[Final Fantasy XII] L’usignolo e l’imperatore

Titolo: L’usignolo e l’imperatore
Fandom: Final Fantasy XII
Personaggi: Ashelia B’Nargin Dalmasca, Basch von Rosenburg
Parte: 1/1
Rating: G
Conteggio Parole: 1927 (LibreOffice)
Note: su prompt di 12_teas

L’usignolo e l’imperatore
[12_teas] 04. Chamomile

Rabanastre, anno valendiano 691

C’erano sempre delle buone ragioni per cui una signora non avrebbe dovuto andare a letto, e Lady Ashe – che era non solo una signora, ma addirittura una principessa – le stava tenacemente snocciolando alla governante che, dal canto suo, restava tragicamente insensibile all’audacia quattrenne delle sue argomentazioni.
«Una signora deve conoscere il protocollo dei ricevimenti di Stato!» si lagnò, opponendo resistenza alla mano che la tirava verso i suoi appartamenti.
«Vi prego, milady, i vostri genitori si arrabbieranno, se vi troveranno ancora alzata!»
La principessa si irrigidì e seguitò a fissare la povera donna con un broncio stizzito. La governante, con un sospiro, si guardò intorno, come in cerca di aiuto per arginare le lamentele della piccola protetta, che riecheggiavano nella penombra del corridoio vuoto, illuminato solo dal riflesso aranciato delle torce che splendevano nel salone principale.
Lady Ashe pensò bene di scoppiare in un altro accesso di ribellione, durante il quale solo l’inveterata devozione per la famiglia reale evitò alla sua educatrice di cancellare i sogni dinastici di re Raminas a colpi di battipanni. Decise di sollevare la bambina in braccio di peso e, mentre si accingeva a schiodarla da terra, un’ombra oscurò il già fioco riverbero delle torce lontane.
«Cosa succede?» chiese una voce che fu in grado di porre fine agli strepiti di Ashe.
«Oh, Sir Basch, come sono contenta di vedervi!» esclamò la donna con sollievo, e solo allora si scostò per permettergli di scorgere la sagoma minuta della principessa.
«Non vuole andare a letto» spiegò, scoccandole uno sguardo corrucciato, ma il suo rimbrotto rimase inascoltato.
«Sir Basch!» si rallegrò infatti la piccola, lasciando la presa sulle sue gonne e capitolando a passettini goffi e dinoccolati fino alle gambe del giovane. Con un lieve inchino e un sorriso, Basch abbassò gli occhi su di lei, intenta a saltellare contenta all’altezza delle sue rotule. Sospirando in segno di resa, si inginocchiò e le tese le braccia perché vi si potesse accomodare.
«Vostra Altezza mi permette di scortarla fino alle sue stanze?» chiese il cavaliere, tentando di reprimere un piccolo sbuffo di risa fra i capelli lucenti della principessina, che, nella sua ammirazione per lui, era seria, serissima!
«Toh!» esclamò la governante, divertita, nel vedere come Lady Ashe appoggiava il visetto paffuto al petto del capitano «Potrei quasi essere gelosa!»
Ashe le indirizzò una linguaccia in sordina, sicura della complicità di Basch, che, pur nella sua lealtà, le lanciò un’occhiata in tralice e, con le dovute rassicurazioni alla governante, si allontanò alla volta della cameretta reale.
Nel mentre, stringendo i piccoli pugni sul suo petto, Ashe sbirciava i lunghi capelli biondi e l’azzurro chiaro dei suoi occhi – assomigliava a uno di quei principi che combattevano i draghi nelle sue favole preferite. Con lei era sempre galante e gentile, non si arrabbiava mai nemmeno quando la governante avrebbe voluto sculacciarla. Sapeva un sacco di storie, di ninnenanne e di canzoni, tutte fantastiche. Lei era sempre contenta, quando riusciva a tenersi Basch tutto per sé, per ascoltarlo e fargli tutte quelle domande che i grandi ignoravano.
Basch non era come loro: lui trovava sempre tutte le risposte e le cose belle da dirle, anche se ogni tanto le sembrava tristissimo, così triste che, quando lei si preoccupava, lui nemmeno rispondeva, o diceva “non è niente”.
Quella sera, però, non aveva nessuno sguardo triste: la stringeva cullandola un po’, come faceva il suo papà, e lei poteva starsene accucciata comoda comoda nel suo abbraccio.
Quando entrarono nelle sue stanze in punta di piedi, Basch la infilò nel bozzolo pesante delle coperte, lisciandole la camicia da notte stropicciata.
