Pretty Piece of Flesh

VI. BLANK

« Whew! Non mi aspettavo un collaudo delle tue tecniche di seduttore!» ammise Kamui, gettandosi sulla poltrona, in tutto il suo metro e sessantotto di morbido alabastro.
Fuuma esibì un sorrisetto da trionfatore, allungandosi pigramente sul letto in disordine.
« Non potevo continuare a farti giocare con le mie voglie, tesorino mio...»
« Ah, davvero?» chiese candidamente il ragazzo
« E... a proposito di voglie...»
Nel sentirlo, Kamui si stiracchiò con l'aria di chi si sarebbe aspettato una simile mossa, tuttavia non negò il proprio ascolto al giovane uomo.
« ... voglio che tu tenga d'occhio quei due.» terminò, con la gelida inflessione del comando. L'altro si irrigidì, ma Fuuma scivolò elegantemente sul bracciolo della poltrona e sospinse il capo del sedicenne contro lo schienale, in modo da impedirgli qualsiasi mossa Kamui avrebbe potuto tentare.
Aveva begli occhi, Kamui.
Seri, grandi, ammalianti.
Finestre d'acqua azzurre e disilliuse, in cui amava sbirciare di tanto in tanto, soprattutto quando andavano a letto e lui cercava di chiuderli il meno possibile, proprio perché gli era stato chiesto di farlo.
Pronto a farsi leggere la mente.
Sciocco ragazzino.
« Se Sakurazukamori ci pianta in asso...» sussurrò lentamente, la voce bassa mentre si accomodava contro di lui e intrappolava lo sguardo marino nel suo « ... è tutto finito. Va tutto a rotoli. Fin, the end, owari.»
Si alzò in piedi e ogni traccia sensuale svanì dalla sua voce. Era nudo davanti a lui, eppure lo era in qualità di boss e non di... Fuuma.
« Ho sentito che Subaru è uscito di corsa dalla stanza dove stava con Sakurazukamori e, dopo un po', lui se n'è andato. Ne sai qualcosa?»
« No.» sospirò l'adolescente, accavallando le gambe « Vedrò di scoprirlo.» e si incamminò verso il bagno.
« Benissimo.» mormorò Fuuma, mettendo in ordine le lenzuola.

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« Subaru.» lo richiamò Kamui, chiudendo la porta. Il ragazzo, disteso sul letto, non gli rispose. Gli mostrò il viso solamente quando, con una lieve parvenza di irritazione, il compagno di stanza gli si sedette a fianco, aspettando di sentirgli dire una parola.
Aveva gli occhi congestionati e arrossati, segno di un lungo, lungo pianto.
« ... Eh?»
« Andiamo, su.» fece, in tono gentile « Ti ricordi, il discorso che ti ho fatto quel giorno? Pian piano andrà sempre meglio, ma ora...»
Subaru ebbe l'istintiva voglia di ritrarsi. Le parole dell'amico avevano il sapore della consolazione, non della verità. Non c'era nulla che andava sempre meglio, anzi.
Riconobbe di essere stato uno sciocco illuso.
Era solamente un oggetto. Esattamente come Seishiro non era diverso dagli altri. L'aveva ingannato con la storia lacrimosa della sua vita coniugale in pezzi e con i cieli stellati, quando in realtà sapeva benissimo in che situazione si trovava. Aveva preferito gingillarsi con lui, come tutti gli altri, per liquidarlo con una sola frase una volta stanco del gioco.
Se n'era lavato le mani.
« Di' a Fuuma che non sto bene, che ho l'influenza, la febbre... vedi tu.»
« Ma-ma...»

Sono già in una posizione delicata, santa merda!

