[X] Shadow Zones

Titolo: Shadow Zones
Fandom: X
Personaggi: Subaru Sumeragi, Seishiro Sakurazuka
Parte: 1/1
Rating: NC17
Conteggio Parole: TROPPE PER UNA ROBACCIA DEL GENERE 4374 (LibreOffice)
Note: omosessualità, nsfw, ricordiamo alla gentile clientela che questo è stato il mio primo porno gay serio, immaginatevi voi che doveva essere il resto, che Iddio mi SOTTERRI.

Shadow Zones

La notte di Tokyo, bambina maliarda ed esile, incedere sicuro e occhi adulti di brace, il collo profumato dei ciliegi che fioriscono ovunque per servire quel maledetto figlio di puttana che ha ridotto la mia anima a brani per esporli, sanguinolenti, in teche di vetro. Riso di lucciola che si schiude su ogni mia serata insonne.
Questa notte edochiana di Subaru Sumeragi si snoda dove il fumo e l’alcol ristagnano per aiutarmi a coprire l’aroma della primavera di questa città, persistente anche in mezzo alle stelle fioche. O forse è il mio olfatto condizionato dall’odore dolce del suo corpo quando schiacciava un onmyouji di sedici anni contro di sé, giusto per il gusto di dipingere di rosso le guance solitamente esangui. Non potevo sapere quanto crudele fosse, invece, l’intento di quelle mani, messe al mondo per frantumare ogni mio piccolo sorriso e godere di questo con la totalità della sua esigua anima.
Non sento freddo, vicino a lui, fino a che non ne scorgo il sorriso, una semplice incisione nel marmo bianco, null’altro.
Un’incommensurabile vertigine e io sono il pazzo che la elegge a propria droga.
Dita sulle tempie in un taumaturgico tentativo di guarigione da tutto il delizioso veleno che ha instillato in me, giorno per giorno, l’asperrimo miele del suo unico occhio.

There are shadow zones all around.
We danced thick as trees
still prisoners of wood
and in between the smoke and wines
on the dancefloor there he stood
I could see in your eyes you’re the one to burn it all down.
And I want to be there
yes I want to be there.

La mia mano si allarga sul bancone a sostegno del corpo che si volta verso le sagome presenti, imprecise nella soffocante caligine di sigaretta. Risplende l’oro freddo fra la matassa dei volti che non conosco, fremo, freme tutto il mio corpo.
Acqua così gelida da risultare, ai sensi, bollente.
Uno scroscio dentro di me, e, dannato Subaru, il suo gelo non fa altro che inebriarti.
Appoggiato al muro dalla parte opposta del locale, mimetizzato nell’impermeabile scuro, era semplicemente un’ombra confusa nella fievole, fumosa illuminazione della stanza. Un sorriso piatto sulle labbra su cui poggiava l’immancabile Mild Seven, lo sguardo crepitava come fuoco ghiacciato sulla sua preda dai gomiti nuovamente appoggiati alla superficie lignea su cui si mescolavano pugni e tintinnii di bicchiere.
I passi, leggeri e felpati, che lo dividevano da lui erano davvero pochi, già la mano si era distesa sulla spalla rivestita dell’impermeabile bianco. Quello di vederlo ostentare un gelo inattaccabile , mentre in realtà in quello sguardo incredibilmente intenso e triste passava l’ombra di un sedicenne propenso a guardare al lato bello delle cose, il cui mondo era costituito da lui e sua sorella, era un piacere a cui non poteva in nessun modo sottrarsi.
Sogghignò: Subaru non era cambiato.
«Subaru-kun.». La voce di Seishiro proveniva da dietro la spalla del giovane uomo e subito si insinuò nell’orecchio di costui come un brivido, mentre l’altra mano del cacciatore cercava apparentemente sostegno appoggiandosi all’altra scapola dello sciamano e premendo su di essa in un gesto di fittizia e canzonatoria complicità, sebbene gli occhi stancamente serrati dell’onmyouji intendessero comunicare un fermo diniego.
Eppure, Subaru non poté esimersi dal calore che le dita del suo opposto stavano trasmettendo ai suoi nervi in tensione. Non voleva.
«Niente di meglio da fare, eh?» ma di certo non l’avrebbe avuta vinta.
