[Final Fantasy XII] Somewhere in the market square

Titolo: Somewhere in the market square
Fandom: Final Fantasy XII
Personaggi: Ashelia B’Nargin Dalmasca, Basch von Rosenburg
Parte: 1/1
Rating: G
Conteggio Parole: 842 (LibreOffice)
Note: per Crimsontriforce, spoiler sul finale

Somewhere in the market square

Ashe lo fissò con una smorfia, e Basch rallentò il passo, trattenendo una risata fra sé e sé.
«Giuro!» disse, allargando le braccia con una giovialità inaudita «Quando ci mandavano in ricognizione nel Deserto Est mangiavamo i lupi. Era uno spreco lasciare quella carne ai Ferosauri, soprattutto perché quello che guadagnavamo per la loro pelliccia bastava appena a rifornire l’accampamento.»
«Mah» fu il semplice commento di Ashe, ancora scettica, gli occhi abbassati sulle proprie dita, indecisa se succhiare via i rimasugli di caramello. Non si avvide minimamente del capitano che la fissava con un impercettibile sorriso, e alzò lo sguardo fra la tela stinta dal sole che faceva da tettoia alle bancarelle.
Il bazar Misir continuava a stupirla senza rivelare un solo cambiamento.
Al caldo secco del deserto, in quell’angolo di città, si aggiungeva il fumigare ininterrotto e appetitoso degli spiedi intenti a girare, dei bolliti che borbottavano in grossi tegami di terracotta dipinta, del caramello caldo con cui i dolciai rivestivano la frutta.
Guardò con aria colpevole l’involto di carta marrone in cui ammiccavano due tocchi di mela, e lo allungò in direzione di Basch con una punta di imbarazzo.
Lui tuffò una mano nel sacchetto.
«Grazie.»
Ashe gli sorrise più che poté – era stato un gesto così inusuale, ultimamente, che ammetteva di dover ricordare alle labbra come incurvarsi. Ma era assai più probabile, si disse, che sorridere con calore a Basch acuisse di più un impaccio del genere.
Lo osservò passarsi una mano fra i capelli sudati e, prima che si voltasse, si affrettò a fingere di osservare i tavoli carichi di scialli e gioielli di vetro colorato, sporgendo la testa verso i gradevoli ritagli d’ombra offerti dai drappeggi.
Di nuovo, l’uomo fece del suo meglio per trattenere una risata: durante gli anni più felici trascorsi a palazzo non era stata granché diversa dalla ragazza un po’ rigida e selvatica che camminava al suo fianco in quel momento. Nessuno, eccezione fatta per il giorno del suo matrimonio, aveva mai steso un filo di trucco sul suo viso, o eseguito un ricamo di troppo sui suoi vestiti: guardarla adesso, mentre accarezzava scialli e sottogonne con gli occhi, in quell’attimo di pace appena riconquistata, gli gonfiava il cuore di una felicità che aveva quasi timore di mostrare alla regina. Stentava ancora a credere alla firma che, ancora fresca d’inchiostro, svettava sul trattato, e gli sembrava che Lady Ashe si stesse preparando a riconsegnarsi all’ambiente a cui apparteneva. Schivò un pensiero molesto che minacciava di pungerlo come un ago: sapere che non sarebbe stato direttamente parte di quel futuro lo intristiva più di quanto fosse appropriato ammettere.
«Non mi avete ancora detto cosa vi piacerebbe fare oggi, dobbiamo festeggiare!» disse, dopo una lunga pausa.
«Nulla in contrario, Basch, ma se continuate così temo avrò poche speranze di entrare in un abito da cerimonia!» ridacchiò.
A suffragio dei propri piani per la giornata, Basch raggiunse l’ultimo quarto di mela caramellata dal cono di carta appiccicaticcia.
«Anche una regina può permetterselo, nel suo ultimo giorno da trascorrere in mezzo alla folla!» mormorò.
Lei alzò il viso a fissare il palazzo: questione di ore, e qualcuno fra ex-ribelli e cittadini avrebbe già provveduto a ripiegare le insegne d’Archadia.
«Beh, mi sento costretta ad accontentarvi, essendo questo l’ultimo giorno in cui vi vedrò al mio servizio!» e si stupì, non senza un briciolo di soddisfazione, della leggerezza con cui era riuscita a modulare il tono di quelle parole.
«Uomo vostro.»
«Come al solito, del resto» sospirò la regina. Non voleva costringersi a leggere più cose del dovuto in quella pausa un po’ enfatica, tipica del modo in cui Basch soleva rivolgersi a lei più che a chiunque altro.
«Ve ne dispiace?»
Ashe finse più indifferenza di quanto avrebbe voluto, mentre appallottolava la carta fra le mani.
«No. In alcun modo» e sperò che almeno questa, fra tutte le cose che aveva deciso di tacere, spiccasse a sufficienza su tutto il resto, e si chiese quale via, ad Archades, profumasse a tal punto di incenso e zucchero filato.
«Una parte di me mi suggerisce che dovrebbe essere vostro, uno dei nomi sul monumento ai caduti che sorgerà qui, da qualche parte, ma—»
«Ci sono miracoli che sono fuori anche dalla vostra portata, Maestà…»
«—ma siete qui, oggi, vivo e padrone della vostra innocenza. Non è qualcosa che potrò mai dimenticare, Basch. Non importa che armatura mi toccherà lasciarvi indossare.»
«Non sono mai stato più orgoglioso di un congedo» le rispose lui, con una lunga, tersa occhiata.
Ashe si accigliò.
«Devo avervi esasperato oltre ogni misura» borbottò, trattenendo l’impulso di sogghignare.
«Sono solo orgoglioso» fece lui, stringendosi nelle spalle, con una nota di imbarazzata tenerezza nella voce.
Per un istante, Ashe rimase in silenzio, gli occhi fissi fra gli sprazzi dorati del sole.
«Basch?»
«Milady?» le rispose lui, voltandosi a guardarla.
«Grazie.»
«Per cosa?»
Semplicemente, Ashe scrollò le spalle.
E Basch, un po’ sorridendo e un po’ scuotendo la testa, finse di non accorgersi della mano appiccicosa di zucchero che sgusciava senza fatica a impiastricciare la sua.

~

A/N 19 agosto 2010, ore 15:39. Aww, volevo scriverla da almeno un anno, l’idea vagava nel cervello da secoli, e quale migliore idea per dedicare del worksafe a Crim? Il titolo è un verso di Fool’s Gold dei Blackmore’s Night e il resto l’ha fatto il mio amore per Rabanastre. Lo so, avrei dovuto farla più gen, mea culpa XD.

Juuhachi Go.

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