[Tokyo Babylon] The High Priestess

Titolo: The High Priestess
Fandom: Tokyo Babylon
Personaggi: Hokuto Sumeragi, un pochetto di Subaru Sumeragi
Parte: 1/1
Rating: G
Parole: 791 (Word 2019)
Note: per il Writober 2020; vago angst

The High Priestess
[Writober 2020] #14 – Carte

Aveva dodici anni quando decise di mettere in scena il suo primo Grande Atto di Ribellione™, calandosi dalla finestra della cucina con una corda fatta di presine da forno (e un mezzo incantesimo di levitazione che andò a segno per miracolo) per raggiungere il mercatino dell’usato: aveva adocchiato un mazzo di tarocchi scintillanti, e aveva protestato quando la nonna era rimasta impassibile alle sue blandizie. Neppure ai capricci aveva ceduto, rimproverandola, anzi, con un’asprezza che quasi l’aveva stordita. Quando Subaru ebbe di che rincarare la dose, Hokuto sentì lo scorno trasformarsi in un’indignazione che le scottò tutto il corpo fino alle dita dei piedi.
«Ma Hokuto-chan!» gesticolava Subaru, disperato, inseguendo il suo fuoco lungo il perimetro della cameretta «Lo sai anche tu che non possiamo farci predire il futuro!»
«Tecnicamente, vorrei predirmi il mio, da sola!»
Suo fratello scosse la testa con aria grave. «È magia da bancarella e tu lo sai. Non sai cosa può succedere, e sai anche che con la magia occidentale non dobbiamo immischiarci!»
Hokuto lo guardò di sottecchi.
«Ancora con questa storia?!» esplose all’improvviso, facendo fare al suo gemello un salto all’indietro «Ti ho detto che non l’ho evocato io, il demone, mentre giocavamo a Cluedo l’altra sera! A malapena riesco a conciliarmici il sonno, con la magia!»
«Smettila, sei insopportabile, quando fai così!» sbottò Subaru, rimboccandosi i calzini di spugna sulle caviglie, per poi marciare verso la porta, facendo ben attenzione a sbattersela dietro le spalle con gran fracasso.
Rimasta sola a ruminare il proprio disappunto, Hokuto si grattò un braccio da sopra la lana ispida del maglione. Non litigava mai con Subaru, e si scoprì quasi cattiva nel constatare che, stavolta, l’evento, nella sua rarità, non riusciva a rattristarla.
Ciabattò in cucina per andare a chiedere scusa.

*

Non luccicavano davvero, dovette ammettere, mentre se li lisciava fra le mani in un unico blocco di soddisfazione.
La confezione che li teneva chiusi era molle d’utilizzo, tutta strappata qua e là. I disegni, una volta probabilmente laminati, s’erano fatti gialli del fumo di sigaretta stantio di qualche salotto. Su qualche carta, le tarme sembravano aver pasteggiato abbondantemente, in quei punti in cui il rivestimento di plastica si era sollevato, arricciandosi in un boccolo di usura. Rabbrividendo all’idea di poter essere sorpresa da Subaru o, peggio ancora, dalla nonna in qualsiasi momento, se le passò tutte in rassegna avidamente, girandole da un lato e dall’altro mentre armeggiava col foglio delle istruzioni: seppur frusto e spiegazzato, era – incredibile a dirsi – ancora nel pacchetto. Gonfiò le guance in una pernacchia delusa quando vide che persino quelle raccomandavano di affrontare la cartomanzia con cautela e! di usare rigorosamente due mazzi, uno per la divinazione destinata a se stessi e uno per la divinazione altrui. Alzò le sopracciglia, ammirata: per essere magia posticcia, inventata a caso da un aristocratico annoiato e possibilmente pure megalomane, cercava comunque di darsi un tono. Fece spallucce: ad ogni modo, dove lo trovava un altro mazzo? Già procurarsene uno era stato difficile. Per quanto fosse affascinante pensare al business che gli squittii delle sue compagne di classe avrebbero potuto fruttarle, la nonna le avrebbe sicuramente stroncato la carriera sul nascere con una tirata di collo.
Andò addirittura a prendersi una candela e, dopo un attimo di esitazione, pure il turbante: da qualche parte, Subaru aveva un bellissimo obi tutto azzurro, ricamato a gru gialle e rosse.
Si sedette a gambe incrociate sul pavimento, la candela ben salda con due gocce di cera sul fondo di una vecchia ciotola per il ramen, e si mise ad estrarre i tarocchi dal mazzo, disponendoli (occhiata al foglietto) con un vezzo di consumata professionista.
Si fregò le mani ridacchiando, poi aprì bene le istruzioni, strizzando gli occhi alla luce della fiamma, per appoggiare le carte con più cura, controllandole una ad una. Un brivido le pizzicò le vertebre del collo. Le guardò ancora e ancora, come se la loro imperfetta scienza di rigattiere le stesse facendo qualche mostruosa boccaccia. Quando posò l’ultima carta, l’entusiasmo le era diventato gesso sulla faccia. Improvvisamente, la cameretta le sembrò troppo fredda. Si alzò di scatto, sparpagliando il suo operato con la punta della ciabatta.

*

Nella fretta di abbracciare il gemello, tutto chino sui sutra, quasi gli diede una testata. «Scusa, Subaru» e tirò su col naso. Subaru, un po’ sorpreso, capì che tutta la sua spavalderia da marachella era sparita, e che era davvero dispiaciuta. La guardò con più attenzione, e vide che Hokuto-chan era bianca come un cadavere.
«Avevi ragione tu, era proprio magia da bancarella.»
Per qualche ragione, improvvisamente stanco, Subaru si tenne il rimbrotto sulla lingua e si lasciò abbracciare in silenzio. La faccia di sua sorella premuta sullo shikifuku gli lasciò addosso le chiazze glitterate del suo ombretto.

~

A/N 14 ottobre 2020, ore 22:26. I tarocchi sono una delle prime cose che mi sono venute in mente, scorrendo la lista dei prompt, ma non so se la caratterizzazione di Hokuto mi convince, e il titolo è lì più per il momento che per il significato. Nessun tarocco è stato letto o maltrattato ai fini della stesura di questa fanfiction XD.

Juuhachi Go.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *