[Ace Attorney: Trials and Tribulations] The teenage queen, the loaded gun

Titolo: The teenage queen, the loaded gun
Fandom: Ace Attorney: Trials and Tribulations
Personaggi: Phoenix Wright, Miles Edgeworth
Parte: 1/1
Rating: R
Parole: 1640 (LibreOffice)
Note: NSFW, spoiler sul finale di T&T, omosessualità

The teenage queen, the loaded gun
[maritombola] 60. Oggi

C’erano cose che, in vita sua, Miles Edgeworth non avrebbe mai avuto voglia di fare.
«Wright?»
Una di queste prevedeva sventolare una mano davanti agli occhi di quell’imbecille di Wright per assicurarsi che li avesse ben chiusi, e scivolare fuori dal suo letto come un disgraziato, cravattino e mutande in mano, nella luce a strisce delle veneziane – oltretutto molto ridotta, dato che fuori pioveva a dirotto.
Quest’incidenza letale di fattori, aggiunto al naturale disordine del padrone di casa, fece sì che il proposito di sgusciare via come solo il Samurai d’Acciaio avrebbe potuto fare diventasse una rumorosa caduta di faccia, dato che l’idiota aveva appallottolato un calzino ai piedi del suo lato del letto, e lui – bravo cretino! – ci aveva pattinato sopra.
«Accident—»
«Edgeworth?»
Edgeworth si rialzò a fatica, borbottando un ‘ciao’ come un bambino beccato a impiastricciarsi di marmellata.
Con gli occhi ancora a mezz’asta, Phoenix lo squadrò con aria sospettosa, che sarebbe tuttavia diventata tale in modo convincente solo dopo le nove del mattino.
«Stavi andando da qualche parte?»
«A fumare in terrazza» replicò con una smorfia.
«Nudo?» si sentì in dovere di puntualizzare lui, ridacchiando.
«Certo che no» bofonchiò il procuratore, arrossendo, mentre, rassegnato, si sedeva sulla sponda del letto.
Il silenzio, grigio e pigro, si stiracchiò lentamente fra di loro mentre Phoenix si girava sulla pancia per guardarlo a lungo, i capelli schiacciati sulla testa come nessuno doveva mai averli visti prima.
«… Beh, e adesso?»
Edgeworth deglutì fra sé e sé.
C’era un buon motivo, d’altronde, per sgattaiolare via da quella stanza scrollandosi di dosso varie trafile di perché e percome.
«E adesso—»
Si interruppe, possiando i gomiti sulle ginocchia. Molti dei modi in cui avrebbe potuto terminare quell’aborto di conversazione – nudo sul letto di Wright, ci teneva a sottolinearlo tanto per fare presente la gravità irreparabile della situazione – contenevano il potenziale rischio di una porta di casa sul grugno, il che forse era auspicabile per lo stato di cose attuale, ma beh, ecco. Perdere Wright e perdere il sesso con Wright erano due cose diverse, assolutamente parallele. La seconda, addirittura una circostanza irripetibile perchè ecco, insomma, no. Poteva sopravvivere senza, certo, ma dubitava – e lo ammetteva con una certa riluttanza, anche – di sapere ormai rinunciare alla prima. Tutto di quella situazione, insomma, sembrava portarlo verso la china di complicazioni inutili degli unici rapporti umani che fosse riuscito a fondare su principi più o meno sani. Meno, a volerla proprio dire tutta, sospirò, guardando l’avvocato con la coda dell’occhio.
«Wright, è meglio che vada, davvero.»
Phoenix puntò un gomito sul materasso.
«Faccende da sbrigare?» chiese, con un sorriso amabile.
Lui annuì rapidamente.
«Devo passare in Procura, dal tabaccaio e—»
«Oggi è domenica. E tu non fumi.»
Lui alzò gli occhi al cielo per evitare di alzare le mani attorno al suo collo.
«Senti, davvero, restare non fa altro che peggiorare le cose, ecco. Io… beh, sono tornato dall’Europa e non capisco che diavolo mi sia preso, mi sento confuso e stupido e questa è una cosa di quelle che capitano una tantum e di cui poi non si parla mai più, no? Mi sembra il modo più semplice di approcciarsi alla questione.»
