Titolo: Once upon a December
Fandom: X
Personaggi: Subaru Sumeragi, Seishiro Sakurazuka
Parte: 1/1
Rating: PG13
Conteggio Parole: 1625 (LibreOffice)
Note: omosessualità, spoiler da X12 a X17
La polvere che velava lo specchio intarsiato si scostò in silenzio sotto il tocco timoroso delle sue dita.
Subaru osservò con malcelato disprezzo i propri occhi nella linea d’argento disegnata dalle sue impronte. A destra, il bianco vuoto della cornea luccicava debolmente alla luce di due moccoli di candela che il custode aveva acceso per lui in un vecchio candelabro di bronzo. Fissò il proprio fiato gelato sfumare nell’aria e tentò invano di coprirsi con l’impermeabile frusto che aveva addosso – fuori la neve cadeva fitta, e non c’era che qualche trave inchiodata alle finestre a schermarlo dal freddo.
Il palazzo era grandioso e terribilmente gelido, gli affreschi sulle volte macchiati di muffa e umidità, i tappeti sul maestoso scalone principale venati dal passaggio dei topi. Le tende sbatacchiavano, lacere e scolorite, al soffio del vento che entrava dai vetri spaccati.
Rabbrividì nel suo fischio lungo e lamentoso, guardando la neve che si raccoglieva sul bordo di marmo dei davanzali.
«Lei afferma che lo spettro di Kiyome-san si manifesti qui ogni anno, la notte fra il 24 e il 25 dicembre, sbaglio?»
Scandì le parole con un tale distacco da stupirsi persino di se stesso – per un attimo, si chiese come avrebbero suonato otto anni prima, e chiuse gli occhi per evitare di immaginarlo.
«È così,» annuì il vecchio custode alle sue spalle, passando mani anziane e nervose sulla livrea sdrucita «il padrone non ha potuto ristrutturare la villa a causa di questo… increscioso incidente,» sospirò, in cerca della parole «ma quattordici anni sono tanti e—»
«E il tempo passa» lo interruppe Subaru con un cenno della mano, tossicchiando per trattenere una risatina amara – il tempo lasciava dei solchi al proprio passaggio, e trovava triste dover far sempre fronte a gente assorbita nel compito di levigarne le tracce.
«Tanaka-san è consapevole delle conseguenze di questo esorcismo?» chiese, con voce penetrante, con un vago tono di avvertimento. Gli occhi del custode si sgranarono impercettibilmente nella fila impolverata di specchi crepati, mentre attraversavano il corridoio insieme, scavalcando un albero di Natale divelto e avvolto in un bozzolo di ragnatele.
«Cosa intende dire?»
«Intendo dire che non esiste spettro aggrappato alla terra che non possieda una ragione per restare. Sciolto quel vincolo, non vi sarà più nulla in grado di riportarlo indietro.»
Il custode si strinse nelle spalle.
«Sono certo che la padrona preferisca di gran lunga che sua figlia ritrovi la pace nell’altro mondo, piuttosto che vederla vagare ancora fra i vivi…»
Toccò a Subaru scrollare le spalle, stavolta, fermando la mano sul pomello della porta.
«A volte siamo noi, quelli bisognosi di trovare la pace.»
Non ottenne risposta.
La porta si aprì con un piccolo scatto, liberando un denso odore di muffa – la carta da parati a fiori spenzolava ingiallita dalle pareti. Grossi pezzi erano caduti a coprire una fila di bambole di porcellana dal viso nero di sporco, ma, salvo quel dettaglio, sembrava che la stanza, un tempo linda e rosata come un confetto, fosse ancora pronta ad accogliere la sua proprietaria, si disse, notando l’immobile caos di giocattoli sul pavimento. Da sotto il letto sbucava l’angolo consunto di un sillabario di hiragana. Subaru distolse gli occhi come se si fosse trovato al cospetto di un cadavere.
«Tanaka-san era all’apice della carriera politica, al tempo dell’omicidio» commentò Subaru, con la voce più piatta che riuscisse a ostentare.
Il custode annuì, specchiandosi negli occhi di una delle bambole.
