III.
«Ma
tu lo sai che dovrai sposarla, quella povera ragazza, vero?»
Basch si passò una mano fra i capelli, stuzzicandosi la cicatrice che
gli tagliava il lobo dell’orecchio, e ricambiò lo sguardo truce
che Vossler gli stava scoccando da sotto le sopracciglia con un bel po’
di sacro(santo) timore.
«Mi preoccupano soltanto le condizioni in cui lascerò quel deficiente…
non hai idea di dove e come ho trovato i suoi calzini domenica mattina!»
Vossler sospirò.
«No, non voglio saperlo.»
Basch scrollò le spalle.
«E poi, Penelo continuerebbe ad andare da Noah il martedì e il
giovedì e… coglione, che cazzo mi fai dire, tuo fratello ha
trentasette anni!»
«Trentasei, ancora!» lo riprese Basch, offeso di riflesso dalla
spinosa constatazione.
«E non credo che Ashe preveda di dormire col cognato che vi chiede se
può dormire nel lettone con vo—»
«Santo Dio, Vossler!»
«Santo Dio davvero» asserì l’amico, annuendo meccanicamente
nel rendersi conto dell’enormità che gli era uscita di bocca –
lo stavano trascinando in una follia che non era meno gratis del suo posto di
lavoro.
«Comunque sì, certo che la sposo… Ashe è l’unico
pilastro di normalità in tutta la mia esistenza.»
«È incredibile quanto ci si possa sentire considerati al tuo fianco,
sai?»
«Senti, già quel marcantonio in passione che ho in casa mi ha messo
il broncio perché “dopo gli toccherà risistemare tutte le
ciabatte nell’altra parte della scarpiera”, quindi non fare il geloso
perché comincio ad averne abbastanza!»
«Ma allora le ciabatte di Buzz Lightyear che hai preso dalla parte di
sotto quando sono venuto a dormire a casa tua non erano sue, erano—»
«Vaffanculo.»
Vossler incassò in silenzio, con la vaga impressione di essersi meritato
almeno quell’insulto, dall’inizio di tutta quella storia.
«Avete il brutto vizio di prendervi tutte ‘ste confidenze con una
persona che non vi ha neppure mai scopati, insomma!»
«… Io mi domando ancora cosa abbia fatto di male quella povera donna.»
«Povera ragazza, povera donna… ma l’hai presa per
una Madonna Addolorata?»
Vossler appoggiò il gomito sul tavolo e bevve l’ultimo sorso di
whisky, evitando un ulteriore commento.
Basch sospirò.
Vossler lo guardò distrattamente per un secondo e, quando lo vide sollevare
la vivace busta della Prénatal, poco ci mancò che non si strozzasse
con uno dei cubetti di ghiaccio nel bicchiere.
Basch inarcò un sopracciglio.
«Ma secondo te i piedi delle tutine non li cuciono un po’ troppo
piccoli?»
«Cameriere, me ne porti un altro!»
*
«Cioè,
io non so se tu capisci, lui… lui si sposa, ecco!» esclamò
Noah, gesticolando forsennatamente.
Per quanto tentato fosse di alzare le mani su di lui, Vossler digrignò
i denti, enumerò mentalmente tutti i consigli del terapista, li mandò
affanculo uno alla volta e strinse i pugni.
«Sì, Noah, lo so, è arrivato anche a me, l’invito.
E di’ a Basch che i fregi d’argento sul cartoncino color panna sono
uno stupro al mio buongusto!»
Noah sembrò far capolino per un attimo dal tunnel del suo dramma personale
per dare un’occhiata alla cravatta del giorno.
«Ma con che faccia mi guardi, se hai dei gladioli stampati sulla—»
Vossler lo fulminò con gli occhi, e Noah si affrettò a desistere.
«E comunque, Basch si sposa!» si risolse a ripetere, con occhio
nuovamente smarrito.
«Dio, come vi odio! Avrai una caterva di pargoli che ti chiameranno
zio Noah, non sei contento?!»
«C-caterva?!»
Vossler lesse il terrore nei suoi occhi, ed ebbe voglia di prendersi la dannata
lingua a morsi.
«Avremo casa invasa di ciucciotti e sonaglini e tutine e buste della Prénatal
e… e—»
«Noah, cerca di calmarti, non avrete, avranno, casomai,
e tu—»
«Come cazzo faccio a calmarmi se ti ficchi nei miei lapsus freudiani?!»
s’inalberò il direttore, pestando i piedi per terra.