Guardò con aria intenerita quella bambina che si rannicchiava vicinissima alla testiera del letto, bardata nelle lenzuola come un pulcino nel nido. I suoi grandi occhi lo fissavano come a volerlo pregare, e lui – ben sapendo cosa quel peperino avrebbe voluto chiedere – la fissò di rimando, finché non la sentì dire: «Sir Basch, non ve ne andate… Non mi piace dormire da sola.»
Basch non poté reprimere l’ennesimo sorriso. Chinatosi sulla sontuosa sponda del letto in cui Ashe sembrava una bambola ornamentale, accennò un giocoso buffetto sulla sua guancia, e lei – con l’espressione della pargoletta più felice del cosmo – si sedette contro lo schienale con le coperte sulle ginocchia.
Solo allora lui aggrottò un sopracciglio.
«Pensavo che Vostra Altezza fosse una principessa coraggiosa.»
Aveva detto le parole magiche: nel giro di un secondo, sul visino della principessa mignon si dipinse un broncio talmente tremulo che avrebbe fatto pietà ai sassi.
«Non siete un cavaliere?» bofonchiò, decisamente risentita.
«Certo che lo sono. Avevate dei dubbi?»
Lei scosse il capino a destra e a sinistra.
«No.» brontolò «Ma a voi piace stare con me?»
«Devo proteggervi,» le disse pazientemente Basch «non potrei mai proteggere una persona che mi sta antipatica, milady. E voi non lo siete.»
«… E vi piace sempresempresempre?»
Lui trattenne a stento un’altra carezza, stavolta velata di malinconia: quella bambina e la sua lieta dolcezza rompevano senza difficoltà il vetro posto fra lui e quello che lei rappresentava, ma non era così che avrebbe dovuto funzionare. Quando Lady Ashe sarebbe cresciuta, e lui sarebbe tornato a esercitare il proprio giusto ruolo, lei sarebbe rimasta delusa, così come lui non avrebbe più potuto far nulla per lei, eccetto proteggere la sua persona in ogni modo.
«Sempre. Anche se non posso fare sempre il vostro cavaliere tutto il giorno… e poi, Lord Rasler potrebbe offendersi, se non gli lascio un po’ di spazio» suggerì, ridendo al pensiero della probabile gelosia del principino di Nabradia.
«Ma Rasler è basso.» protestò Ashe a braccia conserte.
«Suvvia, Vostra Altezza,» la riprese il capitano «mia madre mi diceva sempre che nella botte piccola c’è il vino buono.»
Ashe, perplessa, inarcò un sopracciglio.
«Beveva molto?»
«Per gli dèi, no!» esclamò con enfasi, ammettendo a se stesso che l’impressionante proprietà di linguaggio di quello scricciolo gli faceva sempre pretendere troppo.
«È una cosa da uomini, quella» rimuginò lei con aria seria.
«Oh beh… sì, infatti» fece Basch, lasciando cadere il discorso. In pochi attimi di silenzio si guadagnò l’attenzione di due occhietti da cerbiatta.
«Posso raccontarvi una storia?» chiese, pregustando già il suo entusiasmo.
«Sul vino?» inquisì Ashe, elettrizzata.
«No,» disse Basch, ridendo «sul “sempre”.»
La principessa si arrotolò fra le lenzuola come un cucciolo e, distesa a pancia in giù, lo osservò, in attesa delle sue parole.
Basch si schiarì la voce.
«Forse voi non lo sapete, ma un tempo, in un Paese lontano lontano, viveva un re. Un re che aveva tutto, proprio tutto, ma nulla, fra tutte le cose che aveva, era bello quanto il suo giardino. C’erano boschi, laghetti, foreste e migliaia di splendidi fiori d’oro vicino a cui aveva attaccato campanellini d’argento, perché tutti li ammirassero.»
«Non capisco perché solo Dalmasca debba stare in mezzo al deserto!»
«Nel deserto crescono dei fiori bellissimi. Prima o poi vi porterò con me a vederli» le assicurò, prima di proseguire.
«Fra le fronde verdi della foresta, sul far della sera, cantava un usignolo dalla voce così melodiosa da riempire di dolcezza il cuore di chiunque si trovasse ad ascoltarlo. La fama del suo bel canto raccolse nel giardino del re un gran numero di saggi, che cominciarono a scrivere dei libri su di lui.»
«Che razza di re permette dei libri su un usignolo?»
«Il re di una fiaba, Vostra Altezza!» risolse lui, semplicemente «Temo che un libro sul vostro chocobo preferito non riscuoterebbe troppo successo…»
Rammaricandosi sulla questione – come diavolo aveva fatto a indovinare, Basch? – preferì concentrarsi di nuovo sul suo racconto.
«Quando il re lo venne a sapere, pretese subito che l’uccellino giungesse al suo cospetto, ma tutte le ricerche della sua Corte furono vane, finché, un bel giorno, qualcuno non risolse il suo problema.»
«Un cavaliere?» scattò lei, speranzosa.
«Spiacente, Altezza, si trattava di una semplice servetta. Ma potete immaginarvela in armatura, se volete!»