«Edgeworth—» e Phoenix si chiese francamente per quale ridicola ragione insistesse a chiamarlo gelosamente per cognome dopo aver passato svariati lassi della nottata a infilargli la lingua ovunque «—non prendere la mia come un’insistenza deliberata, ma questa è la quarta volta in un mese, da quando sei tornato, su un totale di quattro serate in un mese in cui abbiamo tentato di mangiare civilmente una pizza. Sono cose che, beh—è un po’ togliere ‘amici’ da ‘trombamici’, se permetti.»
Miles aggrottò le sopracciglia.
«La fai sembrare una cosa orrenda.»
«Beh, la mia idea era di farla sembrare una cosa, tanto per cominciare.»
«Hai questo brutto vizio di chiamare le cose per negazioni» bofonchiò lui, arricciando le labbra.
«E tu il brutto vizio di rivoltare la situazione a tuo vantaggio – so cosa stai per dire, e te lo ripeto per l’ultima volta… Quello era il succo di frutta che Pearls ha lasciato qui due giorni fa.»
«Oh, insomma, Wright, qual è il tuo problema?»
«Che non ne ho nessuno, fondamentalmente!» disse lui precipitosamente, frustando furiosamente l’aria in una serie di gesti semi-inconsulti «Che non ne ho mai avuto nessuno con il tuo carattere e con le tue scelte di carriera e le tue manie assurde – sono diventato avvocato per ritrovarti e guarda un po’, pensavo di fare il salto di qualità quando invece metà dei miei clienti non mi paga nemmeno la parcella!»
Fece una pausa per umettarsi le labbra, mentre Edgeworth continuava a dargli le spalle, massaggiandosi le tempie.
Phoenix stava quasi pensando di gettare la spugna, lanciando il lenzuolo da un lato e allontanandosi per preparare uno straccio di colazione, ma si era a stento seduto che Miles, rimasto in silenzio per una quantità preoccupante di minuti, girò la testa di scatto, guardandolo in faccia con gli occhi enormi di un bambino disorientato.
«… Wright.»
«Uh?» Phoenix ricambiò lo sguardo, una mano a mezz’aria che manteneva il lembo del lenzuolo. Doveva avere una faccia da idiota impagabile, il che succedeva molto spesso in presenza di Edgeworth, ma relegò il pensiero in un angolo del cervello, in favore del pathos del momento.
«Nella tua immane e congenita incoscienza… ti rendi conto che—che—che Santo Cielo, tutto questo è assurdo? Che abbiamo passato giorni e giorni sul posto di lavoro a scannarci perché la tua fortuna del principiante non faceva che irritarmi… e poi ho cominciato a fidarmi di te, e adesso che mi fido di te questo potrebbe rovinare tutto e io non posso permettere che una cosa come questa mi rovini, beh, te?»
Phoenix sbuffò, mollò lenzuolo, intenzioni per la colazione e tutto il resto, si avvicinò e gli prese il viso fra le mani.
«Edgeworth—Edgeworth, respira, per favore.»
Edgeworth inspirò profondamente, con tutta l’aria di un povero disgraziato con un attacco di panico incipiente.
«Wright, prima o poi tu mi farai morire. Non so come devo fare con te.»
E lo disse con un vocino così sperduto, così rassegnato e tremendamente privato, che Phoenix fece solo un ‘oh’ stupidissimo, sospettando che il cuore gli si stesse per sciogliere da un momento all’altro, e lo baciò sulle labbra.
Qualunque cosa Miles avesse da sindacare tanto, decise di procrastinare mentre Phoenix indugiava con la bocca sulla sua in uno sdrucciolio di labbra che gli faceva salire brividi a fiotti su ogni centimetro di pelle disponibile. La presa calda e un po’ goffa delle dita di lui che gli accarezzavano la schiena provvedeva a scioglierli in una scia di calore e solletico.