«Oh, avanti, riesci sempre a rovinare l’atmosfera! Piuttosto, gradirei sapere perché mi seguivi…». Decisamente sardonico.
«La tua ironia comincia a scadere, sarà la vecchiaia…?»
«La tua, invece, mi è del tutto nuova» si ritrovò a considerare il Sakurazukamori, dal cui tono di voce il Sumeragi riuscì a distinguere una punta del solito divertimento distaccato e niente più di quest’ultimo, in maniera esattamente conforme alla limitata gamma di sentimenti esternabili dell’assassino del Ciliegio.
«Non ti senti stanco di tutto questo, ogni tanto?» gli domando d’improvviso, in tutta sincerità.
Magari era realmente solo, triste, ma, in ognuna di queste due ipotesi, lui si ritrovava a recitare il ruolo del passatempo, senza scampo alcuno.
«E rischiare di lasciarti in mano al tuo destino senza di me? Sai più di qualunque altro che una preda non è mai sola, specie se mia, Subaru-kun…»
«Avrei dovuto aspettarmela questa, ok…»
«Cosa?»
«Niente. E in ogni caso, a me pare che il tuo prezioso ‘patto’ sia qualcosa di piuttosto… unilaterale.»
«Ho come l’impressione che stanotte non ti prema della tua stessa vita…» l’altro uomo si era finto pensieroso.
«… cazzate…»
«Oh, tutt’altro» l’ex-veterinario si era affrettato a correggerlo con un sorriso sensuale. Il resto delle parole del Chi no Ryu vibrò contro la gola del Drago del Cielo «perché la tua vita dipende da me, da me e da ogni mio capriccio. In definitiva: mi appartieni molto più di ciò che pensi, credimi.»
«Deduzione brillante» replicò piattamente il giovane. Touché. Maledettamente vero, molto più di ciò che Seishiro affermava e sosteneva di sapere. Era la sua scelta, quella. Tutto il suo amore era una fottutissima scelta sbagliata, logorante.
«Che hai?» gli domandò il Sakurazukamori, notando il silenzio dello sciamano suo opposto, i cui occhi ardevano come braci smeraldine. Alla vista di un tale sfoggio di carisma (o forse, stando ai suoi ricordi di quel ragazzino saggio ed educato, si trattava di rabbia?), non poté risparmiarsi un riso divertito.
«Tanto, non te ne cureresti» lo accusò il venticinquenne con aria ferita, nonostante tentasse di occultarla
«Vorresti che io lo facessi?» il Messaggero, superata un’iniziale perplessità, sondò il terreno con un quesito fin troppo diretto, la cui risposta fu nient’altro se non uno spaesato interludio.
L’assassino seguitò ad osservare Subaru, nella cui interiorità si era sicuramente scatenata una ribellione: rigido, attonito, fremente di stizza, lo sguardo lucido e i pugni serrati, avrebbe pagato oro per poter leggere dentro di lui… Privo di esitazione, fece scivolare il braccio attorno alla spalla della sua preda per cingerla strettamente; giurò di aver sentito il cuore dell’altro saltare un battito, cosa che lo rese ancora più determinato a non lasciare la presa, anzi, a scivolare elegantemente dietro di lui per attirarlo a sé, l’ennesimo sorriso sottile e compiaciuto tratteggiato sulle labbra, le quali, data la vicinanza, andarono a sfiorare la nuca del giovane in maniera men che impercettibile, sufficiente, in ogni caso, a sferrare una pennellata di stupore sullo squisito affresco del volto fine ed esangue.
«Sai qual è il modo migliore per vincere una tentazione, caro il mio Subaru-kun?*» quel sussurro accarezzò con malizia il timpano del Sumeragi, di cui sfiorò le punte dei polpastrelli, dopo aver abbandonato le mani lungo i fianchi. La tensione del suo adorabile passatempo era stata deliziosamente portata agli estremi.