«Sì. Non riuscì a darsi mai pace. Dopo la sparizione di Kiyome-sama, gli attacchi dell’opposizione si sono fatti intollerabili, fino a che—»
Subaru lasciò che il fremito della voce del vecchio si spegnesse, poi impedì a se stesso di rivolgergli un lieve accenno di sorriso.
«Non mi stupisce che la signora abbia fretta di liberare la villa dallo spirito di Kiyome-san. Il peso della memoria di sua figlia e di suo marito deve essere fin troppo doloroso.»
Il custode abbozzò una smorfia, disorientato dalla misurata piattezza di quelle parole.
«La signora mal sopporta il peso del passato. Credo abbia sopportato simili dispiaceri troppo a lungo.»
Subaru osservò i rami di ciliegio nel vaso sul davanzale, e si morse lentamente l’interno di una guancia nell’aspirare l’odore dolce dei fiori.
Il bocciolo ancora chiuso si aprì rapido alla luce opaca di un lampione.
«Posso immaginare.»
*
La pendola monumentale nel salone funzionava ancora, il che lo autorizzò ad esalare un lieve sospiro di gratitudine quando si rese conto che mancavano dieci minuti a mezzanotte, che era la vigilia di Natale e che, non essendo che una festa importata dal mondo occidentale, lui non fosse tassativamente obbligato a trascorrerlo con la famiglia che non possedeva più.
«Chi ha costruito questa casa?»
Chi tirò il primo filo? Chi scagliò la prima pietra?
Se lo chiese innumerevoli volte, scavando nella voce del custode, scavalcando vecchie storie di nobili dell’Ottocento europeo che avevano sepolto i propri cari nel cimitero poco distante, cercando il primo ciottolo nel tremare sottile di quella voce, negli interstizi di quelle porte sgangherate.
«I registri dicono che il terreno fosse vergine, pulito. Mai usato, e acquistato legalmente. Dicono che alcuni spiriti indispettiti possano rapire quelli dei bambini, vero?»
«Può darsi…» asserì Subaru, sgusciando nell’ennesimo corridoio. Il racconto era di una lunghezza estenuante, e inciampava nei suoi stessi particolari, vividi come macchie di colore in una mente che non aveva alcun futuro a cui guardare.
Improvvisamente, si sentì incredibilmente vecchio, e prese a strofinare fra loro le mani ghiacciate.
«—e poi, c’era Kiyome-sama.»
Subaru si riscosse, come se l’anziano custode si fosse appena puntato una pistola alla tempia, e lui fosse l’unico in grado di impedirgli di premere il grilletto.
«Non riesco a credere che qualcuno abbia davvero potuto nuocere a un tale angelo di bambina» rantolò, indicando la foto in una cornice «e che nessuno abbia fatto nulla per impedire un’efferatezza del genere.»
Subaru finse di non vedere, nel marmo lucido, la lacrima che si era infilata fra le rughe quando aveva aperto la porta a vetri del salone, che tremarono come l’ultimo battito di un cuore quando la pendola rintoccò le dodici.
«E allora perché hai lasciato che accadesse, nonno?»
Il custode sollevò la testa con una velocità tale che Subaru pensò seriamente si sarebbe rotto la noce del collo. Non disse niente, lasciò che il vecchio gli venisse accanto, facendo scricchiolare le scarpe di vernice nel silenzio.
Due grosse lacrime gli caddero dagli occhi, mentre guardava la bambina sorridere, incoronata di fiori di ciliegio fra i folti riccioli neri.
«Perché il nonno è stato tanto sciocco, Kiyome. Perché il nonno voleva salvare una cosa senza importanza.»
Kiyome non si mosse dal centro del pavimento.
«Perché forse il nonno voleva salvare una cosa che non poteva essere salvata.»
Dissimulando un singhiozzo in un sorriso, lui cercò di sovrastare il rumore della pendola.
«Può essere, mia cara.»
Subaru strinse un ofuda fra le dita.
«Vieni da me, Kiyome. Concedimi la pace.»
«Vieni a prendertela da solo,» la voce della bambina s’impose, dura, sull’ultimo battito dell’orologio «dato che l’hai negata a me.»
