Titolo: Più dolce e più caro l’amaro
Fandom: Final Fantasy XII
Personaggi: Ashelia B’nargin Dalmasca, Basch von Rosenburg
Parte: 1/1
Rating: NC17
Conteggio Parole: 1753 (LibreOffice)
Note: per il P0rn Fest #4, NSFW, spoiler sul finale
Italian P0rn Fest #4 @ fanfic_italia ~ Final Fantasy XII, Ashe/Basch, “I’ve been getting kinda brave” (Thea Gilmore, “Teach me to be bad”)
Le scintille di un fuoco alto e fumoso scoppiano rumorose sui ceppi muschiati – qualcuno ha bruciato delle bucce d’arancia fra i carboni.
Ashe aspira lentamente uno dei primi odori della sua infanzia, quando da bambina si divertiva a infilare le scorze più sottili dei mandarini nelle grate delle torce, e osserva il mare di piedi che, nelle loro calzature ricamate dei giorni di festa, calpestano in un ritmo gioioso l’erba umida della pianura, in un crescente baccano di cimbali e crotali.
Con aria assorta mentre mastica un dolcetto e ne lecca i rimasugli di miele via dalle labbra, la principessa di Dalmasca si distrae a guardare l’acqua piovana che scintilla liscia e nera nelle depressioni di Giza, il che la fa appena trattenere dal sobbalzare quando due dita di Basch le sfiorano appena l’incavo della spalla.
«La sposa sta arrivando. Volete vederla più da vicino?» sorride il capitano, mimando una delle domande tipiche di quando, in passato, la principessa gli domandava di scortarla in prima fila ad ammirare gli strascichi carichi d’oro delle gran dame.
«No,» ride lei a sua volta, con una discrezione che la penombra e lo scialle ricamato in cui si è avvolta non possono che accentuare. In un palpito di ciglia, però, i suoi occhi vanno a cercare il velo della sposa in controluce fra i barbaglii del fuoco. Avvezzo a notare sempre tutto, Basch si lascia scappare un sorriso intenerito nello scorgere il suo interesse. Balthier, dietro di lui, incrocia le braccia con aria talmente seccata da superare anche la naturale maschera della sua indolente compostezza. Fran arriccia le labbra in una smorfia divertita e fa posto a Nono, che, sporco di grasso e visibilmente corrucciato, non sembra foriero di buone notizie circa la salute della Strahl nelle prossime ore: durante il loro ritorno a Dalmasca, la sabbia e il pietrisco imbarcate durante il tragitto hanno intasato a puntino gli anelli aeroglottici. Il proprietario non ha modo di lenire il proprio ego ferito, al pensiero che tutto l’equipaggio della sua aeronave è stato caricato di peso da una carovana di commercianti in procinto di festeggiare il matrimonio della figlia maggiore – quella che, ahimé, era di gran lunga la più graziosa fra le cinque, il che rende il povero aviopirata un uomo del tutto inconsolabile, almeno fino al primo bicchiere di Madhu.
«Signori,» si stiracchia, appunto, spazzando via qualche granello di sabbia dalla camicia «vado a risollevare il mio animo bistrattato da quest’incredibile sequela di sfortune con una sana bevuta in onore e gloria alla nostra impresa di domani» e trascina via la viera in uno strattone gaudente.
Costretta a muoversi spalla a spalla nella calca che suona e schiamazza in onore degli sposi, Ashe cerca di appiattirsi il più possibile contro quella di Basch, su cui la pressione sembra non sortire alcun effetto: ogni tanto la principessa si chiede se quell’uomo non sia stato intagliato nel granito, e non può fare a meno di domandarsi se, nell’osservare gli sposi che danzano a piedi nudi fra le scintille, stia ripercorrendo le stesse immagini che lei sta rivivendo nella propria memoria. Accanto a sé, avverte il peso della sua ombra e può quasi percepire il calore della mano sospesa dietro la sua spalla – dieci anni passati al suo servizio gli hanno instillato una naturale paura al pensiero di toccarla. Trattiene un moto di sorpresa, tuttavia, quando tutte e cinque le dita si chiudono sulla sua spalla con una delicatezza straniera, su quelle mani consunte dalla fatica.