Conscio di ciò, Seishiro rise morbidamente contro il suo orecchio e ne sfiorò brevemente il lobo utilizzando la punta della lingua. Subaru socchiuse, suo malgrado, gli occhi. Si stava deliberatamente prendendo gioco di lui, come di consueto, lo sapeva. Lo sapeva! Dannato, stava facendo leva sulle sue debolezze per renderlo utile ai suoi fini. E maledizione, ci stava riuscendo: gli era sempre più difficoltoso aggrapparsi a un pensiero razionale, con… con il suo respiro… e il suo corpo… così vicini… e… quelle stramaledette caldissime dita contro le sue, in contrapposizione all’inverno perenne di quelle iridi scompagnate!
«Cedervi.» il cacciatore uccise il quesito posto alla sua preda e, dopo aver appoggiato un lievissimo bacio sulla mascella di quest’ultima, approfittò dell’incauta ed eccessiva rilassatezza di quelle membra per voltare lo sciamano e lasciarlo ricadere fra le sue braccia, incurante dello scatto di sorpresa di questi, la cui schiena, l’istante successivo, era addossata a una parete, a causa della forza esercitata dal corpo del Sakurazukamori pressato sul suo.
Subaru si sentì mancare. Possibile che, fra tutti gli avventori nessuno stesse realizzando ciò che stava accadendo?! Inoltre, a giudicare dall’angolazione, essere notati sarebbe stato difficile.
«Ti… ti odio!» ringhiò, disperato. Non aveva niente da gridare al vuoto, ilare atteggiamento del viso di quel demonio, o, per lo più, era certo di non esserne capace usando le parole. Quell’indignazione e quell’ineffabile tristezza non sfuggirono al minuzioso esame del carnefice, il quale non perse l’occasione di immobilizzarlo ulteriormente contro il muro ed a ridurre la distanza fra i loro visi, ormai quasi totalmente accostati l’uno all’altro. Il venticinquenne non poté fare a meno di rabbrividire nuovamente. COSI’ vicini, eppure Seishiro pareva lontano mille miglia…
«Bene,» Subaru poteva avvertire il soffio di quelle parole accarezzargli le guance… ebbe la disarmante e niente affatto gradita sensazione che le sue gambe stessero divenendo di gelatina
«… perché a dispetto del limitato sviluppo della mia emotività, posso assicurarti che l’odio è molto più vicino alla mia comprensione rispetto all’amore.»
«Una volta ho avuto paura che tu potessi odiarmi.».
Fu una frase che gli sfuggì involontariamente, di cui si pentì all’istante: sicuramente, se non fosse stato così impossibilitato nei movimenti, si sarebbe dileguato senza dare spiegazioni, in fondo quell’uomo non gliene aveva mai elargita una. Lo fissò mentre allontanava il viso dal suo.
<<… E adesso, invece?» il Sakurazukamori infierì su quell’ammissione improvvisa, emotivamente algido, esattamente come nelle aspettative del suo prigioniero dal petto colmo di amarezza, che però non fu impreparato, stavolta, di fronte a quell’uscita provocatoria del buio personificato… «Adesso potrei farlo senza rimorsi.». Zitto, zitto! Con quella voce così ferma, come gli era saltato in mente? Si concentrò sulle profondità ambrate del suo antagonista e d’istinto frappose le braccia fra loro, serrando le spalle dell’assassino con le proprie dita, tuttavia l’uomo non ebbe problemi ad eludere la blanda difesa eretta dall’onmyouji, così il suo sorriso velato di trionfo andò ad aderire sensualmente contro le diafane e tremanti labbra di costui. Fra il terrorizzato e il basito, Subaru rimase inerme per il primo istante, gli arti ancora paralizzati, ma nell’esatto momento in cui l’omicida si adoperò per aprirsi un varco nella sua bocca, i suoi sensi l’avvertirono con una destabilizzante scossa elettrica lungo la spina dorsale: purissimo, inenarrabile desiderio, ragion per cui non ebbe esitazioni nel facilitare l’accesso all’altro. Fremette ancora al tocco intimo, caldo e avvolgente della lingua di Seishiro che, con maestria, stuzzicava e si sfregava contro la sua. Le mani, dapprima tese in un atto di repulsione, circondarono con trasporto il collo del trentaquattrenne, carezzando