Titolo: Blue in the face
Fandom: Supernatural
Personaggi: Dean Winchester, Castiel
Parte: 1/1
Rating: R
Conteggio Parole: 1295 (LibreOffice)
Note: omosessualità, accenni nsfw, spoiler episodio 5×04
Si sente un odore acre e dolciastro di marijuana e tabacco che gli dice due cose – che Cas non ha preparato nessun cazzo di tè alla cannella, e che la bustina del tè è riposta, intoccata, nella scatola delle anfetamine. Dean si passa una mano dietro al collo, cercando qualcosa da non dire fra le migliaia di cose che gli stanno venendo in mente, mentre guarda Cas che fuma a gambe incrociate sul tappeto. Si chiede perché, in un mondo che già è conciato così male, quello schifo che Cas si tira giù in gola continui a riempire di merda la vita della gente, e si risponde che effettivamente gli anestetici servono proprio in questi momenti, e servono ai virtuosi che si siedono col culo a terra e decidono di non valere più niente.
Ed è una cosa che lo autorizza a prendere Cas e spaccargli la faccia senza tanti complimenti.
«Di’ un po’, Bob Marley, hai voglia di alzare le chiappe e dare una mano?»
Castiel ride, il fumo che gli scappa dalla punta della lingua in qualche nuvoletta aspra, e gli occhi con cui lo guarda – che certe volte non gli sembrano neppure i suoi, non più, almeno – ridono come non hanno mai fatto prima, ma hanno la stessa luce di una sigaretta. Cose da farlo star male, davvero, si dice, perché si ricorda che, calato o meno che fosse nel corpo di Jimmy, Castiel era tutto luce e giustizia e ingenuità irreprensibile. E quando era così, Dean aveva ancora una guida.
E Sam.
«La Fata Madrina è in ferie perpetue, Dean. Richiama dopo il beep.»
«Niente fatine, bastano un paio di braccia» risponde lui, guardandolo con quella che Cas ha imparato a chiamare faccia di cazzo, per quel che gli riguarda.
Per un attimo, nessuno parla e tutti e due hanno voglia di rompere la mascella dell’altro; uno perché ha bisogno di una mano – della sua mano, poco importa cosa possa effettivamente fare Cas adesso – e l’altro perché… beh, essersi fatto scappare la Grazia dalle dita per colpa sua (o il bastone dal culo, come dice Dean quando vuole farlo incazzare ed evitare di buttarla sul drammatico) gli sembra un motivo sufficiente.
«Cas, non posso salvare questo mondo da solo!»
«Chissà perché, questa l’ho già sentita. E no, non puoi, non è compito tuo.»
«Se noi–»
«Croatoan, Dean» ruggisce Castiel, e adesso la sua voce è quella che sembrava persa sotto alla patina di donne e di tutto il resto; non pesta lo spinello sul tappeto solo perché l’erba è diventata un lusso e lui ha pure finito le anfetamine «Sai che significa? Che stavolta il conto alla rovescia è cominciato, e lo vedi cosa è successo perché ti ho dato retta? Sam.»
Non è più un angelo, ma tutto il tempo in cui lo è stato gli ha insegnato un paio di modi per farlo tremare, e Dean è un tipo così prevedibile, sotto certi versi, che si è accorto che, forse, leggergli la mente per riuscirci è stato inutile fin dall’inizio.
E ha detto Sam quando avrebbe potuto dire Castiel.
«L’abbiamo già fermato una volta.»
«Di’ sì a Micheal. C’è una possibilità che gli angeli possano ancora sentirti.»
«Di’ a Micheal di baciarmi il culo.»
«Di’ alla primadonna che c’è in te di levarsi dai coglioni, okay?»
Per un attimo Castiel dimentica che un tempo poteva scaraventare Dean all’inferno con un cenno della mano, e adesso non più. Quando la mano di Dean lo afferra sotto al collo, riesce a ricordarlo abbastanza in fretta: un secondo dopo, il cranio, schiacciato con un grosso tonfo sul legno della baracca, gli fa un male fottuto, e Dean lo sta guardando come se avesse Lucifero in corpo, con le labbra tirate come una cinghia di cuoio e gli occhi che sembrano un muro crepato da un terremoto.