Non era male come idea.
«La servetta condusse a palazzo l’usignolo, che deliziò il re fino a fargli piangere lacrime di commozione. Il sovrano chiese di ricompensarlo, ma lui si accontento del sentimento sincero di quel pianto, anche se il re decise di nominarlo Cantore Ufficiale di Corte, e di offrirgli dimora in una gabbia dorata.»
«E l’usignolo ne fu contento?»
«Beh, in realtà faceva delle passeggiate con le zampine legate a un nastro – un po’ come le vostre dame fanno con voi, insomma.»
«Quindi aveva vita dura, eh?»
«Voi avreste sicuramente potuto capirlo, non ne dubito. Alla lunga, quella vita lo afflisse così tanto da illanguidire la sua musica. Un giorno, poi, dovette fuggire in esilio: l’imperatore del Paese confinante fece dono al suo re di un usignolo tutto d’oro e zaffiri, che una molla faceva cantare a comando, di cui lui fu felicissimo, dato che non se ne separava mai.»
«Era davvero tanto solo.»
«Immensamente. Voi amate Dalmasca e coloro che vi sono attorno, lui non amava che se stesso.» la lodò Basch. Con un fiero sorriso, la principessa si cullò nel seguito della vicenda.
«Il re ascoltò la musica meccanica fino a logorare le molle che la suonavano e, quando il finto usignolo smise di cantare, divenne inconsolabile.»
«Come quando non si ha la mamma?»
«Quasi. Il suo dolore crebbe ancora e ancora, a dismisura! Gelò la sua pelle e annebbiò i suoi occhi, fino a costringerlo a letto. Nemmeno i suoi ministri, impegnati a scegliere un nuovo re, andavano a fargli visita.»
«Voi invece mi portate i dolci, quando ho la febbre!»
«Sì, ma vi prego di non farne parola con vostro padre… dice che vi rovinano i denti.»
«Giurin giuretto!»
Basch proseguì, lieto della sua gioia.
«Quando già la morte pesava sul suo petto, un cinguettio dissipò il suo freddo: dalla finestra era entrato l’usignolo, quello vero, con i suoi gorgheggi meravigliosi, talmente struggenti che la morte, inebriata, si dileguò.»
«Fantastico! Dobbiamo provarci!»
«Beh, di certo per il re fu più che fantastico: con mille singhiozzi e mille ringraziamenti chiese di nuovo che l’usignolo riprendesse il suo posto a corte, ma egli rifiutò.»
«Non si gabbano gli usignoli onesti più di una volta» commentò posatamente Ashe.
«Saggia osservazione, Altezza. L’usignolo fu più diplomatico. “Il mio canto sta bene nella foresta, e la mia ricompensa me la diedero le vostre lacrime quel giorno lontano. Tuttavia, se lo vorrete, io sarò i vostri occhi e la vostra voce in tutto il reame, vi riferirò i malcontenti vedendo con il mio sguardo e volando di villaggio in villaggio, allietando le fatiche del vostro popolo con la mia musica!” disse, e il re fu lieto di accettare, nonostante questo avrebbe allontanato da sé il suo prezioso amico. In cambio, visse prospero e felice per molti anni ancora, con il suo aiuto. Anzi, quella stessa mattina accolse con un “buongiorno” i ministri che lo credevano moribondo.»
«E… e l’usignolo fece tutto questo solo per lui?»
«Parola mia, Altezza. Io lo farei, per voi.»
«Davvero?» fece Ashe, illuminandosi tutta.
«Davvero. Arriverà un giorno in cui non potrò più portarvi in braccio, leggervi le fiabe o starvi accanto. In compenso, però, diverrò i vostri occhi, la vostra voce, la vostra spada. Vi proteggerò sempre, con ogni mezzo, finché potrò, finché—»
Una manina di Ashe arrestò il suo tentativo di alzarsi.
«Sì, Sir Basch, però… Solo stasera. Finché non mi addormento.»
Piccola incorreggibile adorabile peste.
Basch sospirò.
«E sia. Finché non vi addormenterete.»
«Promesso?»
«Promesso» rispose lui, osservando come il suo sonoro, infantile sbadiglio avesse fatto fremere la fiamma della candela. La vide socchiudere gli occhi nell’appoggiare il piccolo palmo sulle nocche della sua mano.
Sorrise.
Promesso.

~

A/N 22 novembre 2008, ore 0:58. È tardissimo, accidenti! È inutile, ‘sto benedetto set me le tira fuori come ciliegie, io obbedisco soltanto di getto, e in gran parte a scuola, argh XD! Grazie alla liz per l’apprezzamento, e per avermi suggerito questa deliziosa fiaba di Andersen <3. La sua carineria trasforma Basch in un cantastorie! E perché questi riescono ad essere un pairing anche così? X°DDD

Mi nanno, che è meglio XD.

Juuhachi Go.

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