i serici e morbidi capelli bruni dietro la nuca e cercando, contemporaneamente, di rendere nulla l’esigua distanza fra loro. Entrambi non poterono trattenere il sussulto che attraversò entrambi i corpi nel brusco movimento che li portò l’uno contro l’altro. Un’essenza tiepida ed inebriante aveva totalmente invaso il palato del più giovane, come quella dei petali di sakura. Lo voleva. Anche contro quel muro, in quel momento… non gli avrebbe domandato altro. Tutto l’insieme del suo corpo emetteva segnali la cui decodificazione, per il Sakurazukamori, non fu che intuibile. Perso in quel voluttuoso, umido antro, non represse nemmeno il lieve gemito di soddisfazione che gli salì spontaneo e cercò le scapole di Subaru, prendendo a disegnarne i contorni con le sole dita, in un lieve fruscio, fino a scendere con le mani sui fianchi esili ma non per questo meno sensuali… quel ragazzo era un capolavoro irriproducibile anche nel più raffinato netsuke d’avorio: uno dei pochi aspetti della sensibilità a lui concessi era di sicuro il senso estetico, sviluppato, oltre che raffinato, sicuramente capace di riconoscere l’oggetto dei suoi desideri come la lampante personificazione dei suoi canoni di bellezza. Fu la lingua del suo rivale, appunto, a spezzare il filo dei suoi pensieri: stava cominciando a giocare con la sua quando Seishiro utilizzò una mano, staccandola dalla vita dell’altro, per premere maggiormente sulla cervice scura ed approfondire il bacio più che poté, ricevendo un segno d’entusiastica approvazione da parte della propria preda, perché così si potevano considerare gli innumerevoli sospiri che gli stavano riempiendo, con suo sommo appagamento, le orecchie. Il braccio fermo attorno a quella vita paradisiaca aumentò la pressione, cosicché l’esile, elegante e flessuosa silhouette del ragazzo si trovò contigua a quella dell’avversario al punto da sentire ogni fibra di se stesso urlare di… di bramosia. La mancanza d’aria fu l’unica causa della momentanea interruzione di quel sensuale incantesimo: tutti e due si ritrovarono a scrutarsi, ansanti, dopo che le labbra si furono separate da quell’incendiario intreccio. Le attente orbite del cacciatore adocchiarono i due grandi specchi verdi fissi su di lui… una spenta ma magnetica primavera che lo chiamava a gran voce… Dietro quella futile freddezza, il cuore dello stregone era rimasto come cristallo, fragile e chiaro, così semplice da rompere; sapeva che avrebbe voluto parlare: picchiarlo, ingiuriarlo, accusarlo, ma, alla fine, sarebbe stato lui a condurre il gioco. Lo vide schiudere le labbra quel poco che sarebbe bastato per iniziare un discorso, ma l’assassino, ben lungi dal voler permetterglielo, avvicinò la propria testa per appoggiare la bocca sul collo candido, cominciando a mordicchiarne la pelle, slacciando i primi due bottoni della camicia. Subaru sollevò il capo in segno di gradimento, facendosi sfuggire un languido lamento che scosse il sapiente torturatore: per quanto tempo sarebbero riusciti a resistere? La sua esplorazione risalì lungo il mento, ma la voce incrinata del Sigillo lo distolse, per una frazione del secondo, dal suo intento: «Che… che… stai facendo…?» «Nulla che tu non voglia» rispose semplicemente, prima di baciarlo ancora, seguendo il suo contorno labiale con la punta della lingua, un semplice quanto seducente arabescare a cui il Ten no Ryu non si sottrasse, anzi, a cui partecipò con slancio, dopo aver strenuamente affondato le dita fra i capelli del Messaggero. Le gambe non lo sorreggevano più a dovere, aveva la mente annebbiata dall’eccitazione e l’animo roso dalla colpevolezza, ma nemmeno una cellula del suo corpo sarebbe stata capace di respingere l’ex-veterinario, non in quel frangente, proprio quando, invece, il suo autocontrollo si rivelava essere vitale. La sua coscienza ebbe, in questo modo, un alquanto brusco risveglio, durante il quale lottò per liberarsi dall’invitante