Bastarono tre passi per fargli raggiungere il centro della sala, e un altro perché Subaru pensasse che il se stesso di sedici anni avrebbe allungato il braccio per fermarlo.
L’ultimo bastò perché tutta la carne dell’uomo svanisse in uno sbuffo di cenere.
L’attimo dopo, tutto era vuoto.
«Così sei stato tu, eh?»
Il modo in cui la propria voce rimbombava sulla volta era spiacevole.
Seishiro, seduto sulla vecchia poltrona di velluto all’angolo, scrollò le spalle.
«Avevo vent’anni. Col tempo si impara a non cedere a proposte così kitsch.»
Mentre Seishiro si alzava per raggiungerlo, Subaru inarcò lievemente un sopracciglio.
«Che genere di proposte?»
Seishiro sospirò in modo teatrale.
«Per quanto io disponga di un’ingente quantità di tempo libero, resto sempre un assassino assunto dal Governo, e Tanaka-san era un uomo davvero scomodo, all’epoca. Suo padre pensava l’esatto contrario, com’è sacrosanto che sia.»
«Non vedo come—»
«“Prendi lei al suo posto.”»
Subaru sgranò gli occhi.
«Suvvia, Subaru-kun, non fare quella faccia, te l’avevo detto che era troppo kitsch anche per i miei standard, e ho fatto le mie rimostranze. Ho avuto un bel daffare a spiegare a Tanaka senior che al destino non si scappa, nemmeno così.»
Silenzio.
«Dio, sei davvero un uomo impossibile, mio caro. L’hai visto tu stesso, no? Kiyome-chan me la sono presa, ma Tanaka junior si è sparato in bocca, e la moglie l’ha seguito. Nessuno di noi ha potuto farci nulla. È successo lo stesso, che quell’uomo lo volesse o meno.»
Seishiro sorrise alla vista di quelle labbra ancora ostinatamente spalancate, e si avvicinò ancora di più, per appoggiargli una mano sul braccio.
«Cosa diavolo vorresti dimostrarmi, con questo?» sibilò Subaru, con voce rotta.
«Che non sempre chi si immola può vedersi concesso il lusso di farlo di propria sponte…» sussurrò nel suo orecchio, in un fiotto di respiro caldo e fumoso che gli fece venire i brividi.
«… Che mai abbiamo diritto di pensare a una fine alternativa, perché certe cose non esistono…» soffiò ancora, e Subaru si tese contro la sua voce con gli occhi chiusi.
«… E che per tutte queste cose dovresti ritenerti fortunato, sai?»
Subaru sentì le proprie labbra tremare.
«Ma forse tutto questo lo sai già.»
Quando Subaru trovò la voce per ribattere, non vide nessuno pronto ad ascoltarlo, e sfregò con un gesto le lacrime via dal viso, fissando l’occhio d’ambra nella scia libera dello specchio.
Come al solito, la ragione andava agli sciocchi, agli spettri, agli specchi.
Si voltò a guardare il cadere lento della neve, le luci colorate della strada. Qualcuno cantava in coro qualche canzone in lontananza. Non era l’ora dei fantasmi per nessuno.
Rise, e il rumore si spezzò in un unico singhiozzo.
Natale con i tuoi.
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A/N 6 novembre 2009, ore 1:27. Gesù, la vena è tornata °_° in modi del tutto inaspettati – che coincidono con date particolari come al solito O_ò. Non li toccavo così a lungo da quasi un anno esatto, e a me parevano almeno tre, di anni. Tutto è partito da “Once upon a December” (vedere citazione all’inizio, prego u.ù) e ha praticamente fatto tutto da solo O_ò. Quei fotogrammi da “Anastasia” mi hanno sempre affascinata, e, ripensandoci, mi ci sono lasciata andare senza rimuginare particolarmente; gli sviluppi terribili sono venuti da soli, mano a mano XD nulla di questo supplizio è stato premeditato, con grande gioia della povera Shu, che ha voluto assistere fino alla fine. Domattina però si beta XD ho bisogno epidermico di cambiare alcune cose ma nessuna forza per farlo XD!
Spero di aver reso tutti abbastanza contenti ♥!