[Final Fantasy XII] Livin’ la vida loca

Titolo: Livin’ la vida loca
Fandom: Final Fantasy XII
Personaggi: Basch von Rosenburg, Ashelia B’nargin Dalmasca, Al-Cid Margrace
Parte: 1/1
Rating: R
Conteggio Parole: 1779 (LibreOffice)
Note: spinoff dell’Unforeseen!verse, avvenuta threesome con confronto post-coitum, ergo nsfw e generica idiozia, su prompt di 12_teas

Livin’ la vida loca
altrimenti detta “Questo matrimonio sta diventando un trilocale con quattro inquilini”
[12_teas] 11. Cinnamon Apple Spice

Fra le abitudini di Rozaria che Lady Ashe avversava con forza nei costumi del suo consorte, c’era la passione per il vino dell’Impero.
Non si trattava di una repulsione ostentata per partito preso, appunto, ma di un lecito esercizio di diffidenza nei confronti di una bevanda scura e fruttata, la cui massiccia presenza di zuccheri bastava a conferirgli un tasso alcolico di una gradazione talmente vertiginosa da trasformare anche il più galante nobiluomo di tutta la corte in un briccone senza grande necessità di approfonditi esami di coscienza.
Il che, applicato ai parametri alcidiani ben noti alla regina di Dalmasca, faceva sì che la pericolosità della questione fosse di entità tutt’altro che trascurabile.
Saggiò l’effettiva veridicità dei suoi timori la mattina in cui, svegliandosi nel tepore insolito di un letto notoriamente enorme, si accorse che, riguardo alla cena della sera prima, accusava un tremendo vuoto di memoria.
Per meglio dire, i suoi ricordi non andavano oltre il primo brindisi che Basch aveva innalzato alla coppia reale – benedetto inguaribile uomo d’onore, chi credeva di dover impressionare? E soprattutto, dov’era andato a finire?
Solo in quel momento prese nota di essere sprofondata nella morbidezza di troppi guanciali messi insieme, e che si sprigionava davvero una quantità di calore eccessiva da un letto a quattro piazze dove riposavano due persone soltanto.
Attanagliata da un dubbio orrendo, decise di tirarsi a sedere sul letto.
Ed ebbe abbastanza autocontrollo da trattenere la mostruosità che le era salita alle labbra, nel vedere che Basch e Al-Cid, felicemente nudi come bambini, e felicemente privi di lenzuola atte a coprirli in maniera soddisfacente, dormivano testa contro testa, ai lati di quello che Ashe comprese essere il tiepido cantuccio in cui aveva dormito.
Dormito, poi.
Scartò con rapida efficienza l’eventualità – smentita, inoltre, dal fatto che le sue mutandine svettassero dall’alto della specchiera a lato del letto, e che i suoi vestiti fossero ravvisabili un po’ ovunque per tutta la stanza, sommersi da quelli dei due uomini che l’alcool e la fatica (non voleva esattamente sapere di che specie, sebbene le prodezze di Al-Cid le offrissero un cospicuo campione di esempi pratici) avevano precipitato in un sonno inamovibile.
Cercando di fare mente locale – nutrendo la viva speranza che l’operazione non portasse a galla dimenticabili trascorsi della sera prima – si riarmò del proprio contegno e provvide a sfilare da sotto la schiena del marito il negligé che le aveva regalato. Se lo allacciò addosso con cura, per poi impegnarsi a restituire al suo letto la giusta dignità.
«Ahem!» tuonò, schiarendosi la voce con gagliardo impegno retorico.
L’avvoltolarsi infastidito dei suoi amanti – per gli dèi, non aveva mai associato i due termini in maniera tanto ravvicinata – ne prevenne gli effetti: privi com’erano del soffice calore che avevano coccolato a vicenda, si sedettero sul materasso dopo un attimo di perplesso battito di ciglia nello sforzo di riconoscere i dintorni.
E avrebbero preferito crogiolarsi nell’ignoranza, quando si accorsero di essere in tre su un letto a quattro, e di essere – chi più, chi meno – abbastanza senza veli da capire di non aver passato la notte a cantarsi ninnananne.
In un gesto di pudica ammenda, Basch e Al-Cid si litigarono i lembi del lenzuolo, e perfino la parlantina del sovrano non trovò sfogo alla vista di sua moglie seduta sulle lenzuola con aria composta e seriosa, come se la cosa non le riguardasse, a dispetto del fatto che i vestiti sparpagliati ovunque dessero efficace prova del contrario.
«Signori,» esordì a voce alta, con la calma recuperata dal proprio contegno superstite «sospetto di essere andata a letto con uno di voi due.»
I due uomini si scambiarono un’occhiata di fraterna comprensione – stava decisamente minimizzando l’intera faccenda.
«Beh,» tossì Al-Cid, «per quel che mi riguarda, confido nel mio intuito e spero di essere andato a letto con una di voi due!» e l’ironia gli era utile a nascondere un po’ di giustificato timore, dato che, se dividere sua moglie con un altro uomo non gli causava granché fastidio – considerato che era ormai avvezzo a farlo in separata sede, e che quest’increscioso episodio aveva almeno dato conferma della reciproca schiettezza – altrettanto non poteva dire del sospetto di aver sbagliato… beh, mira.
«Dato il buio, signore, io spero solo di essere almeno andato a letto con il retro di una di voi due!» esclamò Basch, in un attimo di simpatetica partecipazione alle sue paure.
«Signori, contegno! Non confido abbastanza nel vostro ardore per pensare che mi abbiate… beh, ecco…» Ashe arrossì violentemente «scavalcata.»
«E per “scavalcare” intendevate dire, mia cara…?»
«Al-Cid, per favore!» lo zittì sua moglie, senza sapere cosa la stesse sconvolgendo in misura maggiore, fra l’avvenuto ménage à trois, il post-trauma che lo aveva seguito, il povero Basch che accusava evidenti segni di prossimo svenimento, o il fatto che stessero parlando con gli stessi formalismi che solevano adottare quando si trovavano tutti e tre insieme in situazioni ben più normali di quella.
Come aveva fatto dall’inizio di tutta la sua vicenda di intricate politiche matrimoniali, Al-Cid scoccò un’occhiata di profonda comprensione in direzione del suo compagno di nozze, che Ashe si stava a stento trattenendo dallo sventagliare con l’ampio nastro del negligé.
«Credo seriamente che dovremmo prendere in pugno la situazione» considerò poi, con fare risoluto. Ashe e Basch lo fissarono con muta costernazione, evidentemente presi da un subitaneo ricordo che l’accostamento di termini alquanto infelice aveva fatto riaffiorare.
Al-Cid sospirò.
«D’accordo, limitiamoci a prenderla di petto.»
Con uno sbuffo, Ashe scese dal letto, facendo in modo che i vestiti appallottolati del consorte attraversassero la stanza e lo prendessero in pieno viso.