opera di seduzione di cui era… vittima?, ma tutto ciò fu solamente utile a stimolare la determinazione del nemico, indifferente di fronte alla riluttanza dimostratagli: il Sumeragi non avrebbe utilizzato la magia, era sufficiente guardare le guance arrossate e gli occhi lucidi per desumerlo con esattezza. «Cosa vorresti fare tu, piuttosto… koibito?» il timbro roco e provocante del più esperto non lasciava spazio all’immaginazione. Si chinò nuovamente sull’immacolato e serico paradiso della gola di fronte a sé, senza risparmiarsi nel suggere e tormentare ogni millimetro di pelle… ogni sua maggiore pressione andava trasformandosi in un ansito del ragazzo, che, tutt’a un tratto, aggrappandosi saldamente alla sua schiena, si lasciò scivolare verso il pavimento, avvinto, l’uomo con lui. L’averlo provocato l’attimo prima non aveva fatto altro che espandere un brivido nei nervi già infuocati per le carezze e i baci. Le dita sottili e agili erano già pronte a slacciare la cravatta, ma, prima che potessero mettersi in azione, Seishiro l’aveva già sovrastato con il proprio corpo e aveva insinuato le mani sotto il suo impermeabile, per sfilarglielo con un fluido e silenzioso movimento. Subaru si trattenne a stento dal gridare, compresso com’era sotto il peso bollente del suo giustiziere impegnato nell’allentare e aprire lentamente i bottoni della sua camicia. Voltò la testa da un lato per non essere costretto ad incrociare lo sguardo di chi era disteso su di lui, ma il tentativo fu vano: accortosi dell’incommensurabile vergogna che tingeva di un delizioso carminio i nivei lineamenti dello sciamano, nel terminare l’opera, l’aguzzino gli prese il mento con due dita per ruotarlo in direzione dei suoi occhi e prese a torturargli il delicato labbro inferiore per qualche attimo, prima di addentrarsi in quell’angusto anfratto, aiutato dal capo del giovane, levatosi leggermente per venirgli incontro. «… T-tu…» la prima cosa che riuscì a pronunciare appena gliene fu data la possibilità, una volta che il capo d’abbigliamento, ormai inservibile, fu allontanato dalla sua schiena, ma… quello che voleva essere un asperrimo rimprovero pareva, alle sue stesse orecchie, un’autentica implorazione. Delle lacrime cocenti gli salirono ai bordi delle ciglia nel cogliere la manifestazione di sfida negli occhi del Sakurazukamori, ma questi andò a lambirle con la propria bocca prima che andassero a rigare le guance, un gesto che fece morire ogni tentativo di ribellione da parte del Sumeragi, gli occhi chiusi mentre avvertiva la sensazione ruvida e piacevole scorrere sulla pelle con calcolata morbidezza. Demonio. Stupido esecrabile diavolo dell’infern… «A-ah!» Inarcò la schiena non appena i denti dell’uomo cominciarono a chiudersi attorno a un suo capezzolo in una serie di piccoli e solleticanti morsi, tremò nell’avvertire il calore delle dita di lui che accarezzavano la curva scivolosa della sua colonna vertebrale e si rilassò contro il loro tocco, gettando il capo all’indietro, il labbro inferiore trattenuto nella stoica intenzione di non gemere, allacciato all’amante ancora prigioniero del cappotto, della giacca, del completo scuro e di tutto il resto del vestiario. Le mani sulle solide spalle, fece scorrere via i primi due pesanti indumenti con un sospiro soddisfatto del proprietario, seguitando poi a fare lo stesso con la cravatta e la camicia, interrompendo i ludici propositi dell’altro, dipanando nodi e aprendo bottoni con esasperante calma, inebriato dal pozzo d’oro brunito intento a fissare, ipnotizzato, i movimenti dei polpastrelli che frusciavano contro la costosa seta. A tradire l’apparente placidità dell’operato di Subaru, il fremito nervoso che si irradiava fino alle dita e rendeva tutto più vacillante ed incerto: impossibile, per l’acume dei sensi dell’oscuro sciamano, non cogliere un simile, eccitante particolare. Discese su quelle falangi così assorte per baciarle con sfuggente