[Tokyo Babylon] Phantom thread

Titolo: Phantom thread
Fandom: Tokyo Babylon
Personaggi: Subaru Sumeragi, Hokuto Sumeragi
Parte: 1/1
Rating: G
Parole: 853 (Word 2019)
Note: per il Writober 2020; vago angst e canon a casaccio XD

Phantom thread
[Writober 2020] #15 – Incenso

«Non funzionerà mai.»
«Se parti così, però, ciao, eh» osservò Hokuto-chan, senza smettere di scuotere la testa, le manine che, lisce e immacolate, disponevano i bastoncini sull’altare improvvisato. Lo smalto elettrico sulle unghie sembrava vaporizzare la solennità del rituale, avvicinandolo, piuttosto, alla marachella che si prefiggeva di diventare.
«Non sei curioso di sapere com’erano papà e mamma?» borbottò, ferita dalla sua mancanza di entusiasmo.
«No, I morti vanno lasciati dove sono» replicò lui, stringendosi nelle spalle con diffidenza.
Più protetta dietro i paraventi delle retrovie, Hokuto-chan tendeva a sottrarsi dagli aspetti più macabri degli esorcismi: Subaru era più che lieto di poterglieli risparmiare, ma cominciava a temere che le mancasse la visione d’insieme. Si lisciò lo shikifuku e si alzò in piedi. Chinandosi su sua sorella, spense i bastoncini d’incenso, l’aroma speziato che impregnava tutto lo sgabuzzino delle scope. Consapevole della mancanza di lirismo del proprio immaginario, si rese conto che l’aroma gli ricordava sia un buon ristorante indiano che il pout-pourri nei loro armadi. Storse il naso: l’accostamento era proprio stupido, certo, ma era reduce da un lunghissimo esorcismo che comprendeva la testa fluttuante di un monaco buddhista che infestava uno stivaletto Prada, e l’odore del mestiere, oltretutto, era quel che era: se lo trovava attaccato tutto il giorno fino in bocca. A stento lo percepiva, ormai, e, quando invece lo riconosceva, non trovava che termini estremamente domestici per descriverlo.
«Vieni con me» e prese Hokuto-chan per mano, un po’ sdegnato dalla sua leggerezza: il fastidio gli scorreva nei polpastrelli come un guizzo di corrente.
Per Subaru, il vantaggio della futura successione a capofamiglia del clan Sumeragi risiedeva, fondamentalmente, nelle Chiavi.
Erano grosse, di bronzo pieno, antico, severo nella gravità del suo peso. Erano inanellate in un cerchio massiccio che pareva il batacchio di un portone. Su Subaru – e solo su di lui – ricadeva la responsabilità inderogabile di custode, per conto dell’attuale capofamiglia. A onor del vero, l’interesse di Subaru in quanto rampollo gravitava attorno alla Chiave, quella che chiudeva l’accesso agli Archivi.
Gli Archivi del clan sedevano al centro della dimora di famiglia almeno dal IX secolo d. C.. Guerre, incendi e inondazioni avevano attentato più di una volta al patrimonio rinserrato nelle loro mura, ma gli incantesimi che facevano loro da puntello erano stati intessuti come seta stretta, attraverso le maglie della quale nulla riusciva a filtrare, compresa la muffa. Ammutolita, Hokuto-chan si lasciò trasportare docilmente fino al portale di legno massiccio, dipinto e decorato in modi che mettevano decisamente in risalto il gusto scenografico – per non dire pacchiano – dei loro antenati tutti.
«Sono gli Archivi?» chiese, sporgendosi sulle punte dei piedi per sbirciare oltre la spalla di suo fratello. La sua voce uscì come un lieve bisbiglìo, coperto dallo sferragliare di Subaru contro la serratura, che mandava un suono elastico di molle e shamisen: che la porta fosse pacchiana non c’era dubbio, ma non per questo gli Antenati erano degni di minor rispetto. Quando Subaru riuscì finalmente ad aprirla, corredando i suoi sforzi di pulcino con una spallata, Hokuto dovette riconoscere che il suo sdegno si era rappreso in favore della curiosità. Sghignazzando fra sé e sé all’idea di averla lasciata senza parole, Subaru prese un fiammifero e accese la vecchia lampada ad olio agganciata accanto alla porta. «Niente torce elettriche,» spiegò a mezza bocca, la voce sottile come polvere «le onde elettromagnetiche disturbano gli Antenati.»
Personalmente, Hokuto rimase scettica: si trattava sicuramente di un escamotage di suo fratello per tenere alta l’aspettativa, dato che la stanza che si celava dietro al maestoso portale aveva ben poco di maestoso: i grandi rotoli erano stipati fitti fitti su altissimi scaffali di metallo, che davano alla stanza spoglia e buia l’aspetto un po’ triste e formale di una biblioteca statale. Vetusta, certo, ma ordinaria, a cui solo le parole di Subaru, che evidentemente promettevano ectoplasmi Sumeragi in giro, avevano aggiunto un po’ di pepe.
«Beh?»
Subaru, in tutta risposta, si mise un dito sulle labbra e le fece cenno di reggergli la luce, mentre srotolava uno dei reperti, che era, grazie al Cielo, in uno dei ripiani più bassi. Sciolse delicatamente il sigillo e lasciò che lei gli si accovacciasse vicino per leggere insieme a lui. Ben presto, il viso le si arrotondò in una o sorpresa.
«Qui ci sono gli esorcismi?»
«Tutti gli esorcismi eseguiti dai Sumeragi.»
«Tutti?»
«Sì» annuì Subaru, serio.
Hokuto si rese presto conto che nessuna di quelle storie si lasciava raccontare volentieri: morte, odio disperazione, tutti sentimenti negativi che riaffioravano sulla terra e sul piano umano sottoforma di rigurgiti grotteschi e pestilenziali.
«Se li evochiamo, è questo che vedremo, di loro.»
Lei, però, non lo ascoltava più, il capriccio già dimenticato. Gli gettò le braccia al collo, in barba al rotolo da mille anni.
«E tu, da solo, porti tutto questo peso?»
Subaru fece spallucce nel suo abbraccio.
«Devo.»
«No, non così.»
Subaru, un po’ commosso, la prese di nuovo per mano. Col cuore pieno, non riuscì a sentire le due presenze che rendevano sottile l’aria attorno a loro, gli occhi verdi che ridevano appena: certe volte, persino i rotoli del clan potevano aver torto.

~

A/N. 15 ottobre 2020, ore 22:31. Questa storia si è praticamente pensata mentre la scrivevo andando a caso. L’unico suo nucleo certo, però, deriva dal prompt: l’idea mi è venuta dal fatto che, nei cimiteri buddhisti, si porta l’incenso, al posto dei nostri fiori, perché le anime dei morti se ne cibano. Non chiedetemi dove l’ho letto, ma sono sicura di ricordarmelo con precisione XD. Comincio a temere che questa caratterizzazione di Hokuto derivi, in realtà, da una mia BBI del 2012 e che, in teoria, vorrebbe rappresentarla piccina piccina, ancora inconsapevole di quanto suo fratello sia carico di magia e responsabilità… ma dubito le sarebbe mai stata permessa una simile leggerezza. Come la fic #14, anche in questo caso non mi ha convinto molto, parlare di lei così.

Juuhachi Go.

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