Sgomento, guardò Subaru che si girava per dargli le spalle.
« Ahh, guarda che se credi alla favoletta di Kamui che sa ammansire Fuuma come un agnellino non è vero, quello squarta me e te!» piagnucolò. « Oh, ma io te l'ho detto che ti dovevi abituare!» sbottò poi, con malcelata ira « Non ci sono legami, qui. Devi solo imparare a sopravvivere, l'unico modo per riuscirci è stare nell'ombra. Capisci quanto è sbagliato farsi vedere solo e soltanto con un pezzo grosso come Sakurazukamori-san? Porta solo... solo... guai
« Tu ami Fuuma?» bofonchiò il ragazzino, senza muoversi dalla sua posizione
« Subaru, Fuuma mi scopa. La cosa è un tantino diversa, credimi.»
« So bene cosa fa Fuuma. Non ti ho chiesto questo.» lo riprese, con inaspettata durezza. L'altro rimase in un attimo di imbronciato silenzio.
« Bah, sono già abbastanza nei casini per questo...» mormorò il ragazzo, cupo. Era un poco entusiastico 'sì', dedusse il suo coetaneo.
« Sì, ma questo non c'entra, adesso!» si riprese poi Shirou, con decisione. « Adesso tu, chiappe d'oro, ti catapulti giù da questo letto e fai qualcosa perché io non finisca sotto le grinfie di quel... mostro del boss. Non è nel mio stile fare l'eroe, è la prima cosa che abbiamo messo in chiaro, tu ed io!»
Alzando la schiena, Subaru lo squadrò con la stessa, inusuale freddezza di prima.
« Io non sto facendo l'eroe, Kamui. Non ne ho mai avuto l'intenzione. Tutto quel che mi premeva era trovare mia sorella e tagliare la corda, ma quello, dopo tutte quelle capriole a letto, mi sbatte in faccia che lei è morta e me l'ha chiamata anche per nome. Adesso, potresti per favore spiegarmi che dannato senso ha salvarsi la pelle se poi non avrò niente per cui... ahh, basta.» tagliò corto, scendendo dal letto, con l'aria di chi non ha più niente da perdere, poi sbatté la porta con fragore.
Per l'ennesima volta dal giorno in cui quel benedetto Sumeragi era arrivato a incasinargli la sua già orribile vita, Kamui mandò un sacco di maledizioni a quella divinità che aveva dato a quel marmocchio spocchioso un carattere così lunatico. Prima ti guarda con gli occhi da Bambi e ti fa sentire una merda, poi ti guarda con quelli di Terminator e ti senti una merda comunque.
Ma di una cosa era certo: quegli occhi erano ancora troppo rossi e tristi.

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Guardò lo specchio.
Il candore infantile della pelle era diventato il bianco anemico di chi si alimentava male e dormiva poco, lui stesso dovette arrendersi all'evidenza. Occhiaie scure, sature di riposo mancato, striavano le orbite in cui le iridi silvestri avevano perso la loro lucentezza. Non che a Subaru importasse.
Kamui, però, gli rivolse un'occhiata preoccupata quando entrò nella stanza senza che il ragazzo, le mani sugli occhi, potesse vederlo.
« Subaru, guardati.»
« Mhhh...»
« Smettila di fare il bambino, se continui così ti ammazzi! E poi che cos'è, adesso, questa mania dell'evitarmi?» si accigliò, senza ottenere alcun tipo di reazione da parte dell'amico.
« Kamui... ti prego, sta' zitto.» mormorò, alzandosi. Scese al piano di sotto senza curarsi ulteriormente del compagno di stanza che lo guardava scendere la prima delle due rampe di gradini.
Aveva l'aspetto di uno spettro senza pace. Erano giorni che non lo vedeva mangiare qualcosa, a dire il vero erano giorni che non lo vedeva affatto, se non di sfuggita, in prossimità di una camera da letto, insieme a un cliente ogni volta diverso. Ma Subaru, a vederlo, pareva indifferente. In realtà, Shirou sapeva che, come in tutti i casi del genere, del resto, l'amico stava sforzandosi di far riaffiorare certamente altre carezze ed effusioni per poter affrontare senza esitare ogni uomo che richiedeva la sua compagnia. D'altra parte, quello era un meccanismo di difesa comune, che Kamui in primis aveva sempre adottato, nonostante lo stratagemma servisse a ben poco: di fronte alla nuda, sordida realtà, l'immaginazione non faceva altro che rendere il tutto più insopportabile.
E così, lo squallore dell''Angels' aveva raggiunto anche un animo immacolato come quello di Subaru.
Con un fremito di rammarico, Kamui rientrò in camera.