«Mi credi se ti dico che è l’unico posto di te dove non mi
ficcherei mai?»
Noah ingoiò la saliva e tossì sonoramente.
«Stai cercando di approfittare della mia condizione psicologica?»
«Lapsus freudiano.»
«Quindi il tuo si chiama Sigmund…?»
«Noah, vai a farti fott—no, meglio star zitti» piagnucolò,
domandandosi per quale motivo fosse lui, fra tutti e tre, ad essere sull’orlo
di una crisi isterica, perché il matrimonio di Basch ispirasse a suo
fratello chiare allusioni a sfondo sessuale e perché cazzo le allusioni
partissero da lui.
«Come puoi pensare al sesso in un momento simile?! Ti sto chiedendo come
farò a sopravvivere senza di lui!»
«E io mi sto chiedendo perché tu non ti stia chiedendo per quale
ragione tu stia per venire alla riunione, al posto di impiccarti con i calzini
di Basch e smetterla di rompermi le palle!»
«Ma allora stavi pensando al sesso!» proruppe Noah, sordo alla rabbia
esasperata che il capufficio gli stava sputacchiando addosso.
«Sappi che sei in vita solo perché Basch è andato a scegliere
le bomboniere e mi serve la tua firma sul contratto con Margra—Noah,
per l’amor di Dio, lascia quel vaso!»
*
«No,
è impossibile, io ci rinuncio!» sbraitò Vossler, liberandosi
di giacca e cravatta mentre si stravaccava con rabbia sulla poltrona del proprio
ufficio, mentre Rasler entrava con una fotocopiatrice in braccio e la poggiava
a terra, bestemmiando in nabradiano nello sforzo di collegarla in maniera decente.
«Dimmi tu se è possibile che due tizi uguali debbano usarmi come
consulente matrimoniale per una relazione che non è nemmeno di coppia!»
ruggì, battendosi ripetutamente la fronte con il palmo della mano, e
dibattendosi fra le scartoffie come un pesce moribondo.
Rasler era costretto a dargli le spalle per snodare i cavetti e sventrare la
dannata macchina, così Vossler non poté vederlo sorridere.
«È ancora determinato a intraprendere la scalata sociale?»
«Ehi, moccioso, chi prendi in giro con quel tono?»
«L’amico di due zii che hanno palesemente perso il lume della ragione!
Ieri mi hanno trascinato a casa loro per farmi spostare roba… uno vagliava
montagne di tutine da zero a sei mesi e uno si struggeva che pareva il giovane
Werther!»
«Cristo santo» commentò Vossler, sgomento.
«Ma meno male che c’era pure zia Ashe, almeno qualcuno aveva le
palle per dirigere i lavor—»
«Zia Ashe?!»
«Non lo dica a Noah.»
«Non dirmi che è geloso pure di te!»
Rasler sbuffò, e Vossler dovette necessariamente interpretarlo come un
assenso abbastanza drammatico.
«Mi ha chiamato il suo ubi consistam.»
«E non ti sei ancora ribellato?!»
«Ma lo vede come sono ridotti? È come sparare sulla Croce Rossa!»
«E che qualcuno sparasse, finalmente!» si esasperò Vossler,
alla vana ricerca di una sigaretta. «Non era a te che stavano sul culo
i classisti?»
«Mi sta davvero istigando all’attentato contro il sangue del mio
sangue?» inquisì Rasler, lasciando la fotocopiatrice al proprio
amaro destino di rottamazione.
«No, Ashe mi troncherebbe le mani per corruzione di minore!»
Rasler si accigliò, non seppe se per l’ambiguità intrinseca
della frase o per essere stato considerato un moccioso.
«Avrei ventun’anni, signor Azelas!»
«Non sperare di scroccarmi una sigaretta solo per questo!» ghignò
il capufficio, facendo scorrere il pannello di vetro della finestra per fumare
in santa pace, in eroico sprezzo del cartello che minacciava cinquecento guil
di multa.
«Vedo che la sua considerazione del personale occupa l’unghia dell’alluce,
negli ultimi giorni!» si indispettì il facchino, increspando le
labbra.
«Karma» replicò Vossler, asciutto, facendo schioccare le
proprie in una risata cattiva.
«Sì, e spero le vada di traverso col fumo!»
«Ma eri permaloso uguale da piccolo? Ci credo che sei l’ubi consistam
di quel campione!»
«Bella roba, mi deve due mesi di arretrati!»
«Aspetta e spera, l’ultima volta gli ho ripescato pelo pelo i registri
contabili dalla lavatrice!»