leggerezza, aiutandole a riacquistare fermezza nel loro intento e, perciò, a sciogliere l’odioso nodo dell’insopportabile fronzolo attorno al collo. Il più giovane aveva le palpebre abbassate e il fiato corto mentre i bottoni si arrendevano al suo tocco, lasciando, a poco a poco, la pelle vellutata e bronzea di Seishiro totalmente scoperta alla sua vista. Seccato dall’ostacolo rappresentato da quel serico arnese, l’omicida la tolse del tutto e cercò in silenzio la bocca dell’onmyouji, tornato docilmente a distendersi secondo la pressione del corpo su di lui. Una tortura: il suo e l’altrui desiderio gli stavano letteralmente bruciando i lombi! Erano pelle contro pelle, realizzò, i capelli del Sakurazukamori gli sfioravano il collo nella sua flemmatica e discendente perlustrazione… Non si sarebbe fermato neanche se lo avesse pregato, ne era cosciente. D’improvviso, l’umida carezza delle labbra del cacciatore sul suo ombelico lo irrigidì completamente. Seishiro, Seishiro… era come se nella sua mente non ci fosse altro che lui. Questi ghignò, a quanto pareva il denim nero dei jeans era divenuto un considerevole impaccio. Non ebbe esitazioni nel carezzare il fulcro del piacere del giovane, che, in tutta risposta, emise un lieve gemito, protendendosi verso di lui. La prospettiva di Subaru così arreso al suo volere gli provocò un intenso fremito di voluttà… le mani sulla lampo dei pantaloni, cominciò ad accarezzarlo lungo le gambe con misurata, insopportabile tranquillità, gustando la muta richiesta ben leggibile sui lineamenti di porcellana e continuando ad accrescerne l’urgenza con tocchi ogni volta più audaci, ognuno causa di mille sospiri del suo prigioniero. Prese a liberarlo con attenzione da quell’inutile, aderente morsa jeansata solamente dopo aver fatto in modo che la schiena fosse adiacente al muro, poi, lento, inesorabile, prese sensualmente possesso delle piccole labbra, beandosi della pronta risposta che ricevette dall’altro, che, abbracciatolo quasi con dolcezza, aveva afferrato una sua mano per accelerare, senza successo, l’operazione. Accidentalmente, in effetti, l’amante era arrivato a lambire la sua eccitazione e non dava segno di voler fuggire l’occasione… Quando, infatti, l’ebbe portato ancora più vicino a sé, contro il suo desiderio frenato dagli ultimi vestiti, il Sumeragi singhiozzò nella sua bocca, cosa che indusse il più esperto a velocizzare sensibilmente l’eliminazione delle ultime barriere frapposte fra loro: in un attimo, i restanti vestiti del venticinquenne erano fuori dalla loro traiettoria. Lo fissò un attimo. Candido come un’apparizione spettrale ed altrettanto etereo. Si avvicinò all’orecchio dello sciamano e, mordendone il lobo, vi introdusse un sussurro che non sarebbe più stato dimenticato: «Sei… sei bellissimo, lo sai?». L’interessato rimase interdetto un secondo di troppo, tempo sufficiente al Messaggero per tornare nuovamente alle sue dolcissime torture fatte di baci e morsi. Ma… non potevano continuare a giocare così, lo sapevano entrambi, il più giovane in primis, l’inguine in fiamme, la vista velata e i pentacoli invertiti sulle mani che stavano cominciando a pulsare e a dolergli terribilmente. Come se l’altro stesse leggendogli nella mente, ghermì uno dei due arti tracciandone il marchio con la punta della lingua, ottenendo dalla propria preda un effetto che definire esplosivo è riduttivo: al gemito di costui, il cacciatore premette nuovamente la bocca sulla sua, spingendosi in avanti con tutto il proprio peso, dando così modo all’opposto di spogliarlo, a tentoni, di ciò che ancora aveva indosso e, stavolta, quando le due erezioni combaciarono totalmente, Subaru non poté trattenere un grido, a differenza di Seishiro, il quale diede fondo a buona parte del suo autocontrollo per non imitarlo, nonostante le mani del ragazzo, con tentativi ingenui ma più che validi, stessero rappresentando una dura prova per i suoi