«Lord Rasler sarebbe fiero di voi» soffia nell’orlo frangiato dello scialle, come se fosse un segreto.
«Sì» risponde lei, svolgendolo dai capelli e attorcigliandolo semplicemente sulle spalle. Lascia che un braccio si tenga più saldamente alla casacca del capitano – o forse al brandello di camicia al disotto, non vede bene – e non dice più niente. Gli si appoggia contro con una morbidezza tutta nuova, il calore del fuoco e della gente che l’accarezzano come mai più potranno fare gli interni del palazzo rivestiti di marmo, semmai riuscirà a rimettervi piede, domani.
Si stupisce nel pensare che gli androni in cui ha vissuto tutta la propria adolescenza abbiano la consistenza nebulosa di un sogno, e che mai più potrà ricondurvi Basch secondo il ruolo che gli spetta di diritto – forse, adesso che sa badare più a se stessa e a quello che sente, questo le brucia più del trono strappato.
«Due anni fa non avreste mai osato sfiorarmi.»
«No,» ammette il capitano con una scrollata di spalle «ma il detto dice che il coraggio sedimenta come buon vino nelle avversità.»
Ashe gli concede un sorriso impercettibile.
«Avete passato troppo tempo a girare per taverne. Mi domando se saprete riadattarvi agli ambienti di Corte.»
«Due anni fa non vi sareste mai posta simili problemi» la stuzzica Basch, sollevando appena la voce su quella della calca che leva i bicchieri strapieni di Madhu per brindare. Perde un po’ dello spirito per motteggiare quando lo sconosciuto alla sua sinistra gli chiude un bicchiere traboccante di liquore fra e dita. La principessa sembra deridere un po’ la sua espressione, ma Basch la scopre intenta a esaminare una manciata di semi che qualcuno le ha rovesciato sul palmo della mano.
Un’ondata dolciastra e speziata invade le loro narici.
«Cumino, Maestà?»
«Oh, già, voi siete nato in mezzo alla neve» dice, e avvicina le labbra al suo bicchiere per un sorso di Madhu. Rotola nello stomaco vuoto dolce come miele, e bruciante come vetriolo.
«Fin dai tempi di re Raithwall si racconta che un seme di cumino faccia la felicità di due amanti, per non separarli mai più.»
Mentre i semi degli invitati fischiano a manciate nell’aria, Basch fa ruotare silenziosamente il bicchiere per bagnare la lingua dove la bocca di lei ha lasciato un’impronta, e alza gli occhi per vederla poggiare un seme di cumino fra le labbra.
«Non tentatemi, Maestà» sussurra, ma già i suoi denti si chinano a spezzarlo a metà, e un misto di miele e d’amaro gli investe il palato quando sente il cumino sgretolarsi come autocontrollo sulla lingua di lei.
L’uomo cerca la nuca a tentoni fra le ciocche sottili dei suoi capelli, e il blocco compatto della folla gli getta praticamente Lady Ashe fra le braccia, tanto da non fargli bastare nemmeno lo spazio per respirare, nel momento in cui lascia la presa sulle sue labbra in un misto di Madhu e saliva. La sente prendere fiato con le mani avviluppate nei suoi capelli, e Basch lascia che sia lei a baciarlo, stavolta, quasi mordendolo, una mano che scende ad accarezzargli la mascella e che si sposta a stropicciare nel pugno la casacca impregnata di fuliggine e sudore, quasi a volersi tener stretto sotto le unghie quel momento di pace e anonimato. Lui incrocia le braccia dietro la sua schiena, e i fianchi di Ashe che si sollevano per seguire il ritmo scalcagnato dell’accompagnamento musicale gli fanno strozzare il fiato in gola.
«Lady Ashe–» le dice all’orecchio, in una scia arroventata d’alcol e desiderio mentre lei morde il suo e gli fa pulsare il sangue ovunque.
