Titolo: Into my arms
Fandom: X
Personaggi: Subaru Sumeragi, Seishiro Sakurazuka
Parte: 1/1
Rating: R
Parole: 416 (Word 2019)
Note: per il Writober 2020; omosessualità, angst, spoiler volumi 16, 17 e 18, gore e menzioni di autolesionismo a fini… uhm… pratico-esoterici, I guess?
Into my arms
[Writober 2020] #17 – Marchio
Il primo giorno, ho smesso di capire come funzionasse il mondo attorno a me. Tutto si apriva e chiudeva senza senso e senza coordinazione, mentre io fluttuavo, semi-cosciente, come un cadavere in una piscina.
Ho cominciato ad accorgermi relativamente tardi che i marchi mi stavano sparendo dalle mani; a un certo punto, fu semplicemente troppo tardi per tornare indietro. Ho provato tutto quello che avevo in casa, dalla trielina alla soda caustica al caro vecchio coltello, e ho capito molto presto che il Sakura preserva i suoi servitori con gelosa cupidigia. Un Sakurazukamori intestardito a non conservarsi come tale, tuttavia, doveva essere cosa sconosciuta in tutti gli annali del clan: la magia dell’Albero tirò tutti i suoi fili, come cuciture male imbastite, per impedirmi di rintracciarmi i pentacoli sulle mani.
Il quinto giorno, sembravo preservato nella cera – Fuuma è giunto a portarmi l’occhio quando avevo smesso già di contarli, e così è passata l’Apocalisse, le sue macerie ormai sepolte sotto i rintocchi di un metronomo impazzito, che non mi lascia morire. Fino a che, una notte, non è stato Lui a venirmi in sogno. L’ho sentito salire fino a me dalle radici, come clorofilla. Mi avrebbe percepito così, Lui, se tutto fosse andato come avrebbe dovuto?
«Non morirai mai, Subaru-kun. Resterai fuori dall’ordine delle cose, per mantenerne in bilico l’equilibrio.»
Nell’udire simili parole da coLui che sempre se ne è disinteressato, sentii la rabbia riempirmi ogni vuoto del corpo.
Ululai e piansi contro il suo volere, nei secoli dei secoli, nell’attesa che, come i Sokujinbutsu, i denti mi cadessero dal cranio, che la pelle mi si tendesse sulle ossa, bruna e coriacea come cuoio. Ma ancor di più attendevo di poter sentire ancora una volta il suono della Sua voce. Per centinaia d’anni, sotto la patina di giovinezza del Ciliegio, non udii che silenzio, vittima e carnefice della punizione che Seishiro-san mi ha inflitto, a detta Sua per amore, ma, molto più probabilmente, per semplice dileggio. Rigido come una figurina d’avorio, non trovavo posto in nessun luogo del mondo, se non presso il tronco del Sakura, nel nero fitto della maboroshii, il cui abisso m’era sconosciuto in ogni incantesimo della mia arte.
«Liberami, liberami» supplicavo, senza mai ottenere risposta, fino a che non giunse, in punta di piedi, anche quella.
«Non avere paura, Subaru. Ci sono anche io, quaggiù con te.»
Fu solo allora che capii di essere esattamente dove avrei dovuto.
E, senza pensieri, mi addormentai fra le radici, come un fiore a loro estraneo.
~
A/N 18 ottobre 2020, 0:07. Che dire, ho sprecato uno dei miei headcanon mai scritti con un’introspettiva. Non mi dispiace, ma sono anni che me lo cullo per una roba più asciutta e più concreta, dato che anche questo fill per il Writober è andato a caso giulivo. L’ultima frase è una citazione al drama cd di Seishiro. Setsuka lo ammonisce dicendogli che il Sakura si arrabbierà se proverà a piantare dei fiori ai suoi piedi per lei. Il titolo è della omonima canzone di Nick Cave. Seemed fitting! Qui se volete info per il Sokushinbutsu.