«Come rassicura i dipendenti lei…»
«Piantala, Occhiblu. Vai a buttare via quello scassone e manda a calci
a lavorare il primo biondone carico di bomboniere che ti passa davanti!»
«Zì badrone!» si invelenì il ragazzo, caricandosi
il malloppo in braccio e sbattendosi violentemente la porta alle spalle.
*
Fra le cose
di cui Basch si sarebbe pentito per il resto della sua vita, matrimoniale o
meno che fosse, c’era il fatto di aver rivelato al mondo – e a Noah
per primo, dato che non disponevano di pareti insonorizzate – di aver
affittato un gigantesco locale alla moda per ufficializzare la sua proposta
di matrimonio, principalmente per sfidare la pressoché inesistente vanità
di Ashe e farle sfoggiare, per l’ultima volta prima che il suo affittuario
prendesse spazio, un raffinato abito da sera taglia trentotto.
«Non ti avevo chiesto di andare a vedere quel box con gli orsetti blu…?»
aveva risposto lei, aggrottando la fronte alla vista del costoso regalo.
«Certo che hai un concetto di considerazione di te stessa che rasenta
la perversione...»
Lei l’aveva baciato ridacchiando.
«Non ti azzardare a prendere le cravatte da Vossler!»
«È l’ultimo de miei problemi, adesso… Noah mi sta riempiendo
l’armadio di roba viola.»
«È impazzito?»
«È mai guarito, piuttosto?»
Sospirarono.
*
Fu una bastardata
non trascurabile, comunque, annunciare la data precisa il giorno prima della
prova con Al-Cid Margrace.
Se non altro perché Noah mise in crisi tutti i principi secondo i quali
mai e poi mai Basch avrebbe commesso un fratricidio.
Non che Noah fosse particolarmente esagitato – almeno non andava declamando
cazzate per casa, e si limitava a percorrerla avanti e indietro senza fare pressoché
niente, come una massaia soverchiata… perché Penelo aveva scelto
il venerdì come giornata libera?
Basch strinse i denti, e persistette stoicamente nel suo intento di chiamare
il locale, la tintoria, i fioristi, Ashe – con cui espose i suoi progetti
omicidi perché potesse dissuaderlo – e Rasler – fondamentalmente
per persuaderlo a prendersene la responsabilità.
Suo nipote diede dei coglioni a entrambi, per poi tornare a bestemmiare contro
la fotocopiatrice nuova e contro Vossler e i suoi sigari cubani del cazzo.
Sperò almeno che la prova sarebbe stata decente.
*
«Un
party! Un fottuto party! Non è normale questa cosa!»
«No, Noah, non è normale! Se vuoi ho il numero del mio terapista
in rubrica!»
Vossler non si aspettò che Noah cogliesse la sottigliezza, e lo trascinò
in ufficio per la collottola.
Inutile dire che diede di matto attraversando il corridoio mentre faceva ritorno
nel proprio, dato che sbatté la testa contro quella di Rasler, che stava
giungendo in suo soccorso con un termos di camomilla.
*
«Ma
chi ha fissato questi orari assurdi per la prova?» ansimò Ashe,
inciampando nei tacchi e tentando di parlare con il suo fidanzato, trasformato
in un ammasso di buste e pacchetti viventi.
«Noah» grugnì la busta della Chicco a Nord-Est.
«Ah.»
Nessuno aggiunse più nulla, mentre si fiondavano su per le scale. Basch
lasciò la sua donna fra le braccia dello staff e se la vide riapparire
in uno scenografico abito rosso e oro nella sala prove.
«Ashelia, mia cara, sei magnifica!» si rallegrò Al-Cid Margrace,
baciandole la mano.
Basch cominciò a contare gli specchi nella stanza, e Ashe esibì
un sorriso ruffiano.
«Merito tuo, carissimo – Basch ed io ci stavamo domandando quando
ci avresti deliziato di nuovo con le tue creazioni!»
Il corso di recitazione dell’anno scorso stava dando ottimi frutti.
Vossler lo guardò.
Noah lo guardo.
Anche Rasler, portando via le scatole con le grucce, lo guardò, rimediando
un torcicollo che neanche un apribottiglie.
«Basch, ma non è che qui finisce come l’anno scorso, che
ha provato a…»
«Vossler, stai zitto, e fai sparire quella cravatta…»
«Ma se finisce come l’anno scorso, allora—»
«Hai detto qualcosa, Noah?» sussurrò Basch a denti
stretti.
