Titolo: No choice may ours to be
Fandom: Final Fantasy XII
Personaggi: Ashelia B’Nargin Dalmasca, Basch von Rosenburg
Parte: 1/1
Rating: NC17
Parole: 976 (LibreOffice)
Note: spoiler sul finale, NSFW, per Valychan
Mani ruvide
Ashe affonda volenterosamente nella pinta di birra – che potrebbe contenerla senza difficoltà – fino a intingere la punta del naso nella schiuma, lo spesso orlo del cappuccio che cade a coprirle il viso e una mano che accorre a rimboccarne l’orlo.
Lei ridacchia, leccandosi rapidamente le labbra e chinandosi a sussurrare all’avventore che, di fronte a lei, beve a grossi sorsi.
«Sembriamo una coppia di briganti.»
Lui sorride, stringendo le spalle nel mantello logoro.
«Siamo due ottimi attori, allora» commenta, serafico.
Ashe indugia con le labbra sull’orlo del boccale – lui la osserva in un misto di sorpresa e tenerezza, nell’accorgersi che, anni fa, non avrebbe mai potuto vedere neppure un accenno di quel sorriso – sul limitare della sua adolescenza, gli eventi non avevano fatto che sopprimerlo, e lei aveva seguitato a combatterlo come il più acerrimo dei propri nemici, anche quando le circostanze glielo avrebbero permesso.
Si scopre a sorridere anche lui.
«Non ditemi che avete perso l’abitudine di affettare soldati lungo la strada!» mormora Ashe, allungando le proprie dita a coprire le sue.
«Non quando si tratta dei vostri soldati, signora. O dei miei.» aggiunge, puntuale, con l’immobilità che mai ha perso.
Stavolta, però, la sua mano si avvolge delicata a ricambiare la sua stretta, e insieme si dirigono al bancone, poggiandovi qualche moneta sudicia, le spalle che si sfiorano sotto la stoffa mentre salgono le assi mezze muffite delle scale.
«Sei invecchiato, Basch» commenta Ashe sulla punta delle sue labbra.
«… Mentre tu sei ancora bella» sussurra lui, conciliante, mentre la bacia in un soffio, il cuore che si torce per un istante nel sentire il proprio nome scivolare a piccoli passi nell’aria rancida della stanza.
Ashe soffoca il suono secco della propria risata nella sua bocca, allentando la presa dei frusti abiti da civile che porta addosso, fibbie e lacci fino alla pelle al disotto.
Dietro di loro, il letto è sfatto – nessuno di loro sa esattamente perché continuino a scegliere posti del genere: non sono più comodi, più semplici, né tantomeno più sicuri, ma Ashe suppone di ricordare quello che è perso e passato di una giovinezza che ha odiato con ferocia. Era tutto senz’agio, senza sicurezze e senza sonno, in un mondo che brulicava di banditi e puttane, ma puzzava di verità e franchezza, di chi si rotolava nella fatica e nella miseria. Era stato un tempo in cui un bacio e un abbraccio non avevano alcun costo, e in cui la speranza lasciava l’impronta pesante del sacco a pelo, della sabbia, dei fianchi di Basch sui suoi, del gemito strozzato e senza voce in cui si rovesciava dentro di lei, impazzendo di milioni di promesse per poi rivelarsi in grado di mantenerle fino all’ultima.
Col passare degli anni, ha confessato a se stessa di ignorare persino il capriccio per il quale l’aveva lasciato scivolare fra le gambe, in una di quelle notti senza fondo, impregnate del fumo del fuoco. Quando fanno l’amore, adesso come allora, Ashe, aggrappata alle sue spalle, trattiene il respiro nel sentire la carne mancarle da sotto le dita: alcune delle cicatrici mostrano quanto la frusta abbia scavato a fondo a ogni sferzata – ogni volta, tiene per sé il pensiero, ma sa che non basterà l’armatura di Noah a nasconderle, né le sue carezze a levigarle.
Ma sospetta che Basch lo sappia – perché Basch sa tutto – mentre segue l’ombra della propria bocca sulla sua pelle, osservandola allo sbuffo di fuoco pallido di due candele. Pensa all’abbronzatura selvatica del deserto – il palazzo gliel’ha lavata via di dosso – e alla morbidezza che è tornata ad abitare nel palmo della sua mano; il solco coriaceo di chi maneggiava le armi s’è stretto in un segno sottile. Pensa che l’ha seduta nuovamente sul trono, intrecciandole la seta nei capelli, e carezza le vertebre rotonde della sua schiena sulle lenzuola sporche di una bettola, senza poterle dare niente più. Pensa all’onore e a dove mai l’abbia lasciato, mentre la disegna con le mani consumate dalla fatica e la sente rabbrividire: ogni tocco è un po’ come graffio, ma Ashe ride, con una punta di tristezza che sa di pessima birra e di pace. Lui, mezzo in ombra, sorride a sua volta, i fianchi che si spingono contro i suoi sotto il nodo del lenzuolo, facendola balbettare di un misto di piacere e nostalgia.
Quando lo stoppino della cera si accartoccia nella cera calda è quasi l’alba, la pigione è agli sgoccioli e Ashe lo guarda puntellandosi con un gomito sul cuscino.
«Di solito, questo è il momento in cui comincio a sbugiardare tutti i principi di Ivalice in età da marito, mentre tu mi tieni dietro dietro fingendo di rimproverarmi.»
«Sono invecchiato, no?»
«Solo un po’…» dice, premendo appena le labbra sulle nocche della sua mano. Lentamente, Ashe scende dal letto, e, inciampando nel proprio logoro travestimento da delinquente, lo infila pezzo per pezzo. Dietro di lei, Basch la imita, immergendo le mani nel catino d’acqua sul comodino e bagnandosi la faccia un paio di volte: ha un lungo viaggio davanti a sé, un’armatura massiccia di cui rientrare in possesso e un ruolo anche più pesante, ma non se ne lamenta poi così tanto. La osserva sollevare il cappuccio sulla testa e la segue per le scale, con l’espressione più torva che gli riesce, fissando minaccioso chi dorme con il muso infilato nei boccali mezzi pieni.
Ashe lo tira all’aria aperta tenendolo per mano finché può, stretta nel mantello con ancora il calore del suo corpo addosso: il vento spira gelato dai quartieri alti, e qualche artista di strada spegne i fuochi, pizzicando le prime note sulle corde.
Nascondendo un sospiro, Basch le poggia una mano sulla spalla come ha fatto secoli fa.
«Andiamo» dice, ma è di nuovo lei a tirarlo avanti, lungo il lastricato.
La lascia fare, come ha sempre fatto, e come continuerà a fare. Nel mentre, sorride un po’.
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A/N 31 luglio 2011, ore 2:33. Per quanto il ritardo con cui arriva lo renda incredibile, questa è per l’iniziativa ‘Un prompt al giorno’ di Fanworld. Il prompt ha fatto la muffa, e il compleanno di Valychan – a cui era stata amorevolmente dedicato tutto ciò – altrettanto. Spero resti un regalo gradito e pieno d’ammore qual è inteso ♥. Mi ha fatta impazzire, a un certo punto ho seriamente pensato che mi sarei ritrovata impiccata nel groviglio di POV. La scintilla che mi ha sbloccata è made in Crim, grazie a una sua bellissima riflessione su Basch e sull’onore qualche tempo fa, e il titolo è un mezzo verso da ‘Beneath a Phrygian Sky’ di Loreena McKennitt, che un po’ secondo me sminuisce la canzone, ma vabbe’ XD.