[X] Where all the time has gone

Titolo: Where all the time has gone
Fandom: X
Personaggi: Subaru Sumeragi
Rating: G
Parte: 1/1
Conteggio Parole: 1236 (LibreOffice)
Note: omosessualità, angst, spoiler X16, 17 e 18

And, should you ever wonder
Where all the time has gone
(bôa – Drinking)

D’accordo.
Diciamo che il mio desiderio deriva dal fatto che la morte non la temo più. Allora, ho pensato, perché non rendere la mia morte parte di ciò che tu ami? Sarà anche uno slancio esagerato, lo so, ma… beh, prendi lei: mi assomigliava più di ogni altro, era la parente più stretta che avevo, era una presenza fatta di carne soffice, che mi parlava, che io potevo sentire, vedere, tastare. Ed è morta nonostante fosse così reale, nonostante interagisse appieno con tutti e cinque i miei sensi, nonostante provasse sentimenti, avesse dei pensieri. Da un giorno all’altro è comunque svanita dal mondo fisico. Allora ho pensato che, così come lei era morta, allo stesso modo sarei potuto morire io, non sono diverso né da lei né da te, né da qualunque essere umano.
In questo – per quanto tu ti sia rifiutato di crederci fino a quando non te ne ho parlato – non c’entra niente il fatto che sia stato tu ad ucciderla. Beh, ci avrò fatto leva per un annetto, prima di scoprire che c’era dell’altro.
È stato tipo uno choc anafilattico o una crisi epilettica, è stato… forte. Ma non rende. Voglio dire, non è stata esattamente una cosa graduale: è stato una specie di trauma. Nell’odio che mi ero costruito aleggiava l’idea della morte allo stato puro, una sigaretta senza filtro, perché, lentamente, mi rendevo conto che poco importava chi mi avesse ucciso Hokuto: o tu, o qualunque altra cosa, la realtà non cambiava. Lei restava in fondo a una tomba, incurante di chi ce l’aveva spinta dentro.
Questo mi ha fregato, perché ho fatto in modo di innamorarmi di te come di nient’altro.
Il problema non era Hokuto, il problema era che non sopportavo che, non contento di avermi preso in giro, tu non mi odiassi, o mi amassi.
Esattamente come quel giorno in ospedale, tu sei rimasto l’unica persona che volevo provasse qualcosa per me.
Tu non mi hai mai detto la verità, ma io posso sognarla. Lo so che è stupido, ma tu sei intangibile, adesso. Tutto ciò che spero ti raggiunga – qualunque cosa tu sia – sono le mie fantasticherie, in cui ti dico cose che non ho mai nominato.
E guarda che non ho dimenticato come vanno le cose nella realtà.
Anzi, la realtà mi ha attirato addosso una specie di complesso, se proprio vuoi saperlo. Di tutti gli uomini che mi circondano, in ognuno riesco a tirare fuori qualcosa di te, volente o nolente. Da Aoki-san a Fuuma. Eppure non è avere te: sì, Fuuma ti assomiglia, ma attenzione, non parlo con gli occhi incantati dai desideri. È una considerazione oggettiva. Avete lo stesso modo di guardare, di toccare, di camminare e di parlare, ma tu sei tutta un’altra cosa, è un dato di fatto, è una cosa che sento quasi fisicamente. E fa male. Grida mancanza.
Soprattutto perché c’è un pensiero che mi tiene sveglio di notte.
Su questa Terra, adesso c’è una persona in meno che… non dico mi vuole bene… ma è rimasta una persona in meno che potrà mai fare di me il perno attorno a cui ruota qualcosa.
Non ho mai capito quale fosse quel qualcosa che hai attaccato alla mia pelle come un secondo odore, che è sprofondato nella carne del mio cuore come una radice profonda e infinita… e certo le tue ultime parole non mi renderanno mai la cosa più semplice e mi sballotteranno da una parte all’altra dei miei ricordi per tutta la vita… ma non sono curioso più di tanto.
Assecondo e basta, che altro potrei fare?
Che altro potrei chiederti?
E che diavolo dovrei cercare? Tengo stretto quello che mi hai lasciato, senza farmi – o farti? – domande.