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Era quello che i canoni di bellezza comuni avrebbero definito un bell'uomo. Ciuffi biondi disordinati e spavaldi che coprivano la fronte, occhi di un azzurro slavato, un viso allungato, la pelle chiara, belle labbra, pomo d'Adamo pronunciato, vestiti completamente bianchi e lindi.
Una bellezza anonima, considerò Subaru, mettendosi a sedere e slacciandosi le scarpe, senza prestare attenzione ai vestiti che Kigai-san adagiava sulla poltrona per paura di stropicciarli.
Era pallido e asciutto. Non era il corpo che, potendo scegliere, avrebbe preferito. Automaticamente, pensò a Seishiro. Le spalle larghe, alla luce della lampada, la pelle soffice e bronzea, il guizzare sensuale dei suoi muscoli sotto le sue dita timide ma sapienti, i capelli lucenti che coprivano gli occhi scintillanti di predatore, il sorriso impercettibile e caldo, quel modo rauco e insieme vellutato di pronunciare il suo nome prima di perdersi in lui in un solo, ampio movimento, di quelli da capogiro, che non aveva mai provato con nessun'altro, uno di quei ritmi che ti strappano il respiro e il pensiero per portarti su, su, dove la luce acceca e dove non c'è altro che calore, e vorresti solamente che tutto non finisse...
« Hai un bel viso.» gli disse Kigai-san, in tono casuale. Subaru rimase a guardarsi la punta dei piedi, in silenzio.
« Potresti almeno ringraziare.» lo ammonì il cliente, con una punta di irritazione, costringendo il ragazzino a mormorare un laconico 'grazie'.
Kigai, con un sospiro di palese insoddisfazione, si avvicinò all'adolescente e prese a sfilargli di dosso i vestiti attillati.
Subaru tentò di sfuggire al tocco anatomico delle dita fredde e affusolate, pervase da un odore dolciastro di spezie. Avvertendo la sua ritrosia, l'uomo afferrò un braccio dell'adolescente e lo torse, sordo al doloroso sussulto di lui, che mandò un gridolino spaventato quando, senza lasciarlo, il cliente lo inchiodò sul materasso, poi, liberandolo dalla stretta, lo bloccò immediatamente con il peso del proprio corpo, scoccandogli un'occhiata glaciale che accrebbe semplicemente la repulsione del ragazzo. Con disperazione, mentre le mani di lui si avventavano sul corpo smagrito, Subaru tentò, per un attimo, debolmente, di divincolarsi, ma Kigai non gli permise, ben presto, nessun movimento, gli teneva i polsi fermi dietro la schiena, facendo leva sull'evidente fragilità del suo corpo. Una sua minima pressione era sufficiente ad ammansirlo per qualche minuto e a procurargli un ematoma scuro sulla pelle bianca. Il corpo magro si accartocciò, indolenzito e senza fiato, mentre il biondo cercava di circuirlo malamente. Con un fremito di ribrezzo, il giovane si aggrappò al ricordo delle mani di Seishiro che scivolavano sulla pelle morbida con sensuale attenzione, serrando gli occhi, ma tutto ciò servì solamente a richiamare un conato di vomito. Non c'era la minima traccia di tutto quello, su quelle lenzuola grigie, in quelle mani viscide e cattive.
Seishiro... era diverso. Nonostante le colpe, le bugie, Seishiro era diverso da tutti gli altri.
Seishiro era speciale. Nessuno riusciva a farlo sentire come faceva lui.
Gli sfuggirono una piccola lacrima di dolore, che gli rimase intrappolata fra le ciglia, e un piccolo singulto, perché Kigai premeva insistentemente e dolorosamente contro di lui, così violentemente da farlo star male, anche se non incontrava più resistenza da parte sua, esclusa una rigidità eccessiva dei suoi muscoli e il tentativo di Subaru di precludere al cliente l'accesso alla sua intimità, cosa che innervosì non poco l'uomo. Questi tentò di serrare il sedicenne con ancora più determinazione - altri lividi che chiazzavano il corpo efebico -, intrappolando di nuovo i polsi del ragazzo nella sua mano. Stavolta, minacciò di spezzarli quando l'altro prese a indietreggiare invano.
« Sotto quel tuo bel faccino non c'è proprio niente di carino!» sbuffò Kigai, assestando un morso nel collo fragile. Subaru tremò, indifeso, spaurito e stanco. L'altra mano di lui invase le sue gambe, nonostante l'adolescente avesse cercato in tutti i modi di impedirglielo. Si inarcò quando due dita del cliente gli pizzicarono la carne, facendolo sobbalzare dal dolore. Emise un altro breve grido, mentre sentiva la lacrima scendere lungo la guancia.
« No, ti prego!» si ritrovò ad urlare, supplice, stravolto dall'umiliazione e dal terrore. Prima di richiudere le labbra, aveva già sentito la carne strapparsi sotto una spinta dell'altro e un'altra e un'altra ancora. Piangeva sommessamente, non aveva più forza per chiedere un momento di tregua. L'unica cosa che sentiva, il sapore salato delle sue lacrime che gli annegavano il palato. Rantolò e liberò un pianto isterico nel momento in cui il cliente usciva da lui e andava a rivestirsi, abbandonandolo sul materasso.
La prima cosa a cui pensò, furono le mani strette sugli occhi, in una pallida parvenza di difesa, mentre veniva scosso da singhiozzi così pesanti da spaccare il petto. Yuuto Kigai era appena uscito dalla stanza.

