Titolo: Underneath her breath
Fandom: RG Veda
Personaggi: Souma, Kendappa-ou
Parte: 1/1
Raccolta: Callas went away
Rating: PG13
Conteggio Parole: 340; 300 (LibreOffice)
Note: omosessualità, spoiler sul finale del manga, su prompt di 30_tears
Fra le nuove ancelle di Kendappa-ou, ce n’è una che si strugge d’amore per lei.
Talvolta Souma la guarda correre lungo il colonnato, col viso lentigginoso molle di lacrime. Una mattina, addirittura, le passa accanto mentre la ragazza piange accovacciata fra i vasi di fiori, asciugandosi il moccio con un lembo della veste – una specie di peplo di lino bianco, vagamente ruvido, adatto alle mansioni di una ragazza semplice.
Ha il viso pallido e appuntito, e lunghe braccia gracili. La sua cascata di boccoli biondi e slavati le si regge sul capo perché la sua signora le ha regalato un piccolo fermaglio d’oro, facendoglielo scivolare fra le mani a colazione. Lei si è profusa in ringraziamenti adoranti e s’è inchinata a baciarle lo strascico, più e più volte, e più volte ancora.
«L’imperatore ha distrutto il suo clan,» le spiega Kendappa, mentre il resto dei servi porta via il marzapane e la frutta dalla tavola ancora imbandita «ognuno mostra la propria pietà e la propria gratitudine come meglio ritiene opportuno, non è così?»
Non basta a sciogliere il disagio che Souma sente premere alla bocca dello stomaco – si chiede se sia gelosia, e si sorprende. È davvero capace di provare un sentimento tanto meschino per un’orfanella smunta e di umili origini, che sospira per i favori della regina, e con cui, in fondo, condivide il destino?
Una notte, tuttavia, Souma la trova nel suo letto. Spalanca gli occhi nel buio, e l’alone caldo e fruttato del suo respiro freme contro la sua guancia.
«Signora,» la chiama la ragazzina, quasi senza fiato (chi mai l’ha chiamata così) «cosa devo fare perché voi vi accorgiate di me?» chiede, passando la punta di due dita su una sua coscia, appena sotto la mussola della camicia da notte. Souma capisce di essere stata cieca, e sciocca, e si ritrae come scottata da quella mano esangue e sudata. Accende una candela e si rintana in un lato del letto.
«Vattene,» le intima, con una smorfia.
E lei striscia fuori dalle sue lenzuola, senza guardarsi indietro.
Era una spia di Komokuten – l’intero palazzo si sveglia di soprassalto al suono delle urla e delle stoviglie infrante che giungono dalla cucina. Qualcuno, accorrendo, si taglia i piedi scivolando nei cocci, ma nessuno, con le mani premute sulla bocca, osa avanzare. Souma è l’ultima ad arrivare, infilandosi trafelata fra i domestici, raggelata dalle suppliche che le sue orecchie sono costrette a sentire. La disgraziata giace in ginocchio fra i piatti rotti, il viso sformato dal pianto e il lembo di seta dello scialle della regina avvolto a mo’ di cappio attorno al collo. È Kendappa-ou stessa a tirare l’altro capo, gli occhi lievi, ma la voce scoppia come fuoco.
«Parla, dunque,» la incalza «perché mai il Generale dell’Ovest dovrebbe mandare una delle sue spie nelle mie cucine, per calpestare il mio pane e insidiare la pace della mia casa?»
«L’imperatore—la sua collera—se non dovessi accertarmi della vostra fiducia—la sua collera—» annaspa, le mani strette attorno alla seta in una specie di guizzo convulso, gli occhi, venati di rosso, che lacrimano nello sforzo.
A labbra strette, Kendappa-ou manda un secco strattone e il collo si spezza, e il cadavere resta a faccia distesa a terra, piegato in un angolo innaturale.
«Che ognuno torni al lavoro,» impartisce con un cenno della mano, e tutta la folla si affretta a tornare alle proprie occupazioni. Solo Souma, stordita, resta immobile nel bel mezzo della stanza. È stata cieca e disattenta, di nuovo.
«Non sono stata in grado di proteggervi. Perdonatemi,» boccheggia, con un filo di voce.
Kendappa-ou sorride, le viene incontro leggera, come se neppure camminasse, e le avvolge le braccia attorno al collo.
«Che sciocca,» le sussurra all’orecchio «forse, stavolta, sono stata io a proteggere te.»
Senza aggiungere altro, Souma nasconde un sorriso grato contro la sua spalla.
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A/N 20 febbraio 2013, ore 11:46. La vera sfida di questa tabella, comunque, è la bruttezza invereconda dei prompt, che mi era saltato in mente all’epoca?! Questi sono stati palesemente appioppati insieme dalla sottoscritta perché sono due versi di “Sorry seems to be the hardest word”, se la memoria non mi inganna… La storyline che ho tirato fuori è quello che è, spero di non sfigurare, e spero di non rivedere questa raccolta fra altri cinque anni XD, l’amore per il pairing sovrasta anche il mio cattivo gusto in fatto di tabelle XD. Il titolo viene da “Mission Street” di Vienna Teng.