sensi, ma fu il bacio a rappresentare il vero e proprio punto di rottura fra entrambi: le labbra alabastrine bruciavano d’urgenza, non persero tempo ad intrecciarsi alle sue e a cercare di saggiarne l’interno… Senza interrompere, l’uomo fu in grado di trascinare il giovane sotto di sé e solo allora si divise, mormorando: «Farà male… non sono certo io l’amante più gentile del mondo, questo lo sapevi, vero?» ma l’unica risposta davvero decifrabile fu quella delle orbite verdi ottenebrate dalla passione, al pari delle sue «I… io…». Non importava. Era il pensiero di tutti e due. Non importava. Non… In un moto dettato dall’istinto e dal desiderio, il ragazzo sollevò il bacino, lo voleva, lo voleva… Un fiume di lava irruppe, bruciante, nel bel mezzo dei suoi pensieri, mentre l’uomo si seppelliva nel suo corpo con una spinta satura di impellenza, soffocando un urlo di dolore dell’altro con le proprie labbra. Quando il ritmo cominciò a farsi più incalzante, l’esito sul corpo di Subaru fu, però, tutt’altro che doloroso. Circondò la schiena imperlata di sudore di Seishiro per meglio adeguarsi… Nonostante tutto, il piacere dell’assassino era anche il suo… «Su… Subaru… kun…». L’interessato sgranò gli occhi, al suono arrochito e stravolto della voce dell’amante: mai avrebbe pensato di poterla sentire… così… così… I contorni del mondo attorno a loro si fecero sempre più indistinti, finche tutto non andò in frantumi. Oro. Pece. Smeraldo. Rosa. I colori dell’estasi che nessuno avrebbe mai visto, eccezione fatta per i ciliegi macchiati di sangue. * Odore dolciastro di sangue e petali rosati. Primavera crudele. Un profumo non suo. «Nh…». Le palpebre si sollevarono a fatica, lasciando affiorare una splendida sfumatura silvestre che si posò sulla figura assopita al suo fianco, un braccio attorno alla sua vita, il capo inerme sul cuscino e un’espressione quasi infantile abbozzata sui lineamenti raffinati. Non osò muovere un singolo muscolo, stordito dal senso di irrealtà di cui quella stanza -peraltro sconosciuta- era permeata, ma non spostò lo sguardo dallo spettacolo di fittizia innocenza offertagli, qualcosa di così insoffribile da fargli desiderare di addormentarsi nuovamente. Distratto, gettò l’occhio su uno dei sigilli impressi sul dorso della mano e, subitaneamente, si sentì invadere da una rabbia inaudita: irretiva i suoi sensi, si faceva beffe dei suoi sentimenti e, gran finale, si prendeva il lusso di mostrargli un candore che mai aveva posseduto. Lo odiava. Lo detestava dal profondo dell’anima… perché… ogni atteggiamento di quel viso sembrava reale e lui era il primo ad essere ingannato, perché su quella bocca c’erano concetti mai messi in pratica e… perché tutto questo non escludeva il fatto che fosse innamorato di lui. Con estrema cautela, appoggiò le dita sulla guancia rilassata e si avvicinò, silenzioso. Amareggiato, si chiese cosa fosse rimasto di Subaru Sumeragi… «Non mi hai ancora risposto.». Trasalì quando gli occhi d’oro liquido si schiusero nei suoi «Cosa…?» boccheggiò l’interessato, irritato dal fatto di essere stato sorpreso durante quell’atto di tenerezza «Ieri sera…» Seishiro scandì con flemma ogni parola, come per godersene appieno l’effetto «… tu mi stavi aspettando.» e prese la sua mano ancora inspiegabilmente ferma laddove si era appoggiata per portarsela alle labbra «Perché,» rise «avresti intenzione di negarlo? Uno sciamano come te avrebbe dovuto riconoscere…». «E se tu invece stessi cercando me, Seishiro-san?» rettificò il giovane, tranciando di netto i propositi discorsivi del suo interlocutore che, in tutta risposta, sghignazzò furiosamente, puntellandosi con un gomito per alzare la schiena dal materasso. «Io caccio, Subaru-kun. È tutt’altra cosa…»
«Oh, già.» di certo il Sumeragi non fu parsimonioso, riguardo al sarcasmo «Ma tutto questo dovrà pur concludersi, prima o poi.»
«Sei molto attraente, così.»
«Credevo che i Sakurazukamori non scappassero!»