Spinge Castiel contro la parete, la vena del collo che freme nella piega delle sue dita – una reazione così umana che se ne stupiscono tutti e due, Dean con un ringhio e Castiel con un respiro.
«La prossima volta che uno di voi stronzi pennuti mi farà firmare un contratto con Dio, voglio vedere tutte le postille» sibila Dean a bassa voce, così arrabbiato che il fiato scappa più veloce delle parole.
Castiel decide di fregarsene di quanto quelle dita si stiano strofinando sulla pelle come un cappio, e lo guarda con così tanto odio che Dean si sente una farfalla infilzata su un ago, mentre l’altro si sporge più vicino con un sorriso beffardo, mezzo contorto dal dolore e dalla delusione.
«La prossima volta che sarò uno stronzo pennuto sputerò sulla postilla che mi diceva di abbandonare il Paradiso per te.»
«Meglio, ti lasciamo ad ammazzarti di seghe e pillole sulla tua nuvoletta» ringhia Dean, con uno strattone che appiattisce di più Cas contro la parete – adesso, guardandolo bene in faccia, vede un uomo distrutto, vede che si è spinto troppo oltre, e Cas, invece, vede che non gliene importa niente, perché la presa non si allenta, lo sguardo neppure, perciò serra gli occhi e gli dice che deve andare affanculo, lo dice sulla sua bocca, scavando oltre il suo labbro con i denti, le unghie affondate nei suoi capelli.
Bel Messia del cazzo, pensa con rabbia, mentre afferra il viso di Dean con tutte e due le mani e non smette di baciarlo finché non vede una piccola spaccatura che si apre sul labbro, rossa come il centro di un mondo in ebollizione, quel mondo che pensava Dio avesse creato per amore di una razza indifesa.
Beh, si sbagliava, perché sta passando le mani sotto la camicia del guscio di carne di Micheal, ricalcando su tutte le cicatrici, ed è più Dean che mai, mentre lo tiene fermo con un colpo secco e gli fa appoggiare le mani sulle spalle da cui penzolano il giubbotto e la camicia – il Salvatore che si meritano, si dice, su quella terra di pulcini orfani e bagnati. C’è una scintilla di divino superstite che muore sotto le dita di Dean che gli accarezzano la pelle – Cas la lascia andare. Lo sa come sono, le scintille che salgono lungo la cappa di un camino: si alzano e spariscono, nessuna di quelle riaccende il fuoco.
«Almeno avrei potuto continuare a guardarti dall’alto.»
Dean non dice niente, gli morde una spalla, si riprende il suo viso in un bacio che gli toglie il respiro di bocca come lui gli ha tolto la Grazia dalla pelle, strappandosi di dosso l’unica protezione che Dio o chi per lui gli aveva offerto.
«Non sarebbe stato divertente. Tu odi guardare.» mormora la voce di Dean, nello spazio fra le loro bocche, e vede che, per un attimo, Cas sbatte le palpebre con il viso un po’ rigido e un po’ sorpreso – non saprà mai il male che gli sta facendo, ricordandogli che è ancora Castiel, aprendogli il cuore in due.
E poi, Cas ride, con la testa all’indietro, le labbra lontane dalle sue, la gola scossa da un singhiozzo, quell’ombra di passato che si disfa come plastilina – ed è un suono così congestionato e fragoroso che il dolore si perde in tutto quel chiasso.
«No,» ridacchia, il petto che fa su e giù sotto la maglia sgualcita, come quando lasci qualcosa sul ciglio della strada e la guardi mentre il vento la fa rotolare avanti e indietro «non sarebbe stato affatto divertente» e inghiotte il sapore amaro della bocca di Dean aggrappandosi alle sue spalle, e sente tutti i muscoli che sfregano rabbiosi contro i suoi, e pensa che avrebbe potuto e dovuto impedirlo tanto tempo fa, prima di diventare un uomo che si inarca contro le dita che gli stringono i fianchi.
E si dice che ogni angelo ha il peccatore che merita.
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A/N 11 ottobre 2009, ore 2:06. Sono ufficialmente fuori dal blocco, e ufficialmente dentro Supernatural da un po’… e questa è per Nausicaa e Paola, con tutto il mio amore, perché la 5×04 ci ha uccise, perché questo telefilm ci uccide e perché è tutta colpa loro e a me quel Cas fa star male un sacco. E questa è una strana fic.