« Mi... mi scusi...» mormorò Kamui, interrompendo un bacio decisamente precipitoso. Schizzò fuori dalla porta, per trovare semichiusa quella della camera a fianco. Subaru avrebbe dovuto essere lì con Kigai-san, realizzò, atterrito.
L'amico era solo.
Perso fra le lenzuola, non tentava nemmeno di usarle per coprirsi. Stringeva le dita sugli occhi e tremava, il viso bagnato. Vulnerabile e denutrito, scatenò qualcosa di incredibilmente rabbioso nel migliore amico.
« Subaru!» tuonò, fiondandosi al suo fianco, avvolgendolo nel cotone bianco e stringendolo con forza, con la speranza di calmarne la disperazione e il tremore. Gli accarezzò la frangetta come avrebbe fatto con un bambino in lacrime.
« Ehi, Subaru.» lo richiamò, con preoccupata cautela, senza smettere di toccargli i capelli come aveva fatto sua madre tante e tante volte. Gli rispose un sussulto sordo del debole corpicino. Il ragazzo gli prese delicatamente i polsi - c'erano dei segni rossi - per spostarli e guardare gli occhi rossi e cerchiati. Kamui sospirò, fissandolo con una tristezza infinita.
« ... capita...»
« N-No, Kamui...» articolò il Sumeragi, con rabbia « ... non è il mio posto, questo...! Non "capita" che la tua famiglia ti venda a un bordello, o che di colpo ti ritrovi con un pugno di mosche in mano, fra i melensi e i bugiardi, a rincorrere un presunto cadavere! Non capita! Non nel mondo in cui sono cresciuto!»
« Fatti una doccia e cerca di dormire.» masticò Kamui, aiutandolo ad alzarsi e sopingendolo nella stanza da bagno, da cui, poco dopo, provenne il tipico rumore dell'acqua scrosciante. Con un gesto stanco, Shirou si stropicciò gli occhi e appoggiò i vestiti sgualciti dell'amico su una sedia e ritornò dal cliente, indossando il più seducente fra i suoi sorrisi di plastica.

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E Subaru smise di evitarlo.
Quando lo incrociava, aveva modo di notare che i suoi occhi bambini erano diventati così profondi da provocargli un brivido di inquietudine. Era come guardare l'acqua troppo densa di un lago.
« Sakurazukamori-san non si è visto.» disse a Fuuma. Tacque il fatto che, a quel Subaru disilluso e spezzato, il suo Seishiro mancava da morire. Il viso di lui si contrasse impercettibilmente, ma non alzò gli occhi sul ragazzino, che, quasi sempre, lasciava la stanza del giovane boss con un'espressione amara.
Ma il compagno di stanza lo salvava dall'impazzire, con il suo sano cameratismo, quando la sera tardi si dividevano mele e pezzi di pizza che sapevano di poliestere, seduti sul letto e con la TV a basso volume, a raccontarsi barzellette e cazzate che alleviassero i rispettivi dolori, almeno in apparenza.
Seishiro non era più tornato all''Angels'.
Non che Subaru sperasse di rivederlo ancora. Spesso si rendeva conto di quanto la sua figura nuda e avvolta nel lenzuolo assomigliasse più a un sogno che ad altro.
Il suo profumo era lentamente sparito dai suoi vestiti. Passava ore a riflettere su particolari del genere.

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Era passato molto tempo dall'ultima volta in cui aveva partecipato a una festa in una casa da the, fra le risate di industriali ubriachi, mentre geisha si accalcavano a versare loro ancora saké, armate del loro sorriso di bambole di porcellana. In un netto contrasto, gli tornarono in mente gli occhi di Subaru, quando l'aveva guardato come un cucciolo smarrito ed era scappato via, contraendo le labbra.
Sospirò.
« Ouff!».
Seishiro si voltò per incrociare gli occhi della giovane che aveva urtato. Sotto lo strato di trucco tradizionale, spiccavano gli occhi... verdi. La curva familiare delle guance, il sorrisetto genuino, furbo, impercettibile. Gli mancò il respiro per un attimo.
« Ho... Hokuto-chan...?»

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Note... 1 Settembre 2005, ore 12:00. Sigh! Sicuramente l'ultimo capitolo di 'Flesh' prima dell'inizio della scuola ç___ç! Grazie ad Ary per i suoi consigli sullo stupro... sperando che abbiate continuato a leggere anche dopo aver saputo chi è l'autore del misfatto! XD! La prima metà abbondante, liz l'ha letta A FIANCO A ME *____*! YIPES! Poche parole, aspettatevi un settimo capitolo drammatico e più lungo di questo, perché, sì, adesso so come scriverlo, cosa che mi tormentava dall'inizio della storia XD! Stavolta non faccio promesse riguardo l'uscita però, tanto non riesco mai a mantenerle...

Juuhachi Go @ "No Hope for Cinderella"