«–è una donna adulta adesso» rivendica lei, ricalcando le parole del Marchese Ondore, senza curarsi di quanto intime e irripetibili le renda la circostanza mentre si strappano baci e morsi fino ad arrossarsi le labbra, spintonati qua e là nell’orda di villici ubriachi di canti e di liquori, tanto che Basch si accorge a fatica della mano di lei che gli sfiora tutto il petto in punta di dita, ma, come attraversato da un fulmine, ne prende violentemente coscienza quando tratteggiano con lieve, estenuante precisione l’erezione che si sfrega contro la tela dei calzoni e il cuoio spesso della sua gonna.
Mordendo un singhiozzo nell’interno della guancia, Basch strofina la fronte contro la sua, e le piccole dita slacciano la sua cintura in due gesti secchi. Lui se la stringe contro, la mano calda di lei che esita chiudendoglisi contro e scivola a impugnarlo piano secondo la cadenza spezzata del suo respiro. Lo lascia andare quando avverte tutti i suoi muscoli irrigidirsi, e coglie l’occasione per puntare il bacino sul suo come un chiodo piantato nel muro in un sol colpo.
Basch apre le labbra senza un suono, e non trova che quelle di lei a solleticarlo in uno sbuffo.
«Spero solo che il vostro coraggio non venga meno adesso» e chiude gli occhi, fremendo d’anticipazione mentre lui le solletica l’interno delle cosce senza davvero toccarne la pelle e sposta la porzione di stoffa che si tende nel mezzo.
Col cuore che si torce come impazzito fra le gambe, Ashe sgrana gli occhi a chiedergli un bacio, ma le esce un gemito sottile e bagnato, mentre l’aria sembra scottare così tanto da non poterne respirare una briciola.
A un suonatore sfugge un polpastrello da una corda del qanun, e Ashe sussulta nella stonatura quando un dito di Basch scivola in lei e il suo corpo decide di contrarglisi attorno.
«Oh–» esala, premendo lentamente i fianchi contro l’intrusione, ondeggiando piano nel seguirne il ritmo, e riprendendo a respirare quando la sua mano si ritrae.
Ashe, però, ha appena il tempo di aggrapparsi alla sua nuca, che Basch, carezzando l’arco della sua schiena, la bacia dietro un orecchio e le schiude delicatamente le gambe. La spinta dentro di lei, però, è di un brusco di cui nemmeno lui, mentre le graffia le scapole e le morde il collo, riesce a capacitarsi davvero. E quando Ashe geme, con il naso che gli tocca l’orecchio, in un suono che lui è convinto mai e poi mai avrebbe udito da quelle labbra, qualcosa fra lo stomaco e il cuore gli si scioglie come burro. Qualcuno batte le mani, e la principessa lo lascia affondare in lei con uno strattone, la schiena che si appoggia nella sua stretta e le ginocchia che gli tengono il bacino con tanta fermezza che quasi ha paura di farle male. Ma il pensiero dura un attimo, e per la fretta di baciarlo Ashe quasi gli morde la punta della lingua, in un rintocco confuso e scoordinato di fianchi che spingono e di bocche che annaspano senza trovarsi, finché Basch non avverte lo spasmo in cui lei si lascia andare.
La segue, appoggiando le labbra a prendersi un respiro dei suoi, e, nel restituire a entrambi una parvenza di compostezza, l’abbraccia con le nocche che sbiancano, l’umidità, il vento e l’odore della calca e di loro due appiccicati ai vestiti.
«Andrà tutto bene, mia signora, ve lo giuro.»
E Ashe, lentamente, lo stringe a sua volta.
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A/N 22 dicembre 2010, ore 15:59. Ciao P0rn Fest, è sempre un piacere sapere che giungi a rischiarare i momenti più bui della mia esistenza *cuori*. Tutta su istigazione di Fiorediloto, che lancia un innocuo “vince chi finisce prima” XDD. Giusto per rompervi le palle, il cumino è una spazia amara e dall’odore dolciastro che cresce in luoghi caldi e sui terreni aridi. Nel folklore medievale, gli sposi che lo portavano con sé ottenevano la felicità, e impediva a polli (XDDD) e agli amanti di fuggire. Il qanun, invece, è uno strumento a corde usato nella musica araba classica, e si suona orizzontalmente. Il titolo, per cui lungamente sofferto, è un verso dell’Ave Maria Pagana di Cocciante, mezzo mutilato.
Spero di non avervi scandalizzato troppo <3.