[Final Fantasy XII] Masquerade

Titolo: A toast to the bride
Fandom: Final Fantasy XII
Personaggi: Basch von Rosenburg, Ashelia B’Nargin Dalmasca
Parte: 1/1
Rating: NC17
Conteggio Parole: 1274 (LibreOffice)
Note: nsfw, spoiler sul finale del gioco, scritta per il P0rn Fest #2 @ fanfic_italia.

Masquerade
[Italian P0rn fest #2 @ fanfic_italia] Basch/Ashe – thronesex

Dicono che Sua Maestà abbia sussurrato «Di noi non parleremo», pettinandosi nervosamente i capelli davanti allo specchio – li porta troppo corti perché le ancelle possano aiutarla. Qualcuno dice che si sia avviata con rigida risolutezza verso la sala delle udienze, un piccolo drappo di cavalieri e consiglieri a seguire lo strascico azzurro e argento dei suoi abiti da cerimonia. È regina da un mese, ma in realtà lo è sempre stata nell’animo – questo è un dato di fatto.
A firmare ufficialmente il trattato di pace con Archadia c’erano Lord Larsa e il Giudice Magister Gabranth.
Tutti hanno applaudito, quando la regina ha vergato la propria firma sulla pergamena, levando i calici a quel futuro in cui aveva sempre creduto e sperato. Chi ha visto Lord Larsa afferma di aver scorto un lieve sorriso; chi ha visto il Giudice non ne ha trovata traccia, e c’è chi dice che sia colpa di Lady Ashe: i suoi occhi sono sembrati tristi, quando si sono poggiati su di lui, e Gabranth, ogni volta che ha sollevato i suoi, ha dato l’impressione che la sua maschera – di qualunque natura fosse – si fosse frantumata in mille pezzi.
Frotte di coppieri hanno riferito che la cerimonia è stata lunga, formale ed estenuante, nonostante i suoi protagonisti provassero palese e fiducioso affetto l’uno per l’altro. Impigliata nel corsetto stringente dell’etichetta, Ashe era apparsa altera e sicura, perché in quel cerchio era nata e cresciuta – ne era uscita solo per potervi fare ritorno.
«Ci è abituata» hanno commentato le cuoche nelle cucine, ascoltando i resoconti delle sguattere con una scrollata di spalle, asciugando le mani sui grembiuli.
«Povera ragazza» ha sospirato una vecchia, rannicchiata su una sedia mentre spennava un chocobo di piccola taglia «Me la ricordo, quando si è sposata. Com’erano belli lei e il suo principe, lo vedevi da lontano che erano innamorati persi. E ora è sola. È regina, ma non ha più nessuno.»
Tutta la servitù affaccendata attorno a lei ha tirato un sospiro impietosito.

