Titolo: The old ways are lost
Fandom: Final Fantasy XII
Personaggi: Ashelia B’Nargin Dalmasca, Basch von Rosenburg
Parte: 1/1
Rating: R
Conteggio Parole: 1296 (LibreOffice)
Note: what if e un poco nsfw, per il Prompting Post
[The Prompting Post] Basch/Ashe, vestizione
Al piano di sotto, musicisti accorsi da ogni parte del regno stanno pizzicando la musica per le tue nozze da arpe e violini che un orecchio allenato come il tuo è ben capace di distinguere, anche in un così discutibile stato di confusione.
Dal ricamo delle tende, che qualcuno ha tirato male ieri sera, entra un sole bianco che sembra nordico – i prodigi che accadono il giorno del proprio matrimonio di sangue blu, ti dici, e non sai che divinità ringraziare per non aver suggerito allo sposo l’idea di venirti a svegliare.
Basch dorme ancora, accanto a te, un braccio sotto la testa e un’espressione abbandonata e morbida sul suo viso, i capelli biondi e arruffati che gli fanno da cornice.
Ti sporgi su di lui con esitazione, attenta a non smuovere il braccio che ti cinge la vita, anche se sai che dovresti, e sfiori qualcuna di quelle ciocche nel tentativo di riassettarle, e magari di svegliarlo.
Non guardi il letto.
Sai che, se lo facessi, noteresti subito la tua verginità versata sul lenzuolo a piccole gocce, nel piccolo spazio fra di voi, il che ti toglierebbe la necessaria fermezza per simularne una al momento opportuno.
Lo guardi ancora, cercando gli occhi sotto le ciglia. Le tue dita si muovono incerte lungo la sua guancia – hai di nuovo paura di toccarlo, com’è giusto che sia.
Tu ami Rasler.
Immensamente.
Ne sei assolutamente convinta.
È per questo che ti senti orribile, adesso – il tuo cuore è un frutto marcio che pesa come una testa umana, perché sai che l’hai tradito, e non ancora riesci a spiegarti il perché.
Ieri sera, Basch era venuto a farti le sue congratulazioni, con già l’armatura da cerimonia addosso – ha l’accesso alle tue stanze da quando eri bambina, e nessuno di voi due pensava certamente a una cosa del genere, quando è spuntato come al solito, con passo marziale e, sì, d’accordo, con una luce mesta negli occhi.
Tu eri già in camicia da notte, perché dovevi essere fresca e riposata per stamani, e l’hai guardato con un briciolo di sorpresa – e quell’armatura stesa lì, sul suo petto, quella istoriata che nessun cavaliere usa mai, ti ha dato l’esatta misura di quanto la tua infanzia fosse già lontana. E hai avuto paura, senza che nessuno te l’avesse mai insegnato.
Basch non avrebbe lasciato il tuo fianco, dopo le tue nozze, semplicemente perché tu sei destinata a Dalmasca, e saresti rimasta dov’eri.
Ma quando lui si è seduto sul bordo del letto, e ti ha detto che un giorno Lord Rasler avrebbe fatto di te la regina più magnifica che cavaliere avrebbe mai servito, tu l’hai guardato negli occhi troppo da vicino, e qualcosa, nel tuo cuore, si è rotto come un ninnolo di vetro.
Sei abituata a nascondere intoppi simili.
Ma Basch è abituato a scovarli.
Hai inghiottito senza nascondere gli occhi, dato che non sei una vigliacca, ma, quando hai sentito la tua stessa mano sulla sua guancia, hai realizzato che avresti preferito esserlo.
«Basch, io—»
Tu hai nascosto la tua bocca all’angolo della sua – e te ne sei vergognata terribilmente, e ti è sembrato che la candela fosse troppo vicina perché il viso ti bruciava, e l’hai fatto di nuovo, un braccio che è scivolato sulla sua spalla per farti più vicina.
«Milady—» ti ha bisbigliato lui, quasi spaventato, ma non gli hai risposto, l’hai osservato un attimo con le labbra che ti tremavano – come una cortigiana stupida! – e gli hai preso il viso fra le mani.
Quando hai sentito il cuore di Basch gonfiarsi contro il solido metallo che portava sul petto, il suo labbro inferiore si è impigliato nel tuo – e non hai più potuto distinguere chi davvero tremasse, perché l’hai abbracciato, attirandolo contro di te sulle lenzuola della tua stanza da bambina, e hai cercato con le dita quei punti nell’armatura che le tue nobildonne ti hanno insegnato a cercare per vestire e svestire il tuo futuro sposo.