Qualcuno – forse tu stesso – disapproverebbe su tutta la linea, ma credi avrei accettato il peso del tuo testamento, se non avessi intravisto la tua logica distorta, dentro quell’urna d’argento?
Se ci pensi un momento, è un po’ la stessa ineluttabilità del disegno di Dio. È semplicemente un qualcosa che ti trova il tuo piccolo grande ruolo da protagonista, ed è una cosa immensa, superiore, incomprensibile, nella quale non sono previste domande, risposte, o illuminazioni. Cala su di te, e tu segui il tratto grigio della sua matita senza capire, senza pretendere. Dubiti in silenzio, e ti struggi e maledici e ogni tanto bestemmi, ma non ti sono permesse deviazioni o anteprime speciali, tanto non si può cambiare.
Il destino non è una cosa di cui possiamo decidere da soli. Come potremmo, se non ci è permesso comprenderlo?
Ma non è l’opinione di Dio al riguardo che mi interessa.
Dio mi ha perso molto tempo fa.
Non che sia stata una gran perdita, in fin dei conti. Stessa tela, autore diverso. Il mio disegno l’hai impresso sulle mie mani. Fra il tuo e quello divino che mi hai precluso quel giorno, c’è una basilare differenza.
Avrei potuto ribellarmi in qualunque momento, ho avuto un anno intero di tempo.
Tirai le somme, e mi trovai irrimediabilmente incastrato.
C’erano due disegni, in parole povere.
Uno, Dio l’aveva ricamato a regola d’arte, e io avrei solo dovuto percorrerlo con passo da equilibrista, vacillando su un bagaglio progressivo di gioie e dolori, successi e sconfitte.
Ma l’altro portava a te.
E non confidavo nella fallacità umana del tuo progetto. Non avevi il potere di amare, il potere di sbagliare sarebbe stato chiederti davvero troppo.
Non mi aspettavo niente da te. Più precisamente, non mi aspettavo niente di meglio rispetto all’avermi portato via tutto.
Probabilmente Dio mi avrebbe lasciato un briciolo di felicità in più, ma mi ha tolto l’umana imparzialità, quando mi trovavo al cospetto del tuo nome.
Sì, mi sto coprendo.
Quella, forse, è stata l’unica cosa di cui mi sono deliberatamente disfatto da solo, lasciamo a Dio il suo campo d’azione, perché la mia logica è di una pochezza vergognosa.
Io ti amavo.
Tutto qui?
È questo che intendevo parlando di disegno che non implica spiegazioni di sorta, perché non ci si arriva comunque. L’amore non è abbastanza, come arrivi a dire di aver capito e di voler salvare il mondo con solamente l’amore in mano, e intanto non hai nemmeno potuto salvare te stesso da un uomo che avrebbe potuto dimenticarti da un momento all’altro? E che invece ti dice ti amo prima di annegare fra le tue braccia?
Non è amore.
Sottintende troppe cose per essere amore. Inghiotte una rete di concetti più vasti, una serie di verità e di bugie che non si possono distinguere, ed è per quello che tu hai detto che mi ami.
Sapevi che non avrei mai potuto chiederti di ripetere.
E vaffanculo, ho pensato. Non puoi darmi qualcosa e ritrarla così. Non puoi negarmi tutto per tutta una vita, che ho buttato ai tuoi piedi, e darmi tutto insieme.
Mi irrita terribilmente.
Qualcuno potrebbe chiamarlo desiderio, così come qualcun altro potrebbe limitarsi a notare che sto piangendo come uno stupido. C’è chi si azzarderebbe a dire che il mondo si regola sulle nostre scelte, e io sono qui perché ho fatto le mie.
Io rispondo sempre che avrò fin troppo tempo per pensarci sopra.

~

A/N 1 settembre 2006, 2:54. La scrivevo quando piangevo per una persona che non c’è più. Qualcuno ha detto, prima di leggerla, che sicuramente non sarebbe riuscita a distinguere me e il personaggio. Me e le mie manie di immedesimazioni, ho scritto una mezza fic filosofica. Mpf.

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