*

Eppure fra i corridoi del palazzo gira voce che Lady Ashe l’abbia ripetuto davanti a Gabranth, quel “Di noi non parleremo”, camminando a rapidi passi nervosi attraverso le ombre del colonnato che circonda la sala del trono ormai vuota.
Qualcuno ha sentito il Giudice convenire con un no appena sussurrato. Lady Ashe l’ha ignorato, mentre si voltava a fissarlo con più intensità di quanto potesse permettersi.
«Cosa vi manca di Dalmasca?»
«Potervi proteggere, temo. Oltre a me stesso, è ovvio.»
La risata di lei si è spenta quasi subito dietro al massiccio ostacolo della colonna.
«Anche a me.»
«Cosa?»
«Me stessa. E voi.»
Silenzio.
Si è mossa veloce con il colonnato che vorticava loro attorno.
«Mi mancano, intendo» ha mormorato nel fruscio del suo strascico, la luce che si intervallava con l’ombra nera e inamovibile dei pilastri.
«Siete cambiata.»
«E voi, a modo vostro, siete dove avreste dovuto essere.»
«No.»
Lei non ha ribattuto.
«Non c’è posto e non c’è promessa oltre quella che ho fatto a voi.»
Pausa.
«Lady Ashe, io—»
Quando sono riapparsi sotto al sole come un lampo, si stavano baciando con le labbra ostinatamente serrate fra loro, schiacciati l’una contro l’altro in un turbinio di strascichi e merletti annodati su una pesante armatura di ferro, le mani di lui aggrappate alle spalline del suo vestito. Una è scesa, ma nessuno di loro se n’è curato – il bacio è diventato profondo, disperato, mentre la seta, ormai libera da un lato, è scivolata a rivelare un frammento di pelle. Il Giudice Gabranth ha premuto di più la regina contro di sé, come per frenare il libero corso della sottile stoffa ricamata, e il cuore di lei ha smesso di battere – si è sentito il suo respiro strozzarsi fra le loro bocche, ma lui non si è opposto quando le braccia di lei si sono intrecciate attorno al suo collo per avvicinarlo di più: si è lasciato guidare dietro il colonnato, inciampando insieme a lei, nella penombra della sala nella quale tutti i pesanti tendaggi di velluto sono calati sulla luce del giorno.
E, al centro di tutto quel vuoto, l’ha sollevata tenendola per la vita, ed ha arretrato a larghe falcate fino a che la regina non si è trovata in equilibrio fra il suo peso e il bordo d’oro dello scranno – il peso doveva essere tanto, ma si sono baciati di nuovo caracollando l’una addosso all’altro, per poi rimanere con le labbra che quasi si sfioravano, le stoffe iridescenti e sontuose del vestito arruffate e scomposte.
«Ci troveranno e ci uccideranno.»
«Non abbiamo abbastanza tempo per preoccuparci anche di questo.»
L’ha abbracciato scardinando la corazza pezzo dopo pezzo, le mani che accarezzavano la schiena nuda – si intravedevano squarci profondi che la solcavano, resti di graffi e di sferzate che ricordavano frustrate. Le dita di lei si sono attardate ad accarezzarle alla cieca, e lui si è chinato di più nell’abbraccio, fino a sparire con le labbra sul collo della regina, le mani grandi e nerborute hanno aggirato il corpetto e si sono intricate nei lacci che lo chiudevano dietro la schiena.
Lady Ashe si è lasciata premere contro lo schienale mentre lui ha continuato ad accarezzare la colonna vertebrale accennata sotto la pelle bianca, rubandole un bacio e poi un altro e un altro ancora, le ginocchia di lei svanite sotto le volute luminose dell’abito e lui schiacciato contro di lei. Poi, si è alzato e ha preso fiato, sfilando le dita dal voluminoso intralcio della seta azzurra, ma lei lo ha afferrato con testardaggine, piantando le lunghe unghie curate nelle sue spalle, baciandogli il sopracciglio – c’era una cicatrice rossa, viva, ben visibile che lo tagliava in due – e sussurrando parole che nessuno ha potuto sentire tranne lui, rannicchiato fra il suo collo e il suo orecchio; si è visto solo un lieve fremito di labbra a cui lui ha risposto tracciando la linea del suo seno con le labbra, intuendola da sopra alla stoffa. Lei si è ritratta ancora, ma le mani del Giudice sono scivolate sotto le sue gonne per divaricarle gentilmente le gambe e appoggiare il bacino fra di esse.
Si è sentito un respiro e poi un altro.
Lei si è stretta contro di lui addentandosi le labbra, chiudendo le mani e le ginocchia attorno al suo collo e ai suoi fianchi, sussultando, rabbrividendo mentre lui si premeva dentro di lei sollevando le sue sottane, soffocando i suoi gemiti con le labbra e il palmo di una mano.
E dal triangolo delle dita di lui è sfuggito il nome di un uomo morto – un singhiozzo rotto e sottile, e lui ha fatto per tirarsi indietro.
La regina l’ha trattenuto con forza.
«Resta» ha detto, e lui è rimasto fino alla fine, appoggiando la testa fra i suoi capelli e spegnendovi i lamenti spinta dopo spinta.
L’ultimo respiro che si è sentito è stato di tutti e due.

*

Altri – e si tratta di un cospicuo numero di persone – dicono che sia questione di attribuire a dei pettegolezzi il loro giusto peso: quando Sua Maestà e il Giudice Gabranth si sono mostrati di nuovo agli astanti, nessuno ha visto nei loro occhi e nelle loro bocche nulla che non fosse una politica impersonale e alacre – hanno discusso con tenacia di confini disegnati sulla carta.
«La propria casa non si circoscrive in uno schizzo d’inchiostro, milord. Il sentimento sarà sempre un fiero oppositore di simili propositi» ha sentenziato Lady Ashe.
Lui ha assentito con un cenno, guardandola con l’intensa fierezza che ha dovuto tributare a simili parole.
I loro vestiti sono sembrati a posto, i visi e le parole lindi.
Nulla di importante da riferire.

~

A/N 23 gennaio 2009, ore 0:24. Per dire, dovrei essere a dormire perché alle nove parto per Parma XD, ma eccola questa pettegolezzo-fic che si è praticamente scritta da sola in un giorno per poi lasciarmi appesa per altri due, dato che il pezzetto finale mi faceva resistenza XD. È venuta anche meno impersonale di quanto avrei desiderato, ma resta una storia strana che amo senza riserve <33, volevo che fossero loro visti dall’esterno, completamente, e spero di esservi riuscita almeno in parte: questa è quella corte di cui nessuno sa niente, e mi ha permesso di lavorare in modo del tutto diverso <3, grazie a liz per averci creduto.

Juuhachi Go.

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