*

Quando furono opportunamente vestiti, poterono sedersi sulla sponda del letto e analizzare la situazione con maggior calma – se con calma si poteva analizzare una situazione che aveva tutte le sembianze di un festino fuori programma, a giudicare dalle bottiglie di vino che spuntavano da ogni angolo della camera da letto.
«Sono diviso fra il complimentarmi con me stesso per avervi strappato l’ultimo baluardo di autocontrollo, complimentarmi con voi per averlo perduto e complimentarmi con il capitano per… per qualcosa che non sono certo di voler ricordare.»
«Vi ringrazio della premura, ma preferirei non mi rendeste partecipe della reminescenza!» si dolse Basch.
«Potreste smetterla di scambiarvi convenevoli? Sto cercando di pensare!» si alterò la regina, esaminando l’abat-jour sul proprio lato del letto e scoprendo che i fili della corrente erano stati tranciati.
Calò un perentorio strato di silenzio.
«… Non voglio pensare che sia stato un espediente premeditato.»
«Mia cara, nessuno di noi qui presenti ha bisogno del buio per riscuotere consensi!»
«Questo vanifica anche una spiegazione plausibile sul consumo reiterato di alcool per ottenerne uno, temo.»
«Questo, Basch, spiega semplicemente che un imperatore a caso fra noi tre indulge nel consumo di bevande che sono fuorilegge finanche a Rozaria!» sbottò la regina, tradendo una considerevole dose di irritazione.
«Ravviso nel vostro “finanche” una punta di sprezzo razziale» puntualizzò Al-Cid con sdegno, passandosi una mano fra i capelli con un gesto elaborato.
«Ho improvviso desiderio di tornare nel mio rassicurante stato di vedovanza» sospirò Ashe, esasperata.
«Male, male, mia cara, credo che tu ti stia aprendo solo ora a tutte le possibilità di questo matrimonio!»
«Temo sia una minaccia, signore.»

