la malsana tarda notte cittadina la inghiottiva.
« L'aria di Okinawa avrà davvero fatto bene al piccolo Subaru?»
« Perché?»
« La sua faccia.»
« ...mh?»
« Non mi piace affatto.»
Evitando accuratamente il riflesso di Fuuma che il vetro gli rimandava, il ragazzo al suo fianco osservò il volto distante di Subaru.
Sorrideva.
Era uno dei sorrisi che Fuuma definiva... 'sciocchi'.
Sebbene Kamui avrebbe potuto benissimo trovare una definizione più incalzante, tacque, mentre l'altro lo lasciava solo nella stanza, a fissare ancora il punto dove il suo amico era rimasto immobile per un attimo.
Si lasciò sfuggire un sospiro irrequieto.
Non avrebbe mai dovuto permettergli di rimanere così puro.

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Se la notte edochiana fosse davvero piena di malsani miasmi, questo non era certo affar loro. Primo, perché le tende erano così spesse da nasconderle ai loro occhi e... secondo...
A loro importava che fosse notte, e basta.
Erano così minuscoli, in mezzo a tutta la miriade di gente smaniosa, fra tutte quelle luci psichedeliche, che nessuno li avrebbe notati, nella stanza illuminata da una sola abat-jour.
Subaru si accomodò su un fianco, mentre Seishiro terminava la propria sigaretta e la schiacciava nel posacenere. Chiuse gli occhi. Voleva pensare di trovarsi ancora ad Okinawa. Pochi minuti e un sole genuino li avrebbe accecati, penetrando dall'enorme vetrata.
Li riaprì, mentre Seishiro prendeva a giocare con una ciocca dei capelli con tocco distratto.
« Qualcosa non va.» sentenziò il ragazzo, la voce argentina, ferma.
« Tua sorella splendeva di una luce tutt'attorno.» esordì, incurante del suo commento. Subaru, semplicemente incredulo, monopolizzò su di lui ogni fibra della sua mente.
« Stavi con lei, e tutto non poteva andare male. Semplicemente non poteva. A guardarla, eri matematicamente sicuro che lei avrebbe preso in pugno il suo destino e l'avrebbe sgretolato con una semplice esercitazione di forza.»
« Seishir-»
« E io...»
« Ma cosa...?»
« Subaru-kun... tua sorella non è mai arrivata a chiedermi aiuto. Per quel che ne so... per quel che ci è stato detto... Hokuto potrebbe... è stata dichiarata... morta.»
Il respiro gli si arrestò in petto e, in uno scatto, il ragazzino arretrò, stringendo convulsamente il lenzuolo nel pugno. Seishiro, quegli occhi... non li aveva mai visti tanto grandi.
« Tu...» la voce di lui proruppe spezzata « ... sapevi... tutto...?»
Sebbene l'uomo considerasse giustificabile una simile reazione, si scoprì stupidamente stordito dalle lacrime che scesero a rigare le morbide guance di madreperla. Tremando, Subaru scese fulmineo dal materasso e, una volta che si fu rivestito in fretta, schizzò fuori dalla stanza.
« Subaru!!» ruggì l'uomo, spaesato.
Forse quella fu la prima volta, in tutta la sua vita, in cui ebbe davvero paura di aver rotto un essere umano esattamente come poteva fare col più fragile dei bicchieri.
Che, cadendo, si riduceva in piccoli frantumi.
Così minuscoli, che adesso non sapeva più dove trovarli.

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Note... 6 Agosto 2005, 0:27. Lo so, che è passato un mese fra il quarto e quinto capitolo di 'Flesh'... non linciatemi, grande folla XDDD di sostenitori della storia. Credo che questo sia il più lungo capitolo che io abbia mai
scritto, l'ultima metà in un giorno... credetemi, la seconda scena lemon non doveva esserci, ma... comprendetemi, erano LORO a chiedermela! Ok, ok. Complice anche il temporale di ieri, cosa volete farci. In ogni caso, data la fatica fatta su queste pagine ç___ç, vi chiedo umilmente di recensirle... anche perché il bello inizia proprio ora!
A presto (e stavolta lo dico sul serio!) con la sesta parte della storia!

Juuhachi Go @ "No Hope for Cinderella"