[Final Fantasy XII] Disentangle

Titolo: Disentangle
Fandom: Final Fantasy XII
Personaggi: Ashelia B’Nargin Dalmasca, Basch von Rosenburg
Parte: 1/1
Rating: G !!!! in periodo di p0rn Fest sento che questa sia una cosa gravissima X°DDD
Conteggio Parole: 792 (LibreOffice)
Note: spoiler sul finale del gioco, scritta per il Tea Time di Michiru del 30/01/2010, prompt #1.

Disentangle
[Tea Time 30/01/2010; 01. Capelli]

«Lo faccio io» disse Ashe, in un soffio lieve, ma che non avrebbe ammesso repliche.
Due occhi azzurri si spalancarono sorpresi nel sontuoso ovale dello specchio, in cui si era esaminata un’intera dinastia di regine, e in cui, adesso, Basch osservava il riflesso di Lady Ashe con le dita tese verso le forbici.
L’ex-capitano si guardò intorno, palesemente a disagio, e cercò di non indugiare con lo sguardo sull’armatura di Noah – più di qualunque altra cosa gli suscitasse a livello personale, gli sembrava una deliberata aggressione, indossarla fra quelle quattro pareti, per quanto considerazioni del genere fossero del tutto estranee alla sua natura. Più e più volte, nel corso di quel viaggio, lui e Balthier si erano dimostrati gli unici fermamente decisi a riportare Ashe nei ranghi di una scelta deliberata secondo ragione – secondo giustizia, priva dei legacci delle pulsioni sentimentali e irrazionali che minacciavano di guidare i suoi passi nella direzione più sbagliata possibile.
Ed eccolo lì, adesso, con le vestigia di un fratello morto addosso, nascosto nel cuore più privato degli appartamenti reali – dov’è che una regina avrebbe nascosto un uomo morto, dopotutto? – a meravigliarsi di quella mano che domandava di tagliare l’ultimo legame che teneva Basch von Rosenburg ancorato a se stesso, e, forse, si disse, guardandola con più attenzione del dovuto, anche a tutto il resto.
«Non siete obbligata, Maestà.»
Ashe rise appena.
«Se dovessi enumerare tutti gli obblighi che ho nei vostri confronti, Basch, credo che non terminerei neppure nottetempo…» disse, prendendo le forbici dalle sue dita e prendendogli le tempie fra le dita per fare in modo che il capo fosse esattamente perpendicolare allo specchio.
«Non scherzate, Maestà. Mi avete restituito me stesso, e mi avete restituito una ragione per restare tale.»
«Sì,» ribatté lei, con una punta di amarezza «il tempo necessario per togliervi tale piacere e farvi indossare un’altra maschera» e, nel sentirglielo sussurrare, Basch riuscì appena a trattenersi dall’arrossire come un ragazzino: stava districando le ciocche aggrovigliate e umide dei suoi capelli con le dita, percorrendoli fino alla nuca in in gesto che, lungi dall’organizzazione propiziatoria di una parrucchiera, aveva tutta l’aria di una lunga, distratta, intima carezza.
Restarono in silenzio tutto il tempo.
Radi bioccoli biondi cadevano senza rumore sul tappeto e, di tanto in tanto, Basch osservava la regina esitare, nel guardare l’immagine che entrambi offrivano allo specchio, mentre i suoi polpastrelli allontanavano i capelli che minacciavano di rotolare nell’interstizio dell’armatura, sfiorandogli appena la pelle, con quel suo tipo di dolcezza un po’ rigida e schiva, che si cristallizzò in un attimo di stupore quando entrambi contemplano la riuscita dell’opera, e Lady Ashe realizzava davvero quanto del Giudice Gabranth si stesse riflettendo sul vetro.
Fece per appoggiare le forbici sul tavolino, ma la mano di Basch raccolse con calore la sua, e le dita si intrecciarono inciampando fra di loro nel lasciare lo strumento sul ripiano.
«Vi ringrazio, Vostra Maestà» disse, fissando l’immagine, e non lei, perché guardarla significava guardare indietro, significava cadere nella trappola che gli stava tendendo il nodo che sentiva nello stomaco e compiere la scelta inconsulta di restare, obbedendo allo stesso impulso a cui lui l’aveva sottratta.
Significava semplicemente rendersi conto che, nel giro di un solo giorno, neppure uno specchio le avrebbe ricordato il suo viso.
Tossì con imbarazzo, nel notare che Lady Ashe non aveva risposto nulla, e, tutto preso dall’ansia di aver detto qualcosa di sbagliato, fu troppo tardi per rimediare, quando la vide chinarsi piano sul suo viso, in barba al suo tentativo di tirarsi indietro, una mano che si chiudeva dietro al suo collo in una carezza, sospingendo nell’incavo dell’armatura una virgola dorata sfuggita alle sue attenzioni.
Basch ne avvertì vagamente il solletico, quando lei lo baciò appena, soffiandogli il proprio respiro sulle labbra e lasciando, per un momento, che il viso di Basch si abbandonasse morbido fra le sue dita.
«No,» sussurrò, facendo tremare le parole nello spiraglio che separava la propria bocca dalla sua «sono io, a dover ringraziare voi.»
Basch sorrise, e pensò che questo gli garantisse un automatico permesso per sollevare una mano e tracciare la curva di quella guancia, se non altro per portarsi via una traccia che non fosse solo negli occhi.
Restarono in silenzio, di nuovo, mentre Basch, alzandosi dalla poltrona in un lieve sferragliare, chinava appena il capo e la guardava un’ultima volta prima di voltarsi.
«Non… non li asciugate?» fece, interrompendo i suoi passi verso la porta e pentendosene immediatamente nel realizzare l’inutilità della domanda. Basch, guardandosi indietro, la colse che si mordeva il labbro come una bambina, e rise – rise davvero – con più luce di quanto Lady Ashe gliene avesse mai vista addosso.
«Ci penserà il sole.»
E quando Ashe disse che aveva ragione, Basch era già lungo il corridoio.

~

A/N 30 gennaio 2010, ore 19:52. Sappiate che nulla di tutto questo era premeditato nonostante questo sia, tipo, il kink worksafe Basch/Ashe che volevo scrivere da un anno e mezzo XDDD! Tutto merito di Michiru e del Tea Time a tema parti del corpo XD doveva essere una flashfic e sono uscite fuori quasi ottocento parole, celebriamo XD! Anche perché è la prima fic che comincio e finisco sul pc nuovo… ♥! Mille grazie a Def per il beting puccio XD
*Nota della nota: solo dopo averle dato un titolo mi sono resa conto che il verbo che ho usato è praticamente il gesto che Ashe fa nello spicciargli i capelli, amo il mio cervello*

Juuhachi Go.

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