*

La colazione, quella mattina, fu un affare quantomai silenzioso, anche più del solito. In un matrimonio dotato di simili margini di franchezza, non era mai stato imbarazzante consumarla in tre, se non altro perché fra i commensali, che avevano compreso e gioiosamente pesticciato le annose questioni della ragion di Stato, vigevano una buona dose di stima e rispetto reciproci.
Questo, perché, fino a quella mattina, nessuno fra loro si era svegliato in duplice compagnia del triangolo tutto.
Se il rispetto sussisteva tuttora, lo stesso non si poteva dire del solito quieto chiacchiericcio.
Ashe stendeva un generoso strato di burro – troppo, per le apparenze che doveva mantenere – sulla propria fetta biscottata, senza distogliere lo sguardo dal coltello. Di tanto in tanto, suo marito, seduto sulla sedia di fronte, tossicchiava a capo chino, alla ricerca della zuccheriera, operazione che si riduceva a un gesticolare abbastanza inconsulto, in quanto tutto lo stuolo di cameriere lì attorno vedeva perfettamente che, se Sua Eccellenza avesse prestato un po’ di attenzione, l’avrebbe vista accostata accanto al proprio bicchiere.
Basch osservò il vapore salire dalla caraffa colma di caffè e sospirò, assorto sui ricami del tovagliolo che le sue dita stavano rigirando invano da lunghi minuti.
Tutti e tre sobbalzarono come non avrebbero potuto fare nemmeno se li avessero colti in flagrante, quando uno strillo acuto ruppe il silenzio e rimbalzò sulle volte sontuose del salone.
Lo seguiva un rapido battere di scarpine sul marmo, e tutti si voltarono all’istante.
«Perdonatemi, Maestà…» si scusò la giovane dama, lottando con tenacia nel barcamenarsi fra un tentativo di inchino dignitoso e la salvaguardia dell’erede al trono che piangeva divincolandosi fra le sue braccia «… ma Lord Darian sembra non aver intenzione di smettere di piangere, ne di smetterla di scegliersi come giocattoli cose invero pericolosi…»
La regina, il suo consorte e il povero Giudice Magister si sentirono liberi di impallidire fino a diventare grigiastri quando riconobbero che le gengive parzialmente dentate del principino suggevano l’abat-jour intarsiata della camera da letto reale, i cui fili elettrici spezzati penzolavano in evidente stato di inutilità.
«Darian!» esclamò Ashe, prendendosi il bimbetto bienne fra le braccia e strappandogli quel maledetto arnese dalle mani, guardando prima Basch, e poi, con irritazione crescente, Al-Cid: cattivo sangue non mentiva.
Glielo spiegò in qualche borbottio contrariato, una volta che la privacy in sala fu ripristinata.
«Solamente tuo figlio» disse, calcando sul possessivo con notevole perfidia d’intenti, mentre andava a occupare il posto vuoto fra loro due «avrebbe potuto contribuire a strapparmi col buio quel poco di controllo non dissoltosi fra i fumi di un alcol rozariano di dubbio gusto!»
Al-Cid sospirò con fare teatrale, appoggiando una mano sotto al mento e ignorando il broncio torvo della moglie, intenta a cullare Darian facendolo dondolare sulle ginocchia. Quando le braccia di lui scivolarono a cingere la vita di entrambi in un gesto di elegante noncuranza, Ashe e Basch alzarono gli occhi al cielo, prima di rivolgerli al sorriso felino dell’imperatore, che li incitò ad alzarsi in piedi per seguirlo nella penombra del corridoio.
«Non siate così drastica, mia cara… Rozaria è un concentrato di buongusto, quando intende farne uso per una giusta causa…»
Un lungo, dubbioso sospiro che si sprigionò ai suoi lati mise per un attimo in dubbio la genuinità dell’affermazione.
«… Spero non vorrete porre a esempio la moda locale…» commentò Ashe in una smorfia.
Al-Cid arricciò un labbro con aria divertita.
«A questo, mia regina, possiamo benissimo porre rimedio…»
I due alzarono gli occhi al cielo.
Rozariani. Bah.

~

Lo so che è la mia saga e tutto, ma spero che tutto questo non sia mai accaduto, per il bene loro, mio e del povero Darian *coccola*. Comunque scriverla è stato meraviglioso XDDDD, è stata un’esperienza, perché rare volte mi sono divertita così tanto, ma con questa saga ormai è routine, almeno per quanto mi riguarda XD! Ad ogni modo, ripeto, non è necessariamente successo, io non voglio davvero che sia davvero successo, li ho solo perculati perché una situazione del genere, data la poca normalità della truppa, potrebbe finire così, ma date loro un po’ di fiducia, consideratelo uno spinoff innocuo e aspettate il sequel! XD
E comunque siamo a gennaio e questa storia è finita a luglio, comunque X°DDD. Vi prego di uccidermi per la lentezza con cui le ho trovato un titolo e l’ho postata X’D…

Juuhachi Go.

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