«Ognuno scappa dalle conversazioni futili» l’altro si mantenne sulla difensiva, sicuro e, perché no, tronfio
«Ma il clan (clan… parola grossa) non è ognuno e la ‘caccia’ non è una caccia»
«Mettiamola così: tutti fanno il bucato e le faccende di casa nello stesso modo in cui noi… ehm… aiutiamo la selezione naturale. Ogni tanto ci vorrà pure un poco di riposo, o no?!»
Subaru alzò un sopracciglio
«Non è esattamente una tesi inattaccabile… se è come dici, sei un lavativo…»
«Spiegati, di grazia» l’assassino non si preoccupò di mostrarsi divertito
«Avanti, sono quasi dieci anni che giochi, mica uno!»
«Stai commettendo un errore di calcolo, permettimi: stai anteponendo TE a ME STESSO, carissimo… stanotte ne è valsa la pena, di giocare un altro po’…».
Subaru avrebbe voluto incenerirlo in quel preciso istante. Secondo la stima di Seishiro, ecco quanto era valutata una notte d’amore insieme a lui.
«Questo significa…» desunse il Sigillo, abile nel non mostrare la propria sofferenza per quell’affermazione «… che la prossima volta mi ucciderai, credo.»
«Mh… probabile. Molto probabile» ammise, pensoso, mentre la camera da letto si trasformò, con grande sorpresa del ragazzo affianco a lui, nel parco di Ueno.
Il Sumeragi appoggiato contro il tronco del ciliegio più maestoso scostò una manciata di petali dagli occhi per osservare meglio l’avversario di fronte a lui
«È strano. Non riesco a crederti nemmeno quando dici la verità…»
«Perché sorrido sempre?» l’uomo tentò di anticiparlo
«È perché forse mi sono fidato sempre delle tue bugie.»
«Lo farai anche stavolta?»
<<… Hai una sigaretta?» «Sempre.» lo rassicurò il trentaquattrenne, cacciandone una dal pacchetto e apprestandosi a porgergliela «Grazie.» il suo antagonista la accettò laconicamente, si era quasi voltato quando Seishiro ghermì il suo braccio per farlo avvicinare a sé, stringendolo. «Sai di ciliegi in fiore.» «…» «Mea culpa.» considerò il suo contrapposto, avvolgendosi e dissolvendosi in una frusciante cascata di petali color dell’aurora che scivolarono lievi fra le dita dello sciamano, sospinti dal vento impetuoso. Io… quell’uomo… lo uccido.

Look into the mirror of your soul
Love and hate are one in all
Sacrifice turns to revenge and believe me
You’ll see the face who’ll say
I love you…I’ll kill you

Lo uccido.

But I’ll love you forever.

FINE

Note… 15 Ottobre 2004, ore 18:23. PANT! PANT! Ho cominciato questa fic il 22 di luglio e l’ho ripresa solo a pezzi, aspettando l’ispirazione latente, che è arrivata solo questa settimana, vi giuro che è raro che in così poco tempo io riesca a finire una fic *_*, che all’inizio era una song fic su una splendida canzone di Elisa, dannatamente sexy che pareva fatta apposta per la prima lemon yaoi SxS seria di tutta la mia vita! Ma piano piano ho cambiato tattica perché la canzone avrebbe spezzato il ritmo e così, a suon di ‘Push the Limits’ e ‘Smell of DesirÈ, (santi Enigma!) ho descritto la mia prima vera scena spinta come volevo *_*… poi ho fatto un mix, la strofa che trovate all’inizio è da ‘Shadow Zones’, il pezzo che trovate alla fine è da ‘I love you, I’ll kill you’ degli Enigma, perfetta per i miei poveri, sfigatissimi pucci ;_;… Nota negativa: il finale, c’è qualcosa di odioso ma non capisco cos’è… ><. Nota positiva: mi piacciono i dialoghi, mi sono divertita a costruirli… Adesso torno a studiare, COMMENTATE! Juuhachi Go. * Il miglior modo per vincere una tentazione è cedervi. Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Grey. La… tentazione ^_^ era davvero irresistibile *_*! XD

PS: A Lisachan, Hotaru e Crikke: vi voglio bene ragazze ;_;, un bene grandiZZimo! *_*

© Juuhachi Go 2004, Pubblicata per la prima volta su ‘No Hope for Cinderella’.

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