Quando la punta della sua lingua arrivò a sfiorare la sua, Miles emise un mezzo respiro strozzato, e Phoenix si staccò un attimo per guardarlo, le sopracciglia un po’ inarcate, così vicino che una sola parola con qualche consonante di troppo sarebbe stata sufficiente come scusa per baciarlo di nuovo.
«Ma hai ascoltato una parola di quello che ho detto?» gli chiese, con voce un po’ vacua e l’aria un po’ annebbiata.
«Oh sì,» fece Phoenix con una risatina da finto ubriaco, e Miles si sentì in dovere di agguantarlo di nuovo perchè insomma, era lì a portata di mano con due guance rosse così.
«E tu,» rise Phoenix, un po’ più forte, quando Edgeworth ebbe finito di fare i suoi comodi «ti sei ascoltato mentre andavi in panico?»
«Non ricordarmelo,» brontolò, stampandogli un altro piccolo bacio sulle labbra come a volersele studiare «fra dieci minuti me ne pentirò di nuovo e scapperò a gambe levate senza darti alcun margine di vantaggio.»
«Oh beh,» sussurrò lui, «l’importante è saperlo!»
Il commento vagamente sarcastico di Edgeworth morì senza troppe sofferenze nel momento in cui Phoenix borbottò un paio di scemenze lungo il suo collo, mordicchiandolo qua e là e allargandosi a tratteggiare baci leggeri lungo la spalla. Miles reclinò la testa da un lato, i capelli di lui che gli pungevano il lobo dell’orecchio.
«Wright—» gli sfuggì a mezza voce quando Phoenix prese delicatamente uno dei suoi capezzoli fra i denti – vederselo così in faccia e in pieno giorno lo faceva arrossire fino alla radice dei capelli perché gli faceva capire che magari il sesso con lui non era poi tutto quest’una tantum nella sua lista di priorità.
«Dio santo, ma c’è un bottone per spegnerti o cosa?» sentenziò Phoenix, atterrandolo sul letto con una mano.
«Me le stai servendo su un piatto d’argent—oh» e gettò la testa all’indietro – stirandosi qualcosa dietro al collo, per giunta – nel momento in cui Wright, sceso lentamente sotto l’Equatore, prese a mostrargli una serie di opere di convincimento per cui una laurea in Legge era fondamentalmente inutile.
«Oddio—» balbettò in un fremito, affondando le dita nel nodo di gel e sudore dei suoi capelli, ancora vagamente puntuti nonostante tutto. In una manciata di secondi, quel simghiozzo imbarazzato diventò un sussulto con conseguenze ancora più imbarazzanti, e il modo un po’ bastardo e un po’ gnorri in cui lui lo guardò un attimo dopo non aiutava affatto.
«Questo non sapevi farlo, ieri sera!» sbottò, sdegnato.
«Fingerò di non aver sentito, signor Queste-Cose-Non-Si-Fanno» ribatté Phoenix, accomodandosi di gran carriera addosso a lui.
Seguì attimo di imbarazzato silenzio guancia a guancia.
«… Ti prego, dimmi che sei ben consapevole che tutto il petting del mondo non negherà il fatto che dovremo parlarne, in un lontano futuro.»
«Edgeworth…» intervenne Phoenix strofinandosi gli occhi «Prestazione sessuale a tradimento. Post-coitum. Tuo. Domenica mattina. Dormi che è meglio. Oggi è andata così.»
«Domani,» annuì Edgeworth, un po’ rigido.
L’orologio sulla parete ticchettò piano qualche lungo secondo, un braccio di Phoenix attorno a lui sotto il lenzuolo.
Sbadigliò, cullato dal calore che lo circondava. Permise al suo braccio di incrociarsi sul suo.
Dannati avvocati.

~

A/N 16 dicembre 2011, ore 2:35. L’imbarazzo per questa lemon io non me lo spiego, dato che mica tanto lemon è, ma la Crim mi suggerisce ‘Nick happened’ XD. Prima o poi la trasformo in longfic. O magari in una raccolta. Comunque è stato divertente XD titolo rubato a “Read My Mind” dei Killers :D!

Juuhachi Go.

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