«Mia signora…» ha mormorato fra i tuoi capelli, il calore del suo corpo che bruciava i veli della tua camiciola come una fitta – lo sapevi cosa voleva dirti, e cosa avresti dovuto rispondere, ma non ha detto nulla, in realtà, e ti ha stretta quasi fossi stata un cardellino, baciandoti come non avresti mai creduto, facendoti meno male di quel che narrano le leggende a palazzo.
E adesso siete qui, e sai bene che di quell’amore non hai di che fartene perché semplicemente non puoi.
Lo svegli.
Un bacio sulla fronte.
«Basch… dobbiamo—»
«Sì» ti interrompe lui, un filo di sguardo che affiora da sotto le palpebre.
Una parte di te attendeva un no, mentre lo guardi che si mette a sedere sul lenzuolo in cerca dell’armatura.
«No.»
«Cosa?» ti guarda sorpreso – forse anche lui si attendeva un no, prima.
«Faccio io» dici, togliendogli l’armatura dalle mani per allacciargliela addosso.
Lo senti che obbedisce.
Le tue mani rimettono a posto ciò che hanno disfatto, con la religiosa lentezza di un rituale, e Basch ti guarda dallo specchio di fronte – se si voltasse ti intralcerebbe, se si voltasse non potrebbe lasciarti andare mai più – la consapevolezza lo spaventa quanto spaventa te, adesso che le tue stesse dita l’hanno riconsegnato al suo ruolo – ma tu sei ancora nuda fra le lenzuola, e Basch può permettersi di guardarti una volta ancora.
I suoi occhi accennano all’armadio aperto accanto alla specchiera, dove l’abito bianco e oro scintilla come le vestigia di una farfalla.
«Vi converrà rinfrescarvi un attimo» suggerisce, recuperando la sua compostezza, ed è con la stessa tranquillità che ti fissa, dopo, quando le sue mani ti tolgono l’accappatoio dalle spalle asciutte.
Percepisci appena che la sua bocca vi si poggia, prima che lui ti tinga le labbra e le palpebre con inusitata precisione, prima che ti imbrigli nella ricca biancheria che correda il vestito, ti chiuda nella morbidezza delle sue sottane, ti fissi nelle sue lamine d’oro, ti avviluppi nel bianco piumato bozzolo del suo velo poco a poco, poco poco poco, ti sembra che quel gesto che hai così fervidamente atteso non valga niente. Non ti chiedi nemmeno come abbia fatto a infilarti in un abito complesso come quello – forse anche a lui è stato insegnato come vestire e svestire la sua futura sposa?
Non hai tempo per baciarlo: dovresti sollevare il velo, ma crotali e cimbali, liuti e violini, nacchere e arpe già rumoreggiano dietro la porta.
Quando tuo padre e il suo corteo di musicanti la spalancano, i gioielli nuziali sono ordinatamente distesi sul letto rifatto, e il capitano von Rosenburg, giunto a scortare la sposa come tradizione esige, è in ginocchio davanti a te, le labbra che fingono di toccarti la mano, ma non lo fanno perché l’etichetta lo vieta.
Chini il capo, piano – sai di scintillare come oro al sole, sei oro al sole – e accetti che conduca le tue dita in quelle di tuo padre, e la musica si riaccende, laddove si era zittita per poterti ammirare.
Le dita nodose di tuo padre allacciano su di te i gioielli di tua madre. Allunga una carezza sul tuo viso.
È un garrulo corteggio di fiori e confetti, quello che discende la scalinata insieme a te.
Basch non ride – il compito di un capitano è di stare all’erta senza distrarsi.
Tuo padre ha l’aria grave di ogni re, che non si chiede perché le ancelle addette a prepararti stiano spuntando dal fondo della gradinata e non dalle tue stanze – quelle ragazze sono efficienti e rapide come uccellini, ma, se lo sta pensando, lo sta facendo con cupi pensieri.
Stando a te, sei lieta che questo giorno sia un giorno di sincera commozione, che faccia di te una moglie e una donna, che t’imponga un velo.
Temi che il kajal si stia sciogliendo tutto.
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A/N 9 aprile 2009, ore 20:11. Sì, lo so che il fatto che Basch trucchi e vesta una sposa non si regge in piedi, e non era nemmeno in programma all’inizio, ma… ç___ç ma… ma lo sappiamo che Basch sa fare tutto, e poi era così carino ç___ç!! Scritta per un prompt di Shu sulla mia challenge permanente @ livejournal, sull’influsso di Tango to Evora di Loreena McKennitt. Era l’unico modo che avevo per evitarle spoileracci… e confesso che è anche per il fatto che l’idea di Rasler disperatamente cornuto abbia un anche troppo malsano fascino sulla mia immaginazione… gh.