«Muto come una tomba, fratellone.»
Un frastuono di grucce si udì dallo stanzino dietro il cartongesso.
«’Uttanatvoia!»
«Per favore, mi recuperate il fattorino?»
«Noah, vai tu, così non fai danni!»
*
«Vedo
che lo staff è caotico come al solito!»
«Tutti giovani pieni di energia!» asserì la modella con una
risata, per poi tornare a fissare con imbarazzo i pizzi del negligé che
fingeva di coprire un capo di biancheria intima che era un inno alla nudità.
«Questo l’ho disegnato su di te!» si pavoneggiò lo
stilista con orgoglio.
«Troppo onore» e Ashe non fu in grado di nascondere del tutto il
sarcasmo, con una rapida occhiata a Basch sulla balconata. Erano al quinto capo
della collezione, nonché al sesto colpo apoplettico del fidanzato.
«Qualcosa non va?»
«Beh, credo necessiti di qualche piccola modifica…»
Lui le rivolse un sorriso affascinante.
«Possiamo discuterne durante la pausa pranzo?»
Ashe sorrise a sua volta.
«Non ci sarà alcuna pausa pranzo, Al-Cid… siamo sotto il
regime di due stacanovisti.»
*
«Al
prossimo triangolino di stoffa per bagasce che le mette addosso, vado lì
e lo strozzo con la tua cravatta!»
«O con la sua cinta borchiata, dato che poco ci manca che la tolga per
calarsi i pantaloni… Però la tua donna si sta difendendo bene!»
«È una vergine di ferro!»
«Ben detto, Occhiblu!»
«Azelas, ci dia un taglio!»
«… Comunque dovete ammetterlo, lui ci sa fare…»
«Noah!»
*
Al-Cid si preoccupò personalmente di stringerle meglio i lacci del corsetto dietro la schiena, facendola voltare verso i direttori e non potendo così notare il “Datemi una mazza da baseball ora” che le sue labbra avevano mimato in direzione del parapetto.
*
«Qualcuno
ha dei popcorn?»
«Ignoratelo, per favore…»
«Al massimo un preservativo, o un paio di cesoie…»
«Ma lo sa che lei è proprio sad—Basch?»
«No, Rasler, mollatemi, io vado e lo smascello!»
«Azelas, lo tenga più fermo—Noah, scendi da lì!»
«Ma non si vede niente!»
«Ma santo Iddio, cosa dovresti—»
«Dio, che nervoso! Ma abbiamo beccato l’unico stilista non frocio
di tutta Ivalice? Adesso basta, io… io…»
«Tu stai fermo e tieni tuo fratello tranqui—Rasler, dove cazzo
vai?!»
*
Anche il
mito della normalità di Rasler venne sfatato in men che non si dica,
e Ashe ebbe davvero la sensazione di trovarsi sola in un manicomio, quando il
suo quasi-nipote afferrò Al-Cid per il bavero della giacca e lo fissò
con l’aria più truce che una faccia da cucciolo potesse ostentare.
«Senta, già abbiamo un paio di drammi in corso, veda di non aggiungerne
un terzo e tenga i tentacoli giù dalla signorina!»
«Tentacoli? Si dà il caso che i miei tentacoli siano fermissimi,
e la vostra rivista ci camp—»
Il poderoso cazzotto di Rasler gli rispedì le parole fra i denti.
L’aveva calibrato abbastanza perché, rinvenendo, lui potesse snocciolargli
un elenco alquanto cospicuo di avvocati e minacce di morte che avrebbero fatto
polpette della loro credibilità.
Fu Basch, con l’eroismo del condottiero, a trascinarli tutti nel suo ufficio.
*
Vossler
e Rasler si guardarono con la tipica perplessità degli uomini feriti,
mentre raccoglievano i cocci dei vasi Ming sparsi ovunque per la stanza.
«Se la rivista non giungerà al tracollo per colpa tua, ricordami
di stimarti.»
«Risparmi le energie per la festa…» sospirò il ragazzo.
Già, se n’era dimenticato.
Guardò Rasler con la voglia di piangere addosso.
Non aveva mai avuto tanto terrore di un sabato sera.
~
A/N 24 maggio 2009, ore 12:54. One to go *_______*! Questa storia mi ucciderà. E stamattina avrei dovuto studiare, fate un po’ voi XD! Come vedete, siamo scivolati nel delirio più totale… immaginatevi il resto! E ci tengo a precisare che nessun esemplare di Al-Cid è stato maltrattato durante la stesura di questa fan fiction è_é.